Dobbiamo esprimere solidarietà e chiedere scusa alle donne iraniane che stanno manifestando nelle principali città del Paese verso il regime teocratico decadente repressivo sanguinario degli Ayatollah gridando con immenso coraggio “Donne, vita e libertà”. Le proteste e una sanguinosa reazione autoritaria sconvolgono l’Iran.
Durante le proteste del Movimento dei Verdi del 2009 in Iran, i leader occidentali di allora calpestarono la volontà degli iraniani non facendo sentire il loro sostegno, forse perché credevano in tal modo di poter evitare di dare alle autorità religione del Paese una scusa per una brutale repressione. Le democrazie devono chiedere il rispetto della libertà di parola, del dissenso, del processo democratico e non tollerare violenze verso chi manifesta. Va detto che spetta agli iraniani prendere decisioni su chi saranno i loro leader. Spesso, per ragioni di “realtà” politica si è preferito voltare la faccia altrove, ora pare evidente che questa posizione sull’Iran era sbagliata. Ripensando alle proteste del 2009, 2010 a Teheran sarebbe stato opportuno affermare pubblicamente cosa stava succedendo con il Movimento Verde, perché molti attivisti erano stati accusati di essere strumenti dell’occidente. Ogni volta che vediamo un lampo, un barlume di speranza, di persone che desiderano la libertà, dobbiamo farlo notare. Dobbiamo puntare i riflettori. Dobbiamo esprimere la nostra solidarietà, fare sentire che siamo con loro. Una prospettiva che non piace ai nostri leader in carica, dal momento che devono prendere decisioni non facili al volo nel cuore delle crisi.
Tredici anni dopo siamo stati più energici nel sostenere rapidamente le proteste iraniane. Siamo rimasti – sbalorditi – dalla forza, dal coraggio e dalla reazione delle donne in Iran alla morte di Masha Amini, la 22enne uccisa durante la detenzione da parte della polizia morale di Teheran, che ha scatenato la rivolta delle donne e ha risvegliato qualcosa che non possa venire placato in molto, molto tempo.
Le democrazie spesso sembrano credere che il peso delle sole parole – supportato dalle sanzioni – possa fare cadere il regime teocratico decadente repressivo sanguinario iraniano. Le cose sono molto più complicate. Nessuno può sapere come andrà a finire, è vero ora come lo era 13 anni fa. Alla fine, spetta al popolo iraniano decidere. Il mondo occidentale può fare poco se non appoggiare e riconoscere quel lampo di speranza di persone che desiderano la libertà. “Voglio lottare per i diritti delle donne”, le parole di Jasmine una donna iraniana di 19 anni che si è rifugiata all’estero dopo una brutale repressione dei manifestanti nella sua città. “Ora voglio ottenere i miei diritti per vivere come una donna. Voglio lottare per i diritti delle donne. Voglio lottare per i diritti umani”. Dopo essere fuggita dall’Iran per non essere incarcerata ora ha cambiato rotta. Non più una manifestante pacifica, ha deciso di prendere le armi, arruolarsi in un gruppo militante iraniano-curdo che si trova nelle valli aride del Kurdistan.
Enzo Sossi