Gentile Professoressa Pieruccini,
mi chiamo Marco Di Noia e sono il papà di due bambini; una che frequenta l'ultimo anno della scuola per l'infanzia e uno che il prossimo anno compirà tre anni e quindi entrerà nel circuito scolastico.
In questa mia mi rivolgo a Lei direttamente in quanto responsabile dell'Istituto Comprensivo del comune, anche se ovviamente è diretta e indirizzata a tutti coloro che con Lei concorrono all'organizzazione e alla gestione degli istituti scolastici.
Volevo porgere alla Sua attenzione, e a quella di tutto il personale scolastico, le sempre più presenti iniziative di beneficenza di enti o associazioni varie mediante la vendita (quindi chiedendo soldi ad alunni e di conseguenza alle loro famiglie) di prodotti (dalle marmellate alle uova di Pasqua, passando per le arance e chissà cos'altro).
Tali attività, indipendentemente dalla finalità della singola associazione, ed anche riconoscendo a ognuna di esse la bontà dello scopo che pubblicizzano di perseguire, ritengo siano improprie e da bandire dall'ambito scolastico per molteplici ragioni.
Ho assistito in questi anni alle varie riunioni nelle quali venivano prospettate le linee guida scolastiche annuali: l'integrazione, l'uguaglianza, la tolleranza, l'abbattimento delle barriere, il rispetto per l'ambiente e per gli animali, eccetera.
Anche il semplice uso del grembiule, da molti visto come un fastidio o interpretato come un semplice escamotage per non sporcare i vestiti, sappiamo bene cosa intrinsecamente implichi e quale sia la sua vera funzione.
Ho poi potuto verificare ed apprezzare in prima persona l'ottimo lavoro svolto dalle insegnanti nell'organizzare le "recite" e nello svolgimento delle varie attività scolastiche nel corso dell'anno, nonché i risultati riscontrabili dell'arricchimento del bagaglio culturale e morale di mia figlia sempre pronta ad etichettare come "maleducati" coloro che gettano i rifiuti per terra o che, magari, si comportano da incivili; segno che i messaggi, la metodologia e gli insegnamenti della scuola raggiungono correttamente i destinatari.
Vorrei esporle ora le mie motivazioni a supporto di quanto affermato in merito a queste "vendite di beneficenza" che, secondo il mio modesto parere, sono sempre più paragonabili, se mi è concessa la parafrasi, ad un mercato nel tempio.
In prima battuta ritengo di esaminare l'aspetto economico, forse il meno significativo, ma che potrebbe comunque avere una sua rilevanza. Tutti sappiamo che quando si acquistano prodotti "per beneficenza." il costo è superiore a quello di mercato proprio perché, detratte le spese, ciò che rimane dovrebbe, ed uso il condizionale, essere devoluto in beneficenza a quell'ente o associazione o per quella specifica causa. Preciso che in questa sede non è mia intenzione criticare il metodo per ottenere il danaro, ma l'inopportunità in relazione all'ambiente in cui questo metodo viene posto in essere. Fermo restando ciò, tale esborso potrebbe non essere possibile o sostenibile per tutte le famiglie, soprattutto perché non si tratta più di episodi estemporanei., ma di una pratica ripetuta e consolidata nel corso di tutto l'anno scolastico, tale cosi da costituire una somma piuttosto rilevante che le famiglie potrebbero preferire destinare per altri fini, attività o necessità; senza tralasciare la non remota possibilità che alcune di queste famiglie possano avere due, tre o addirittura più figli, e che magari frequentino tutti plessi scolastici diversi il che vedrebbe moltiplicarsi la spesa per la motivazione più sotto esposta.
Secondo punto da esaminare, anche questo rilevante, ma non fondamentale perché influisce sui genitori, su coloro che dovrebbero essere capaci di intendere e di volere, è quello relativo al meccanismo psicologico: quello inconscio di non volersi sentire da meno, di voler primeggiare, di volersi affermare; nonché quello ben più grave, cioè quello conscio che dovrebbe essere estraneo ad una comunità laica, apolitica, multietnica e votata all'uguaglianza come quella della scuola, nel quale il comportamento del fare beneficenza diventa esecrabile perché finalizzato a soddisfare XI. proprio ego o magari per i I semplice volersi mettere in mostra o, peggio ancora, messo in atto per un ritorno di immagine a fini politici o con uno scopo meramente pubblicistico per fini economici. La beneficenza, quella vera, è una cosa privata e personale del singolo, tutto i.1 resto è, in modo semplicistico, catalogabile come pubblicità intesa nel senso più spregiativo del termine.
Terzo aspetto, quello importante che mi ha portato ad inviarLe questa missiva, è quello che riguarda il rispetto, la formazione e l'educazione dei nostri figli secondo i principi di una società civilizzata, civile, democratica e laica; che non sono altro che i principi fondamentali sanciti dalla nostra bellissima Costituzione. Dico nostri figli perché i bambini sono figli di tutti, sono il nostro patrimonio, sono coloro che ci sosterranno in futuro, sono coloro che diventeranno membri della società del futuro, verso i quali abbiamo solamente doveri ed obblighi, sia morali che materiali affinché possano affrontare con maturità, coscienza e virtuosità la vita che hanno davanti, che sta diventando sempre più difficile, pericolosa e priva di valori, in cui l'apparire è anteposto all'essere, e la soddisfazione effimera dell'ottenere con facilità ha. sostituito quella vera e piena dell'ottenere un risultato con l'impegno. 1 bambini SONO il futuro.
Un bambino non capisce perché a tutti hanno consegnalo un vasetto di marmellata e a lui no; un bambino si sente differente perché non ha ricevuto la marmellata.
Un bambino non capisce perché a tutti hanno consegnato un uovo di Pasqua e a lui no; un bambino si sente differente perché non ha ricevuto l'uovo di cioccolata.
Quindi, checché se ne dica, la partecipazione a tali vendite di beneficenza all'interno delle scuole, diventa un modo subdolo e meschino per obbligare sostanzialmente i genitori a parteciparvi per evitare che possano verificarsi situazioni discriminatorie e di disuguagl.ìanza (che non mi sento di escludere a priori anche tra gli adulti); situazioni che rischiano, anche se con l'indiscussa professionalità del caso da parte degli insegnanti e l'impegno da parte delle famiglie, di portare bambini ad essere classificati ed a classificarsi per motivazioni che prescindono da quelle che realmente dovrebbero far sì che essi si sentano unici, originali, apprezzati e differenti, ma nello stesso tempo uguali agli altri perché facenti parte della stessa comunità, della stessa società, perché, semplicemente, esseri umani.
Rimanendo dell'idea che la beneficenza dovrebbe essere fatta da tutti realmente e concretamente in relazione alle possibilità di ognuno e non sfruttata e mercificata come ritengo stia invece accadendo, spero che queste mie parole non rimangano inascoltate come un sussurro in una tempesta, ma che trovino a breve un riscontro concreto.
Marco di Noia