Nel vangelo di oggi, Gesù mette a confronto due modi di vivere la religiosità.
Quella rappresentata dagli scribi, potenti, e dai ricchi che, anche nel rapporto con Dio, sono sempre alla ricerca di se stessi, del loro protagonismo, dell'ostentazione dei propri averi e delle proprie qualità. Nel quotidiano questa ipocrisia religiosa si concretizza nell'ingiustizia, nello sfruttamento o nell'indifferenza verso i poveri.
L'altro modo di vivere il rapporto con Dio è quello caratterizzato dalla fede virtù teologale, libero incontro fra chiamata di Dio e risposta dell'uomo. La condotta quotidiana risulta segnata da profonda umiltà (riconoscimento della propria dipendenza creaturale); da gratitudine verso il Dio che viene incontro a ciascuno prendendosene cura misericordiosamente; da coraggio nel rischiare anche il poco che si ha (i due spiccioli della vedova) perché convinti di essere nelle mani del Padre che vuole che nessuno dei suoi figli si perda; da disponibilità ad imitare il Padre prendendosi cura dei bisogni dei fratelli; da attesa per il compimento di cieli e terra nuovi dove avrà stabile dimora la giustizia che si bacia con la pace.
Queste diverse risposte alla chiamata di Dio le troviamo anche in altre tradizioni religiose. Tutte evidenziano la necessità del distacco dal sé possessivo e dominatore. “Incontra Dio chi impara a dare e, divenendo dono come Dio stesso, crea sulla terra il ritmo divino del dono” (G. Vannucci).
In questi giorni si discute di giustizia climatica e economica. L'attuale sistema mostra la difficoltà a dare risposte alle grandi sfide che riguardano il pianeta. E' in gioco la prosperità di tutti e di ciascuno. E' tempo di cambiare rotta. Non pochi, in diverse parti del mondo, parlano del “dono” come elemento da introdurre anche nell'economia (micro e macro). Chi desidera può approfondire. Qui riporto solo alcune parole di Francesco a proposito della sobrietà liberante.
“La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante.
Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario.
Infatti quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona e, ad ogni cosa, imparano a familiarizzare con le realtà più semplici e ne sanno godere. In questo modo riescono a ridurre i bisogni insoddisfatti e diminuiscono la stanchezza e l’ansia.
Si può aver bisogno di poco e vivere molto, soprattutto quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri e si trova soddisfazione negli incontri fraterni, nel servizio, nel mettere a frutto i propri carismi, nella musica e nell’arte, nel contatto con la natura, nella preghiera. La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita” (Laudato si' 223).
(7 novembre 2021 – domenica 32 ordinario)
Nunzio Marotti
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