Sempre di più, tra i “giornaloni” e gli azzimati giornalisti televisivi, si fa avanti, qua e là, non la premessa “c’è un aggressore e un aggredito”, ma “è una guerra per procura”. Ma pochi dicono che la guerra per procura è tra USA e Cina, in cui Russia e Ucraina sono delle controfigure, vittime rispettivamente dell’imperialismo antiquato e dell’irredentismo affascinato dalle illusioni dell’Occidente. Sia la Russia che l’Ucraina in tempi “normali” troverebbero enormi difficoltà ad entrare nel consesso europeo, per problemi di garanzie politiche, di mafia e di corruzione.
Basterebbe che Joe Biden, Xi Jinping e i loro vassalli (Gran Bretagna, Comunità Europea, Ucraina e Russia) si sedessero al Tavolo della Pace sotto la mediazione dell’ONU e la benedizione di Papa Francesco. Sarebbe possibile l’invio di truppe ONU al fine di supervisionare, oltre il ritiro delle truppe russe e la denazificazione del battaglione Azov, i vincoli di neutralità dell’Ucraina e la strutturazione di Regioni a Statuto Speciale nella stessa Ucraina.
Ma l’irresponsabile negazione dei veri intenti rende questo ovvio percorso estremamente difficile. La sfida con la Cina è qualcosa che angoscia l’imperialismo americano da più decenni: l’imperialismo cinese sta lentamente ascendendo sia sul piano economico, sia su quello militare, sia su quello tecnologico. In questa prospettiva si possono comprendere le intenzioni degli americani: favorire un “Afghanistan” di lungo periodo in Ucraina al fine di indebolire l’alleato più potente della Cina. Un aspetto del conflitto USA-Cina è, ad esempio, la minaccia dell’invasione cinese di Taiwan, che, oltre che per motivi nazionalistici, detiene, tra l’altro, una tecnologia che la Cina non ha: quella dei semiconduttori. Un altro esempio recente riguarda il dominio sull’Oceano Pacifico: la Cina ha stabilito un accordo di sicurezza con le Isole Salomon, posto strategico di questo Oceano.
La guerra in Ucraina è stata preparata fin dal 2015 dagli USA e dalla Gran Bretagna attraverso l’invio di armi e l’addestramento militare. In particolare Joe Biden è stato presente in Ucraina sia direttamente (fece un viaggio in Ucraina da vice di Obama nel 2014), sia attraverso il figlio, Hunter, che avrebbe intrattenuto rapporti poco chiari con imprenditori dell’Ucraina (si parla di laboratori per lo sviluppo di armi batteriologiche, quali il Bacillo dell’antrace).
L’irresponsabile Putin ha così invaso un Paese Sovrano. Il popolo ucraino si è così trovato ad essere vittima sacrificale. Gli europei si sono trovati così, come Alice nel paese delle meraviglie, a fornire armi per una guerra di cui non sanno comprendere il senso e il limite. Questa confusione dei governi europei ha lasciato disincantati gli italiani, che, in larga maggioranza, chiedono la sospensione dell’invio delle armi in Ucraina. Gli italiani, in effetti, al contrario del loro Parlamento che ha votato il classico ritornello da vigliacchi “vi armiamo e partite”, sono in larga maggioranza contrari all’invio delle armi, nonostante il martellamento dei media, e lo hanno anche dimostrato nelle piazze straripanti del 25 aprile.
Il distacco tra Governo e Parlamento e Paese reale pone drammaticamente il problema della rappresentanza istituzionale rispetto ad una situazione di escalation, militare e comunicativa, che può portare verso l’uso di armi atomiche.
All’interno di questo contesto mi sento di sollecitare la partecipazione alla mobilitazione per la pace, “Pace Proibita”, che si terrà lunedì 2 maggio, alle ore 21, al teatro Ghione di Roma. L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming, attraverso la quale chiunque potrà interagire grazie ai social, e potrà essere trasmesso liberamente da qualunque radio, emittente televisiva o canale social.
Il Comitato organizzatore ha fatto il seguente “Appello”:
“Noi condanniamo senza se e senza ma l’invasione dell’Ucraina. Putin dovrà risponderne al suo popolo e alla Storia.
Per porre fine al massacro abbiamo di fronte due strade: affidarsi alla forza delle armi o mobilitarsi con un’azione nonviolenta per una trattativa immediata e una soluzione diplomatica.
Pensiamo che le armi siano la risposta sbagliata. Il nemico più grande è la guerra, la pretesa di sconfiggere Putin con una escalation militare, scalzandolo dal potere, comporta innumerevoli morti, sofferenze atroci tra i civili e un futuro di miseria per una moltitudine di persone.
Più di tutto ci preoccupa il possibile impiego di armi nucleari, che rappresentano una minaccia per l’insieme della vita sulla terra e una possibile sentenza di morte per l’umanità.
La parola pace è censurata. L’informazione non esprime la varietà di posizioni presenti tra l’opinione pubblica. La maggioranza contraria all’invio di armi viene sistematicamente ignorata.
Per i media non c’è alternativa alla guerra, che rappresentano come uno scontro tra buoni e cattivi, dove la somma degli orrori cancella il “chi, dove, come, quando e perché”. Il sangue delle vittime deve chiamare altro sangue per giustificare la necessità di una sconfitta definitiva dell’aggressore.
È ora di dire basta alle armi e di agire in maniera nonviolenta, a partire dall’accoglienza dei profughi di ogni guerra. Creiamo una comunità determinata a far sentire la propria voce.
La nostra iniziativa è una protesta per opporsi alla deriva verso il pensiero unico e la resa dell’intelligenza.”
Partecipano all’iniziativa Luciana Castellina, Ascanio Celestini, Emily Clancy, don Fabio Corazzina, Jasmine Cristallo, Fiammetta Cucurnia, Donatella Di Cesare, Sara Diena, Elio Germano, Sabina Guzzanti, Fiorella Mannoia, Tomaso Montanari, Moni Ovadia, Michele Santoro, Vauro Senesi, Cecilia Strada, Marco Tarquinio.