In merito agli articoli di stampa comparsi sulla questione della somministrazione di plasma iperimmune a un paziente dell’Isola d’Elba, l’Azienda USL Toscana nord ovest evidenzia che il sistema sanitario regionale garantisce la presa in carico di tutti i cittadini con passaggi codificati e attraverso valutazioni attente dei propri professionisti. Ciò era regolarmente avvenuto anche nel caso specifico, con una presa in carico che avrebbe portato al ricovero del paziente per analizzare a 360 gradi la sua situazione e per effettuare le terapie più idonee.
La stessa certezza c’è per ogni persona che si rivolge alle strutture aziendali, ospedaliere o territoriali.
Sulla questione della somministrazione di plasma iperimmune all’interno del Pronto Soccorso di Portoferraio, l’Azienda sta facendo un’attenta ricostruzione dei fatti, tenendo conto anche degli aspetti scientifici ed etici legati alla vicenda, per valutarne la conformità rispetto ai percorsi aziendali, regionali e nazionali.
Sono quindi in corso approfondimenti, con i settori e i professionisti interessati, per analizzare e verificare tutti i passaggi.
Il percorso aziendale e l’attenzione per l’Isola d’Elba
E’ bene evidenziare che esistono a livello aziendale e di area vasta una serie di procedure e di buone pratiche e un percorso ben definito, che hanno permesso di curare le persone malate di Covid-19 sia nel contesto dell’assistenza ospedaliera che domiciliare, con un impegno costante a garantire l’equità di accesso da tutti i territori dell’area Nordovest, compresa l’Elba che ha avuto attenzioni particolari fin dall’inizio della pandemia in considerazione delle peculiarità e dei limiti strutturali dell’ospedale isolano.
Il percorso di area vasta per i pazienti Covid positivi prevede, dunque, una presa in carico adeguata e complessiva da parte di un gruppo di professionisti di varie discipline, che curano il malato per il Covid e per tutte le altre problematiche di salute in una logica di cooperazione nella rete dei servizi territoriali ed ospedalieri, con l’appropriato riferimento alle strutture specialistiche di malattie infettive dell’area vasta.
Grazie a questo lavoro di rete, la Toscana è tra le prime regioni in Italia per utilizzo di farmaci antivirali e anticorpi monoclonali, nonché capofila della più importante sperimentazione clinica condotta sull’impiego del plasma iperimmune.
L’attenzione nei confronti dei malati è quindi indiscutibile, come pure è indubbia l’estrema considerazione per i residenti del territorio dell’Elba: i casi di Coronavirus più lievi sono stati gestiti direttamente nell’Isola, mentre i pazienti più complessi sono stati trasferiti in tempi rapidi in ospedali del Continente dedicati proprio ai casi Covid. Durante l’emergenza pandemica, dal marzo 2020 all’aprile 2022, si sono registrati ben 160 trasferimenti da Portoferraio in altri ospedali (soprattutto Cecina e Livorno), che hanno permesso di assistere e curare in maniera appropriata queste persone. Quasi tutti questi trasporti speciali sono stati eseguiti con Pegaso (solo 3 con nave). Di questi 160 pazienti, 119 erano già positivi e altri 41 con tampone in corso.
Nel caso specifico il paziente dell’Isola d’Elba è stato preso in carico (quindi tutt’altro che abbandonato a sé stesso), grazie al collegamento tra lo stesso Pronto Soccorso di Portoferraio, il medico curante, il laboratorio di analisi ed il reparto di Malattie infettive di Livorno. A causa del persistere della positività al Sars-CoV-2, al paziente era stato infatti proposto il ricovero nell’area Covid dell’ospedale di Livorno, che avrebbe consentito un approfondimento delle sue condizioni e l’esecuzione di eventuali terapie dedicate al trattamento del Covid e alle sue patologie di base, in accordo con il centro specialistico di riferimento di AOUP. Questo grazie all’interessamento “proattivo” del direttore delle Malattie infettive Spartaco Sani, che più volte ha avuto contatti diretti con il medico di famiglia e con lo stesso paziente nel momento in cui è stata segnalata dal laboratorio di Livorno la lunga positività al Covid, correlata ad un quadro clinico complesso e gestito per la patologia di base da specialisti di AOUP. Si è poi assistito ad una “deviazione” da questo iter aziendale, per iniziativa del medico del Pronto Soccorso di Portoferraio che ha deciso di chiedere direttamente al Comitato Etico di area vasta l’autorizzazione all’uso compassionevole del plasma iperimmune, ottenendo l’assenso e procedendo alla somministrazione della terapia all’interno dei locali del Pronto Soccorso di Portoferraio.
Pertanto, tenendo conto della normativa di riferimento e delle più recenti evidenze scientifiche, l’Azienda USL Toscana nord ovest sta mettendo in atto tutti gli approfondimenti del caso, in cooperazione con la autorità competenti, per stabilire se nell’ambito della somministrazione di plasma iperimmune, eseguita nei locali del Pronto Soccorso di Portoferraio in regime di “trattamento compassionevole”, siano stati rispettati gli standard di qualità e di sicurezza del paziente, considerando le specificità del caso eccezionale e l’attuale situazione di convivenza con la pandemia da Covid.
Una questione dibattuta
Dal punto di vista scientifico l’impiego del plasma iperimmune è oggetto di ampia discussione.
L’Asl si limita a segnalare che organismi autorevoli come OMS, Comunità Europea, National Institute of Health, altri organismi scientifici (SIMTI, SIdEM), il nostro ISS e AIFA non hanno assunto una posizione sull’utilizzo di questa terapia per mancanza di prove di efficacia, ferma restando la massima attenzione verso nuovi studi e ricerche.
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) si è invece espressa in maniera più netta, facendo riferimento al periodo iniziale di grande attenzione nei confronti di questa terapia e ai risultati degli studi: "L’utilizzo del plasma iperimmune per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2 - dice FNOMCeO - era in quel momento in fase di studio in diverse parti del mondo, così come moltissime altre opzioni terapeutiche. I risultati di queste ricerche, tuttavia, hanno messo in evidenza come il sangue dei pazienti guariti non sia efficace nel ridurre il rischio di peggioramento o decesso nei pazienti affetti da Covid-19".
La questione è, quindi, molto dibattuta e c’è un trial clinico europeo tuttora in corso.
Risulta inoltre che, dall’aprile 2021, in Toscana non vengano più eseguite trasfusioni di plasma iperimmune a seguito della conclusione dello studio clinico nazionale “Tsunami”, coordinato da un’equipe di ricerca dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana conclusosi con la dimostrazione di inefficacia di tale terapia antiCovid.
Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e della normativa di riferimento, il Centro Nazionale Sangue, che in Italia è l’autorità competente per l’impiego delle terapie trasfusionali, ha preso posizione attraverso una nota del 5 novembre 2020, in cui “raccomanda l’impiego del plasma nell’ambito di trial clinici ben disegnati e possibilmente randomizzati, pur non escludendone il ricorso in condizioni definite come “emergency/compassionate situations”. La terapia con plasma convalescente è dunque ancora da considerarsi “sperimentale” e il suo impiego al di fuori di studi clinici, auspicabilmente randomizzati e registrati, si configura come un cosiddetto “uso compassionevole”. Appare importante sottolineare come alla data dell’emanazione di questa linea guida del Centro Nazionale Sangue, che tuttora rimane in vigore, non fossero disponibili particolari terapie antivirali specifiche e che nel corso dell’ultimo anno siano state rese disponibili a livello nazionale terapie basate su anticorpi monoclonali e farmaci antivirali, questi ultimi adesso disponibili addirittura in tutte le farmacie per rendere più tempestivo e capillare l’accesso al farmaco (sempre a seguito di specifica prescrizione medica, anche da parte dei medici di famiglia, sulla base di criteri specifici).
In merito al caso oggetto delle notizie pubblicate negli ultimi giorni, il Comitato Etico di area vasta, ha ritenuto che nella situazione specifica vi fossero i requisiti clinici per l’uso compassionevole e l’Azienda Sanitaria prende atto di tale posizione, considerando l’eccezionalità del caso e l’esigenza di promuovere, da parte degli enti di ricerca, eventuali nuovi studi clinici per provare l’efficacia di questa terapia sui pazienti che non rispondono alle terapie antivirali e con anticorpi monoclonali approvate da AIFA per il trattamento del Covid.