La giuria del Premio letterario internazionale Isola d’Elba – Raffaello Brignetti, presieduta dallo scrittore Ernesto Ferrero, ha selezionato i tre finalisti della 50a edizione: Le dimore di Dio di Franco Cardini (Il Mulino), La Contessa di Benedetta Craveri (Adelphi), Poco a me stesso di Alessandro Zaccuri (Marsilio), che ora passeranno al voto della giuria popolare.
Si tratta di opere significative dell’ampio campo di interessi che il Premio ha sempre coltivato, muovendosi dalla letteratura alla saggistica, dalla storia alla poesia, come testimonia il prestigioso albo d’oro dei vincitori.
La cerimonia di premiazione, prevista per sabato 3 settembre presso il Museo Archeologico della Linguella a Portoferraio, si svolgerà nel ricordo del professor Alberto Brandani, lo storico presidente del premio, scomparso lo scorso ottobre, che per decenni ne è stato l’anima generosa e appassionata, facendone uno dei riconoscimenti più apprezzati ed autorevoli.
Le opere finaliste verranno presentate in alcune piazze elbane, in concomitanza con i maggiori eventi culturali dell’estate, come il concerto che Mario Biondi terrà a Portoferraio il 29 Luglio e a Capoliveri nella piazza del paese il 16 agosto dove dopo l’incontro letterario si assisterà al concerto della show girl Valeria Altobelli.. Coinvolti anche i lettori, che attraverso un numero dedicato di WhatsApp potranno esprimere le loro valutazioni, concorrendo alla vincita di soggiorni sull’isola.
Le opere finaliste
Con Le dimore di Dio. Dove abita l’eterno (Il Mulino), Franco Cardini, uno dei nostri maggiori medievisti, intraprende un viaggio coinvolgente attraverso i luoghi, gli spazi, i territori, gli edifici e le città nelle quali gli uomini hanno creato le “dimore di Dio”: da Gerusalemme a Istanbul, da Roma all’Andalusia. Templi, sinagoghe, chiese e moschee diventano i luoghi deputati alla connessione con il divino, ma anche i simboli di comunità alla ricerca della propria identità e della propria vocazione. Attraverso la storia avventurosa di questi edifici Cardini ci restituisce anche la complessità e le sorprendenti relazioni che collegano l’universo cristiano a quello pagano e mussulmano.
La competenza del grande storico e la qualità della scrittura assistono anche Benedetta Craveri nella sua affascinante biografia La Contessa (Adelphi), basata su lunghe ricerche d’archivio e il ritrovamento di migliaia di lettere e documenti, che si legge come un romanzo. La giovanissima, spregiudicata marchesa fiorentina Virginia Oldoini sposa l’incolore conte torinese di Castiglione, e si vede affidare da re Vittorio Emanuele, presto entrato nella collezione dei suoi amanti, nientemeno che una delicata questione diplomatica: sedurre Napoleone III per disporlo favorevolmente con i Savoia, in vista della seconda guerra d’indipendenza.
Cinica, scaltra, sfuggente, enigmatica, stravagante, imprevedibile, colei che è sta definita “la più bella donna del mondo” conquista rapidamente Parigi e l’Europa. Attraverso di lei, la Craveri ci introduce nel backstage di quella che passa per la Grande Storia, e ne svela i lati più imbarazzanti e addirittura grotteschi, tra pochade e tragedia.
Che cosa sarebbe successo se invece di sposare il vecchio conte Manzoni la marchesa Giulia Beccaria avesse consegnato ad un orfanotrofio il figlio nato dalla relazione con Giovanni Verri? Il romanzo di Alessandro Zaccuri, Poco a me stesso (Marsilio) ci porta nella Milano del 1841, dove i palazzi nobiliari sono vicini ai quartieri del vizio e della miseria, su cui regna un losco e feroce malavitoso. A ottant’anni la Beccaria anima ancora un vivace circolo di amiche. Tra i suoi protetti c’è un giovane e seducente avventuriero francese, il barone di Cerclefleury, che si dice in grado di ringiovanire le signore con i suoi ritrovati. Contro di lui si schiera il fidato contabile di Giulia, l’austero Evaristo Tirinnanzi, che annota caotici pensieri su un suo quaderno segreto. Ma chi è davvero quest’uomo, e perché la marchesa gli ha pagato gli studi e se lo è preso in casa? Come Manzoni, Evaristo è un uomo fragile, balbuziente, agorafobo, con il vizio del gioco…
Zaccuri reinventa un capitolo della biografia manzoniana con una sapiente girandola di intrighi e colpi di scena all’insegna del doppio. Un gioco sottile di ombre e di rimandi, in una lingua che si ispira alla grande prosa dei Promessi Sposi.