Leggiamo sulla stampa locale di una riflessione del prof. Piero Morpurgo, che interviene sul dibattito sul rigassificatore di Piombino in qualità di “storico della scienza”. Immaginiamo che lo studioso sia da identificarsi nell’accademico con un importante curriculum, che può vantare numerose pubblicazioni in storia della scienza, laureato in filosofia e anche in lettere moderne, e dottore di ricerca in storia medievale, con al suo attivo diverse pubblicazioni: sulla filosofia della natura nella
scuola salernitana del XII sec., sulla scienza araba nel medioevo, etc. Sembra muoversi però con minore disinvoltura quando si parla di analisi di rischio e di gas, cascando assai spesso nell’errore di confondere il GNL con il GPL.
Interessante notare, infatti – consultando le stesse fonti da lui citate – come le sue conclusioni siano poco plausibili e discutibili. Infatti, seppur egli riporti correttamente che almeno 13 incidenti “seri” hanno riguardato il trasporto marittimo di LNG dal 1999 al 2006, ciò corrisponde ad una frequenza di 0,0123 casi/anno come riportato nella tabella 2 di pag. 294: in termini di analisi di rischio, la percentuale indicata dal Morpurgo (10%? di che cosa?) non ha nessun significato.
Ancora più interessante scorrere le descrizioni di alcuni di questi casi riportati al paragrafo 5.1, dopo la tabella citata:
1. El Paso Paul Kayser (1979)
La nave, carica di 99.500 mc di LNG, si incagliò nello stretto di Gibilterra. Nonostante ampi squarci nello scafo che portarono all’allagamento di alcuni compartimenti, la membrana di contenimento del carico mantenne la sua integrità. Dopo alcuni giorni la nave venne alleggerita della zavorra e disincagliata, e portata ad Algeciras dove il carico fu trasferito ad una nave gemella.
2. LNG Libra (1980)
La nave, in avaria, senza propulsione, venne rimorchiata dalle autorità filippine in un porto sicuro, e il carico trasferito in una nave gemella. Nessuna conseguenza.
3. LNG TAURUS (1980)
La nave durante una tempesta fini sugli scogli presso Tobata Port, in Giappone. Anche in questo caso, nonostante le numerose falle, le sfere di contenimento del carico non subirono danni.
4. Moss Rossenberg Design LNG Carrier (2001)
Una nave GNL da 125.000 mc subi un riempimento eccessivo di una cisterna di carico, durante le operazioni di raffreddamento, presso un terminale GNL degli Stati Uniti. La fuoriuscita di GNL provocò la comparsa di crepe in un coperchio del serbatoio. Il sistema di contenimento del carico non fu danneggiato né si verificarono danni strutturali alla nave.
Tutto ciò è in accordo con la tabella 2.2.1 di pag. 39 del rapporto finale del progetto Galerne, citato dallo stesso professore., e scaricabile al link
https://wwz.cedre.fr/en/content/download/10632/file/Rapport%20projet%20Galerne.PDF dove sono riportati 25 incidenti tra il 1965 e il 2006 (la lista è considerata completa), di cui solo uno ha avuto conseguenze mortali, quello della LNG Portovenere (1996), che causò 6 vittime. Tuttavia in quel caso l’incendio in sala macchine non fu imputabile al LNG: la nave era infatti priva del carico, era stata varata due mesi prima e i tecnici stavano ancora ultimando i collaudi del propulsore.
L’incendio fu proprio causato dal gasolio usato come carburante.
Non comprendiamo dunque a quali incidenti egli si riferisca quando afferma che “In molti casi c'è stato un rogo di parecchi giorni con necessità di rimorchio della nave al largo e conseguente affondamento.”
Del rapporto della Commissione europea, citato più avanti, il professore segnala incomprensibilmente l’incidente di San Juanico, un sobborgo di Città del Messico (“almeno 600 morti e 7000 feriti”): se prendiamo visione delle slide di cui al link indicato si scopre essere stato causato dal GPL in un terminal petrolifero, niente a che vedere con le navi metaniere: come è noto, Città del Messico si trova infatti a 2240 m sul livello del mare.
Interessante poi approfondire l’incidente di Barcellona (2015): le foto accessibili dal link mostrano una nuvola di condensa originata dalla fuoriuscita di LNG, e questo permette di capire cosa possa realmente avvenire in caso di fuoriuscita del carico.
Nel report dell’incidente https://s3.ap-southeast-2.amazonaws.com/hdp.au.prod.app.vicengage.files/5816/0706/8229/533._Save_Westernport_-_Summary_of_ship_collisions.pdf ) al link indicato dal professore: si vede come lo scarico abbia formato una "piscina" galleggiante di GNL, che, a contatto con l'acqua di mare, ha vaporizzato producendo una nuvola di gas visibile per condensazione del vapore acqueo ambientale.
Anche “l’esplosione di una nave gasiera”, citata in conclusione dell’articolo, non è il riferimento più corretto, trattandosi di GPL e non di GNL.
Infine, il professore mostra di non aver compreso con pienezza quanto riportato nel report dell’Azienda australiana del gas: al quesito 16, se sia possibile effettuare lo stoccaggio dell’acqua di raffreddamento per effettuare un trattamento del cloro residuo e della temperatura, prima di restituirla all’ambiente, nel report si risponde come ciò sia assolutamente irrealizzabile, in quanto i volumi in gioco sono modesti (pag. 18). Del resto in altra parte del report (pag. 7) si evidenzia che “nessun rischio materiale esiste a causa dello scarico delle acque di raffreddamento del FSRU”. Nella fattispecie i quesiti erano relativi alla collocazione di una FSRU a Western Port, Victoria, Australia, un’ampia baia nella quale si trovano anche numerose riserve naturali che ospitano pinguini, koala, etc..
Le conclusioni del professor Morpurgo – di cui riteniamo siano sicuramente apprezzabili gli studi sulla scuola salernitana del XII secolo – per le quali “un contesto urbano come quello di Piombino non sia idoneo a ospitare impianti di questo tipo", non paiono dunque realmente supportate da una adeguata e competente analisi bibliografica. Si tratta del resto di una materia che può affrontare con maggiore professionalità un tecnico del settore.
Pablo Cinci