La settimana scorsa, proprio quando usciva il pezzo su Nilo, i figli di Oreste, Mauro e Paola, hanno perso la mamma: a loro va un affettuoso abbraccio, con la speranza che questo capitolo (il più divertente) riesca a regalare un piccolo sorriso in questo particolare momento.
Sin dal primo giorno che montai al timone della Padulella, ho sempre sentito parlare di questa rivalità tra Nilo e Oreste ma, non avendola mai toccata con mano, ero molto incuriosito.
La prima volta non tardò ad arrivare.
Quel giorno di Giugno, a Marina di Campo, al termine della prima prova di Palio, scoppiò una rovente polemica, sulla spiaggia, tra la Padulella e il Capo Bianco (Guardiola).
Non se le mandarono certo a dire, quella rivalità era una brace che ardeva anche sotto il diluvio.
Ma non fu un vero e proprio scambio di vedute, a quattr’occhi, tra Nilo e Oreste.
Fu tutto enfatizzato ed alla discussione parteciparono, animatamente, svariati membri dei clan.
Ad innescare quel popò di casino, beata fanciullezza, fui proprio io.
Un battesimo del fuoco, non c’è che dire.
Era accaduto questo, dieci minuti prima, in mare.
Alla terza ed ultima virata, la situazione in gara era la seguente: in testa a pari merito la Guardiola e il Marciana Marina - in quel periodo il gozzo rosso capitanato da Uglietta andava forte, parecchio forte - terza la Padulella, un po’ più staccata.
In uscita dalla boa la Guardiola entrò in collisione con la Padulella, in corsia affianco, che stava entrando.
Nella robusta strofinata non si fece male nessuno ed anche le barche ed i remi non riportarono danni, entrambi gli equipaggi persero tre/quattro palate, soltanto che per la Guardiola quei pochi secondi andati in fumo si rivelarono decisivi nel rush finale con l’armo marinese.
La regola in mare, per casi analoghi, è questa, semplicissima: chi è davanti ha la precedenza, sempre.
Ergo, chi è dietro deve dare strada, casomai modificando la rotta. Punto.
L’errore era dunque del timoniere della Padulella, non c’era da girarci tanto intorno.
Eh sì, fu palesemente un errore mio, avevo calcolato male la loro traiettoria di uscita.
Sul momento, da adolescente sbarbatello qual ero, pensai: vabbè, non l’ho mica fatto di proposito, cosa vuoi che sia.
Cosa vuoi che sia? O povero scemo!
Perché dopo, a terra, la paura cresceva istante dopo istante, temevo anche per la mia incolumità, e mentre assistevo inerme a quella bolgia - i granelli di sabbia svolazzavano fino a San Piero - mi ripetevo tra me e me questa domanda: “ma si può essere così araganati per una gara di barche?”
Se delle gare di barche se ne fa una questione di vita o di morte, la risposta è sì.
Diventai grande tutto insieme, sentendomi caricare addosso, sulle spalle, quintali di responsabilità.
La lezione servita sul piatto fu però un’altra, inaspettata.
Lì capii, davvero, cosa vuol dire far parte di una squadra, e soprattutto cosa è in grado di fare una squadra per te, pure se sbagli.
Perché tutti, e dico tutti, alla Padulella, fecero quadrato intorno a me e mi difesero, a spada tratta, anche se ero indifendibile.
Mi sono sentito protetto, al sicuro, come forse mai in nessun’altra volta in vita mia.
Anche perché, detto sottovoce, me l’ero meritato, eh: con la Padulella ormai tagliata fuori dai giochi per la vittoria, quello speronamento aveva comunque scongiurato l’ennesima, fastidiosissima, fanfara di Oreste e compagnia.
La rivalità tra Nilo e Oreste, se non si è ancora capito, toccava punte di asprezza di proporzioni indescrivibili.
Quando uno dei due si imbufaliva per un dispetto, l’altro, che sapeva di aver colpito nel segno, se la rideva sotto i baffi.
Era chiaro come il sole: lo facevano apposta.
I toni di norma rimanevano bassi, ma ogni tanto si alzavano e sollevavano un polverone.
E che polverone.
Valle a contare le volte in cui, per futili motivi, è stata ventilata, anzi sbandierata ai quattro venti (lo dovevano sapere tutti, diamine!) anche l’ipotesi della denuncia.
Minacciavano la terza guerra mondiale: «E stavolta ti denuncio! E perché di qua, e perché di là…»
Per vie legali non ci sono mai andati, nessuno dei due l’avrebbe fatto sul serio.
Facevano solo puzzo, era un po’ un circolo vizioso, gira e rigira erano sempre al punto di partenza.
Punzecchiarsi a ripetizione, senza soste, fino allo sfinimento, faceva parte del gioco.
Un delizioso episodio su tutti.
Una volta, subito dopo una gara alla Padulella, a Nilo non tornavano i conti, i valori emersi facevano sospettare che il campo di gara non fosse regolare.
Nilo in mare non era esattamente uno sprovveduto, sapeva eccome il fatto suo: controllò e ricontrollò le quattro boe esterne con gli strumenti adatti, facendo necessariamente un po’ di su e giù, per avere la conferma.
La ebbe.
Si diresse così verso la spiaggia con la sua barca e, arrivato sull’affollata battigia, riferendosi al campo di gara sentenziò ad alta voce: «Non è rettangolare! Non è rettangolare!»
Oreste, da terra, di rimando: «Se giravete dell’altro doventava anco tondo!»
Non si facevano mancare nulla, nemmeno le ripicche.
Dei blitz notturni alla Padulella e a San Giovanni ho già relazionato a parte, in un capitolo precedente.
Un’altra volta invece, a quei famosi Campionati Italiani di Genova, la Guardiola giunse a Pra’ per ultima, a causa del lavoro presero la nave più tardi.
Le barche erano già tutte belle e schierate sulla spiaggia, qualcuna già coperta, e la Guardiola fu scaricata dal carrello senza l’imbarazzo di scelta: la posarono dove c’era rimasto posto.
Per ironia della sorte accanto alla Padulella (nella foto).
Misero il telo e fecero per andare via: «Aspetta, aspetta!» ordinò Oreste «Va spostata un pochino più avanti».
Il pennacchio di prua della sua barca non doveva stare, assolutamente, dietro a quello dell’acerrima rivale.
Questa scaramanzia non passò davvero inosservata, lo Stato maggiore della Padulella vigilava sornione.
Fretta non ce n’era, bisognava aspettare il momento opportuno: al termine di quella passeggiata serale per la fiera, mentre noi equipaggio andammo a dormire, Nilo fece la contromossa.
La Guardiola era tabù e non poteva essere toccata, ma la Padulella sì.
Spostarono dunque in avanti quella? Certamente.
Andarono di proposito alla spiaggia di Pra’, a mezzanotte passata, e rimisero le cose a posto.
Anche troppo: il mattino dopo la prua della Padulella lambiva il bagnasciuga.
Il bello di queste ripicche è che sconfinavano regolarmente nella vita “normale”.
Ad esempio un giorno Nilo rientrò dalla spiaggia carico di margherite.
Non erano fiori: col suo specchio micidiale aveva fatto una strage, ne aveva prese più di quaranta.
Immerso anche lui in quel clima di fratellanza, si comportò da signore e, vedendo questi meravigliosi e pregiati crostacei zampettare in su e in giù, esclamò: «Sai che c’è? Le regalo! Una per uno al vicinato».
E così una margherita toccò anche a Luciana (la moglie di Oreste) che la cucinò a dovere.
Ma Oreste si rifiutò perfino di assaggiarla, erano in piena stagione agonistica, e dunque in stato di belligeranza.
Mangiare il cibo offerto dal nemico? Non sia mai!
Questa rivalità, tra Nilo e Oreste, non era soltanto per le barche, la rivalità era su tutto e sempre, anche quando andavano d’amore e d’accordo.
Ogni occasione era buona per un duello: non lo facevano apposta, gli veniva proprio naturale.
Sentite questa.
Una volta erano insieme in macchina, loro due da soli, andavano a Procchio a fare chissà cosa, quando furono coinvolti in un incidente stradale.
O meglio, il motociclista fece tutto da solo: scivolò sull’asfalto viscido del Capannone, attraversò orizzontale la carreggiata e si infilò sotto la loro macchina che, incolpevolmente, sopraggiungeva in senso opposto.
Fu un botto da paura, la macchina sobbalzò.
Oreste e Nilo erano spaventatissimi, temevano il peggio.
«Ahi mamma!»
«S’è ammazzato!»
«Scendi un po’ a vedé».
«E perché io? Scendi prima te».
«No, prima te vai…»
Con un - lo scenario incide e parecchio - potenziale morto sotto il culo, prese forma questo sketch inarrivabile (per fortuna il motociclista era solo leggermente ferito).
Continua…
Michele Melis
Didascalia foto
- La Padulella dopo la debacle a Genova nel 1989.
- Padulella e Guardiola fianco a fianco in gara (da un datato “Tirreno”)
- Equipaggio del Capo Bianco.
- Padulella e Guardiola fianco a fianco a terra, a Genova nel 1989.
- La Guardiola a Genova nel 1989.
- La Padulella all’arrivo della gara interregionale del 1988.