Da oggi in libreria il catalogo della mostra di arte contemporanea a Palazzo Chigi ad Ariccia, Roma, (8 aprile - 8 maggio 2022) dal titolo LUI visto da Lei-Pene d’amor Perduto che vede tre artiste visive elbane presenti all’evento, Angela Galli, Manuela Cavallin, Antonella Avataneo, più il contributo scientifico di un’altra importante figura femminile elbana, Maria Assunta Scannerini, con un articolo presente all’interno della pubblicazione sul tema dell’androgino divino.
LUI visto da Lei-Pene d’amor Perduto un progetto artistico nato con l’intento di promuovere le donne e contribuire ad abbattere i pregiudizi che ancora oggi attanagliano la sessualità, in particolare la nudità maschile. ‹‹Le donne amano il corpo maschile, tanto quanto gli uomini amano quello femminile. Da questo assunto banale ma non scontato si apre la strada alla conoscenza e quindi al rispetto e alla capacità di vedere una persona com’è, di conoscerne la vera individualità››, ci ricorda la curatrice Alessandra De Angelis.
Riportando un estratto dal testo critico, Da un bronzetto a un Decamerone, che introduce il catalogo di Francesca Bottari:
Venti artiste chiamate a rappresentare un ‘lui’ sotto il profilo erotico e se possibile, ma senza vincoli, attraverso l’immagine del sesso maschile. Quella lanciata dall’associazione Donne Creatrici è dunque una bella sfida, accolta dalle autrici con il garbo e l’ironia di cui sono capaci le ragazze di tutte le età. Del resto, non può essere un tema cui riservare seriosa concentrazione.
Ad Ariccia si apre, dunque, una mostra con alcune decine di pezzi dalle tecniche miste e libere, firmate da pittrici, fotografe, scrittrici e performers, ideata e seguita da curatrici, commentata a latere da specialiste di varia formazione, e qui brevemente illustrata, infine, da una storica dell’arte. L’allegro gineceo si è configurato sulla scorta di una piccante parafrasi della commedia shakespeariana: ecco che quel pene perduto può essere ritrovato, con una risata collettiva, attraverso l’espressione figurativa e plastica, la performance, la poesia. E poi, magari, riabbandonato al suo destino.
Le artiste:
Stefania Airoldi, Antonella Avataneo, Sofia Bucci, Giovanna Campoli, Manuela Cavallin, Stefania Cecchetti, Elisabetta Diamanti, Ludovica Emme, Alessandra Fagioli, Stefania Fienili, Angela Galli, Ada Impallara, Magdalena Lizarraga, Serena Maffia, Giuliana Paolucci, Andrea Lisa Papini, Rosso Chimera, Giulia Ripandelli, Tiziana Rinaldi Giacometti, Anna Romanello, Petra Scognamiglio, Alessia Severi, Claudia Tita, Marilena Visini.
Contributi scientifici:
Roberta Rossi ricorda quanto “La cultura del maschile”nella nostra società influisca negativamente sull’equilibrio psico-fisico dell’uomo e della persona con la quale condivide l’intimità; Maria Assunta Scannerini ci conduce tra le braccia di Dioniso in un mondo di leggende e miti come quello raffigurato in un bronzetto appartenuto ai Chigi, oggi individuato da Eliana Fileri nella collezione del British Museum di Londra ripercorrendo un viaggio lungo più di quattro secoli.
Riportiamo un breve passaggio dall’inizio dell’articolo di Maria Assunta Scannerini presente nel libro dal titolo “Dioniso”:
In occasione dell’evento LUI visto da Lei - PENE d’amor PERDUTO, organizzato dall’Associazione Donne Creatrici di Ariccia, ricordiamo la sublimazione dei caratteri sessuali femminili in unione con quelli maschili nella figura dell’androgino divino.
Dioniso, la cui origine è incerta (tracia o lidia o frigia),[1] fu inizialmente il dio della vegetazione e dell’elemento umido in natura,[2] cioè della linfa vitale ovvero di tutti i fluidi che vivificano il cosmo, e solo in un secondo tempo – soprattutto in qualità di Bacco romano –[3] lo divenne della vite e del vino e, di conseguenza, dell’ebrezza (in Dioniso in effetti si sommano i caratteri di dio dell’orzo e della birra, del miele e dell’idromiele, perfino del latte e del sangue, cioè di tutto ciò che scorre, zampilla, ribolle e fermenta, e addirittura del mare).[4] Il suo primitivo attributo di divinità della linfa che scorre copiosa in primavera e che feconda e vivifica le piante e tutti gli esseri animati del cosmo e la sua prorompente vitalità furono celebrati nei riti delle «Falloforie», che si celebravano durante i festeggiamenti delle solenni «Grandi Dionisie» nel mese di marzo-aprile, quando la natura si risvegliava ed erano anche indette gare di ditirambi e si rappresentavano tragedie, entrambi categorie letterarie nate in ambito dionisiaco, gli uni dedicati da tempi remoti al dio, il genere delle altre attribuitogli come invenzione, così come la maschera…
A cura di Alessandra De Angelis
Lui visto da Lei PENE d’amor PERDUTO
Collana Complessità 14.
Altre Visioni
pp.80
ISBN: 9788898625871
€ 28,00
Persephone Edizioni
[1] Gli studiosi sono in disaccordo, Euripide stesso dicendolo tracio nell’Ecuba (v. 1267) e lidio nelle Baccanti (v. 464), ma generalmente propendono per una provenienza orientale; c’è tuttavia chi lo mette in relazione con il cretese Zagreo (Zαγρεύς) ovvero Dioniso Zagreo, figura che fu poi sovrapposta dagli Orfici a quella del Dioniso della tradizione più accettata, facendo notare altresì che nell’Inno omerico dedicatogli ha capelli e occhi scuri, caratteri somatici mediterranei contrapposti a quelli degli altri dei, generalmente biondi e con occhi chiari. Una delle etimologie supposte di Dioniso (Διόνυσος) è «figlio di Giove»( da Διός, «di Giove» + νῦσος, «figlio»).
[2] Ricevette anche gli epiteti di Δενδρίτης, «Colui che è degli alberi», e di 'Ένδενδρος, «Colui che è nell’albero».
[3] Bacco (Βάκχος) era in origine un epiteto lidio di Dioniso (da cui Βάκχαι, «Baccanti»).
[4] Era dio dell’orzo nella sua assimilazione al dio tracio Sabazio, del miele (Μόρυχος, «Spalmato», sottinteso di miele e vino) per esempio a Siracusa o Μειλίχιος, «Dolce come il miele» (carattere che lo fa divinità misterica, come Zeus Meilichio ovvero Plutone), del latte negli Inni orfici, del sangue per le note consuetudini rituali del dilaniamento e dell’omofagia dell’animale sacrificatogli, del mare secondo molte rappresentazioni vascolari in cui è su una barca a forma di delfino, a lui connesso (si veda l’inno omerico ricordato).