“E la vita Caterina, lo sai, non è comoda per nessuno, quando vuoi gustare fino in fondo tutto il suo profumo.” (Caterina di F. De Gregori)
Caterina Bueno, nasce il 2 aprile 1943 a San Domenico di Fiesole, nei pressi di Firenze.
Figlia di artisti stranieri e di una Toscana del dopoguerra rurale ed essenzialmente povera, Caterina Bueno nasce e cresce a San Domenico di Fiesole e diventa un nome tra i più importanti della musica popolare italiana.
La madre di Caterina era una scrittrice svizzera, Julia Chamorel. Il padre un pittore spagnolo, Xavier Bueno, trasferitosi in Italia nel 1940 con il fratello Antonio, anche lui pittore, per unirsi ad Annigoni e Sciltian nel gruppo dei Pittori Moderni della Realtà.
Le origini di Caterina spiegano la cittadinanza ottenuta a ventuno anni, ma sono il legame con la sua terra a partire dall’infanzia, dalla sua tata mugellana Albina, e il fascino esercitato dall’espressione linguistica e musicale dei contadini toscani, a spiegare l’evoluzione e la maturazione della nostra artista.
Ancora ventenne Caterina si mette in cerca di quei suoni e di quei temi: le ingiustizie sociali, la fatica, la lotta, la povertà, la condizione delle donne, ma anche le ninna nanne e le filastrocche dei contadini. Caterina Bueno si trasforma in una etnomusicologa, e si mette al servizio di quel patrimonio poetico e politico, recuperandolo e reinterpretandolo. Negli anni Settanta alla radio racconta le donne che lottano, del passato e del presente; ha carisma, affronta il mondo degli uomini, facendosi valere e diventa un riferimento per molte ascoltatrici.
A soli ventiquattro anni è protagonista di un documentario intitolato Caterina la raccattacanzoni, dove viene ripresa alla guida della sua cinquecento, mentre attraversa la sua terra va alla ricerca delle canzoni della cultura popolare, munita di registratore per imprimere le espressioni di un mondo antico per raccogliere le parole dei suoi conoscitori.
Si rivela inoltre una straordinaria interprete della canzone popolare, cantante dotata di “una grande voce, inconfondibile e unica anch’essa, scura e roca nel timbro, singolarmente vicina a certi colori maschili, espressione di una personalità di interprete particolarmente vivace, e di una sensibilità femminile sensuale ed esuberante”.
A tratti scomoda e irriverente debutta al Festival dei due Mondi di Spoleto con Bella Ciao (1964), assieme a Giovanna Marini, Partecipa allo spettacolo Ci ragiono e canto, portato sulle scene da Dario Fo a metà degli anni ’60.
Sempre in quel periodo è in tournée in Canada con un’altra grande e controversa interprete della musica popolare italiana, Gabriella Ferri.
Caterina è una donna complessa, determinata e non avvezza a compromessi, ma anche ironica e capace di ridere. Porta avanti un impegno civile e politico facendisi portavoce delle classi deboli.
Come ho ricordato nel mio recente libro “Mugello Terra Mia” ebbi la fortuna di conoscerla a Scarperia, alla fine degli anni sessanta, spesso ospite in casa nostra, quando era in giro per le campagne mugellane in cerca di canzoni popolari e di protesta per il ciclo di trasmissioni “Italia bella mostrati gentile”, nella quale si parlava di lavoro e di emigrazione, che la Rai mise in onda in quegli anni.
Tra i numerosi album pubblicati da ricordare le tre raccolte della collana folk: Erano tre falciatori (1973), Se vi assiste la memoria (1974), Il trenino della “leggera” (1976).
Brani essenziali nelle esecuzioni, voce, chitarra e flauto. Canti di osteria, stornelli di emigrazione, filastrocche, ballate, canti sociali, rispetti e contrasti, componimenti poetici che il popolo cantava per sopportare meglio la miseria e la vita.
Ci sono La leggera, il canto dei lavoratori stagionali o del lavoro precario dei braccianti della fine Ottocento della Maremma; viaggiatori “leggeri” perché privi di bagaglio. La Storia del grillo e della formica o, come diceva ella stessa, “più le cose vanno male e più si ride”. La Donna Lombarda, un classico della canzone popolare, Fagioli ‘olle ‘otenne, il canto livornese di guerra e di fame, Maremma Amara, uno dei brani più conosciuti del suo repertorio, eseguito da molti cantanti italiani tra cui Nada Malanima e Gianna Nannini.
Un’altra sua competenza è stata quella di saper riconoscere e lanciare talenti musicali, artisti che tutti, dopo un periodo di collaborazione con lei, sono diventati interpreti di eccellenza. La prima grande scoperta di Caterina è il cantautore Francesco De Gregori: giovanissimo chitarrista l’ha accompagnata nella tournée del 1971 e le dedica nel 1982 una bellissima canzone, Caterina. Una talentscout, così la definisce oggi Riccardo Tesi, compositore e organettista toscano, che insieme all’altro allievo chitarrista toscano Maurizio Geri, sono stati lanciati da Bueno e sono due fiori all’occhiello della musica popolare attuale.
Il 16 luglio del 2007 muore nella sua casa di San Domenico di Fiesole. Gli ultimi anni della sua carriera non sono stati facili, come anticipa già De Gregori nella canzone del 1982: “Devi rischiare la notte, il vino e la malinconia, la solitudine e le valigie di un amore che vola via. E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo”.
I suoi fratelli hanno depositato in Archivio di Stato a Firenze sia il fondo documentario di Caterina che quello del padre, il pittore Xavier Bueno.
Tra le persone che l’hanno conosciuta e collaborato anche l’amico Sergio Rossi come ricordato nel libro che abbiamo scritto insieme “Zuppe e Stornelli” del quale proprio quest’anno è uscita la terza edizione.
Alvaro Claudi
Non è per caso che mia figlia si chiama Caterina.
Negli ultimi anni della sua vita, quando ci sentivamo per telefono, Caterina mi chiamava "Vecchio Leone", io un po' mi schernivo rispondendole sempre: "Vecchio? ma se a petto a te so' un bimbo!", ma ero orgoglioso di quell'epiteto, così come mi davano un enorme piacere i non frequentissimi ma intensi incontri con lei che hanno influenzato la mia vita.
Mi aveva folgorato quando avevo 15 (quindici) anni, quando seduto sulla pedana/palco delle Ghiaie alla Festa dell'Unità alle Ghiaie l'avevo ascoltata per la prima volta, rendendomi d'improvviso conto che esisteva un'altro versante da esplorare oltre quello "rockettaro" in cui ero immerso: quello della musica e della poetica povera ma genuina prodotta dal popolo, di cui Caterina era una una profonda conoscitrice, una incomparabile studiosa ed interterprete.
Da allora cominciai a collezionare disordinati appunti e un po' più tardi timide registrazioni dal vivo della musica popolare della mia terra.
Dovevo rincontrarla tre anni dopo per purissimo caso, durante un vagabondare per paesini toscani su una scassata Lambretta, il concerto ad una festa di paese era finito da un pezzo ma lei, in mezzo ad un gruppetto di visibilmente contadini, mentre altri stavano sbaraccando, continuava a cantare con loro, divertendosi. Mi unii canticchiando anche io timidamente, ma a un certo punto Caterina si fermò e mi disse "O te da dove sbuchi? dall'Elba? e la cantate così in tonalità maggiore?".
Fu l'inizio di un'amicizia "vera" in una nottata cementata da sigarette, vino, di scambi (sbilanciati certo) di informazioni e testimonianze, di battute e battutacce, terminata quasi all'alba sfiatati, rauchi, ognuno per la sua strada e l'impegno a rivedersi risentirsi.
E poi negli anni altri concerti, qualche breve ricerca "sul campo" (insieme no, visto che le andavo dietro dietro) . Un paio di convegnoni, tra serissimi e un po' paludati accademici, nei quali facevamo pure un po' i discoli, gli irregolari. Le sue vacanze a casa mia a San Giovanni, con l'altra Caterina (mia figlia) che le zampettava tra i piedi.
Esagerata Caterina che, anni dopo, un'altra notte, non la finiva più di chiacchierare con Patrizia, finché non si addormentarono insieme sul nostro letto matrimoniale (io relegato a dormire sul divano).
Ed altri incontri sulla nave, in Via Por Santa Maria a Firenze, qualche articolo in cui scrivevo di lei...
Fino alla sua ultima telefonata "Vecchio Leone, mi devi scrivere 4 cartelle sulla cultura popolare elbana mi servono per..."
Gliele ho mandate quelle 4 cartelle, che chissà dove sono finite, forse anche loro sono volate via nel vento, come cantava Bob Dylan "Blowing in the Wind", soffiate via leggere dal mondo con Caterina.
Sergio
grazie Alvaro di avermi dato l'occasione di ricordarla.