Il manoscritto è conservato nel Fondo Manoscritti della biblioteca comunale foresiana di Portoferraio.
L’autore, Vincenzo degli Alberti, è conte e consigliere del granduca di Toscana Pietro Leopoldo.
E’ una relazione generale per Sua Altezza Reale il granduca .
Questo il titolo:
“RELAZIONE DI PORTOFERRAIO A SUA ALTEZZA REALE DAL CONTE VINCENZO DEGL’ALBERTI SUO CONSIGLIERE DI STATO”
(Foto di copertina - Frontespizio manoscritto V. Degli Alberti (1766). Biblioteca comunale Portoferraio)
L’Autore inizia a scrivere con parole nelle quali chiarisce i motivi per i quali ha relazionato al granduca
“Altezza Reale
Si degnò Vostra Altezza Reale con suo Motuproprio del dì 12 marzo ordinarmi d’andare a Portoferraio per ivi esaminare con Carlo Ippoliti Segretario del Commercio in quale stato si trovava quel paese rispetto a tutti l’oggetti che possono interessare l’Ecclesiastico, il Politico, il Civile, l’Economico ed il Militare…”
(Carta 1. Manoscritto Vincenzo degli Alberti)
Nel descrivere stato economico Vincenzo degli Alberti si sofferma a parlare dell’Abbondanza che a quell’epocaera diventata in Portoferraio la più grande istituzione civile cittadina ed aveva uffici nel palazzo della biscotteria.
(“Pianta dei Sotterranei della Biscotteria di Portoferraio di S.A.R.“ - Cfr. Nota n. 216 in pagina 127 di “Elba isola, olim Ilva. Frammenti di storia”. M. Zecchini. Edizioni S Marco litotipo. Lucca. 2014)
Vicenzo degli Alberti, consigliere di stato di S.A.R. Pietro Leopoldo, nella sua relazione manoscritta sullo stato dell’Abbondanza a Portoferraio informa dapprima sulla situazione generale di questa magistratura per poi passare ad una relazione dettagliata di questa amministrazione in una memoria allegata
Sulla situazione generale così scrive:
“…Passando poi a parlare di quell’Abbondanza che ho l’onore di darne a V.A.R. un più minuto dettaglio nel foglio che è qui al n 12, ove Ella troverà esattamente descritto il metodo dell’amministrazione, le spese intrinseche ed estrinseche, le spese dei Provisionati e finalmente lo stato presente di detta abbondanza a tutto maggio 1765 si trova ad avere di fondo scudi 46157.
E’ ben vero però che tutto questo capitale non puol erogarsi nel traffico del grano poiché scudi 11873 sono impiegati o in stabili o in luoghi di Monte o in altri impieghi fruttiferi, scudi 16619 sono in nome di debitori fra esigibili et inesigibili sicchè non vi restano per il traffico del grano che scudi 17663.
Il grano che si consuma dall’Abondanza un anno per l’altro ascende alla somma di sacca 10000 in circa e siccome sacca 2700 servono per il pane del militare e della ciurma così da sole sacca 7300 devono rilevarsi le spese intrinsiche ed estrinseche che fa l’Abbondanza e per tal motivo si calcola essere necessario d’accrescere il prezzo d’ogni sacco di grano lire 3.10.9.
Un tal aumento però non cagiona esorbitanza di prezzo nelle farine e ne pane quando i grani sono ad un prezzo discreto e l’abbondanza allora ha luogo di farvi ancora qualche profitto ma nelle annate che i grani son cari è in necessità per non aggravare troppo quel popolo di far qualche scapito.
Ho trovato il sistema di quell’Abbondanza sicuramente bono e gli attuali ministri ancora assai capaci zelanti e diligenti.La bontà del sistema lo confermano i profitti fatti dall’Abbondanza nei tempi addietro vedendosi cresciuti i suoi capitali alla ragguardevole somma di lire 323099 oltre ad aver supplito alle spese estrinseche o siano comunitative di lire 12266 l’anno.
Molte sono le proposizioni che si fanno dagli abbondanzieri per economizzare nelle spese intrinseche ed estrinseche o per impedire almeno di aomentarle. Fra queste proposizioni per delle quali ne sarà reso conto a V.A.R. per mezzo del Magistrato dei Nove mi pare che quelle he meritino la sua maggiore attenzione siano le seguenti.
La prima d’essere liberata l’Abbondanza dall’obbligo di fare dell’imprestanze in Maremma riconoscendole dannose.
La seconda che il Commissario di Guerra paghi all’Abbondanza di munizione e della ciurma il prezzzo preciso che alla medesima costa senza alcun profitto.
La terza riguarda il credito che l’Abbondanza aveva fino al tempo della Casa dei Medici colla Reale depositeria in somma di lire 114653 che ora si riduce a lire 65053.13.4 essendo dalla clemenza di S.M I. nel 1743 accordate all’Abbondanza in sgravio di tal credito diverse assegnazioni di denaro e di grani.
Rispetto a quest’ultimo punto sul quale la detta Abbondanza ha fatta la sua supplica siccome depende dalla clemenza di V.A.R. l’assegnare il rimborso all’ Abbondanza allorchè saranno giustificate le partite così mi limiterò solo a metterle in vista che sarebbe di sommo sollievo della medesima di poter ravvivare porzione di almeno di un capitale così cospicuo che resta da tanto tempo incagliato ed infruttuoso.
In proposito degl’altri sopradetti due articoli non dirò altro sopra quello riguarda gl’imprestiti in Maremma se non che l’Abbondanza nella situazione presente non è in stato di fare simili anticipazioni e ciò mi dispensa dall’esaminar se possino essere utili del che io ne sono molto in dubbio.
E quanto all’altro che riguarda il prezzo del pane da munizione e per la ciurma spero che V.A.R. troverà ragionevole l’instanza dell’Abbondanza la quale solo dimanda di essere rimborsata del prezzo del grano e delle spese effettive che occorrono per il suddetto pane non intendendo di fare sopra il medesimo alcun profitto giacchè dal 1753 al 1763 l’abbondanza ha scapitato su questo oggetto lire 27137.14.
Quando piaccia a VAR di decidere questi articoli allorchè dal Magistrato dei Nove glene sarà reso conto sono di sentimento che l’abbondanza potrà continuare a sollevare con i suoi profitti quel popolo tenendo fermo il sistema di quell’amministrazione che principalmente consiste nel provvedere con vantaggio grani buoni, nel fare economia nelle spese, e nel ravvivare i suoi fondi con esigere dai debitori impiegando fruttuosamente gli avanzi.
A tutto questo ha ben provveduto il Magistrato in passato giacchè in passato sono stati fatti profitti maggiori e solo cominciarono le dissenzioni fra i ministri e ne derivarono degl’inconvenienti dannosi quando il governatore come soprintendente di detta Abbondanza volle troppo mescolarsi dell’amministrazione sicchè nel 1750 convenne porla sotto la dependenza del Magistrato dei Nove.
Un tal provvedimento che non è mai piaciuto al Governatore è stato trovato ottimo da tutti i ministri di quell’offizio onde sono di sentimento che non convenga variarlo essendo di troppa conseguenza che il Magistrato dei Nove invigili alla buona amministrazione di quell’Abbondanza e che approvi le resoluzioni di quel magistrato con decidere le questioni che sempre nasceranno fin che il soprintendente vorrà entrare anche nei più piccoli dettagli sebbene questi siano a carico dei ministri subalterni quando egli dovrebbe solo invigilare che detti ministri facessero il loro dovere e che il tutto camminasse con l’ordine e metodo stabilito dai regolamenti quali egli non puorli variare come fa del che ne è una riprova d’aver io trovato nel soggiorno che ho fatto in Portoferraio che il pane fino era di once 28 la piccia quando secondo il regolamento doveva essere d’once 23.2/3, differenza che aumenta la perdita inevitabile che in questo anno si fa sul prezzo delle farine della quale non ne risente alcun profitto il povero che non mangia il pan fine“.
(Cfr. carte da 36 a 43. Manoscritto Vincenzo degli Alberti)
Alla descrizione della situazione generale fa seguito un “Progetto per l’abbondanza” (carte da 56 a 59) dove l’autore scrive alcune proposizioni per migliorare l’istituzione.
(Carta 56. Manoscritto Vincenzo degli Alberti)
Marcello Camici