Sembra che il 2024 sia un tempo brutto e doloroso per la celebrazione del Giorno della memoria.
Da più parti si evidenzia il forte condizionamento esercitato da quanto sta avvenendo in Medio Oriente. Qualcuno, addirittura, propone di evitare o ridurre sensibilmente le iniziative.
Pur riconoscendo la legittimità di tali argomentazioni, penso - e non sono solo, ovviamente - che il Giorno della memoria debba essere celebrato con maggiore intensità, non tanto aumentando il numero delle iniziative ma dandone maggiore ampiezza.
Si tratta di ribadire con forza l'opposizione alla violenza, ad ogni tipo di violenza, ad ogni logica di violenza.
"Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità", ha detto ieri papa Francesco.
E' in gioco la nostra umanità e il destino dell'umanità tutta!
E ha aggiunto: "La guerra stessa è una negazione dell’umanità. Non stanchiamoci di pregare per la pace, perché cessino i conflitti, perché si arrestino le armi e si soccorrano le popolazioni stremate. Penso al Medio Oriente, alla Palestina, a Israele, penso e alle notizie inquietanti che provengono dalla martoriata Ucraina, soprattutto per i bombardamenti che colpiscono luoghi frequentati da civili, seminando morte, distruzione e sofferenza. Prego per le vittime e per i loro cari, e imploro tutti, specialmente chi ha responsabilità politica, a custodire la vita umana mettendo fine alle guerre. Non dimentichiamo: la guerra sempre è una sconfitta, sempre. Solo “vincono” – tra virgolette – i fabbricanti di armi".
Ancora una volta, abbiamo l'occasione per ribadire questi semplici concetti, assumendoci ad ogni livello la responsabilità di un impegno costante contro la violenza. L'unica alternativa è la via della nonviolenza e dei suoi strumenti. Non è possibile perseguire fini buoni (la pace, la giustizia, la libertà) attraverso mezzi incoerenti (la guerra, l'ingiustizia, l'oppressione).
Relativamente alla Shoah, rimando agli interventi degli scorsi anni nel mio blog (cercare la parola "memoria").
Qui riprendo solo le parole che raccolsi in un'intervista al rabbino Elio Toaff che incontrai a luglio del 1988, nella sua casa a Capo Perla (Capoliveri) dove trascorreva gran parte del riposo estivo (l'intervista fu pubblicata dal settimanale Lisola del 29 luglio 1988). Toaff, un fratello maggiore, uomo mite, amante della pace, sincero uomo di fede. Tra le altre cose, parlammo della storia di persecuzioni subite dagli ebrei e della necessità di non perdere la memoria. "Non dimenticare - sottolineò - non vuol dire avere odio, desiderio di vendetta, rancore; ricordare vuol dire avere ben presente un periodo di storia che si è svolto in duemila anni e che ha avuto le sue vittime, i suoi martiri, le sue pagine tristissime. Dimenticarle vuol dire tradire la memoria di chi ha subito queste persecuzioni". E a proposito di sogni, disse che sperava in un mondo sempre più accogliente e rispettoso.
Nunzio Marotti