Riceviamo e pubblichiamo
L’Isola d’Elba, con la sua straordinaria biodiversità e le sue coste mozzafiato, rappresenta un gioiello del Mediterraneo. Questo paradiso naturale ospita una ricca varietà di flora e fauna, e le sue acque, un tempo cristalline, erano considerate un rifugio per la vita marina, come le preziose praterie di Posidonia oceanica. Tuttavia, il volto dell’isola sta cambiando a causa di due problematiche sempre più pressanti: l’inquinamento e l’overtourism. Fenomeni che non solo mettono a rischio l’ambiente, ma anche il tessuto sociale delle comunità locali.
Negli ultimi anni, i residenti dell’Elba hanno assistito a un progressivo deterioramento della qualità delle acque marine. I visitatori che affollano le spiagge durante l’alta stagione hanno riportato un odore sgradevole di fogna, segnale evidente di un sistema fognario al collasso. Gli impianti di depurazione, inadeguati a gestire il sovraffollamento estivo, riversano acque non trattate sufficientemente, contribuendo all’inquinamento del mare. Il risultato? Una minaccia diretta alla biodiversità marina e alla reputazione turistica dell’isola.
L’aumento incontrollato dei visitatori è, in gran parte, legato al fenomeno dell’overtourism, che sta stravolgendo non solo l’ambiente, ma anche la vita quotidiana degli elbani. L’ampliamento dell’aeroporto di Marina di Campo, oggetto di acceso dibattito, è emblematico di questo problema. Nonostante un referendum abbia respinto la proposta di espansione, le pressioni economiche e politiche spingono ancora in direzione di un incremento dei flussi turistici. Un’operazione giudicata da molti inutile e dannosa, che non solo ignorerebbe la volontà popolare, ma aggraverebbe ulteriormente i già evidenti problemi di sovraffollamento e inquinamento.
Il problema dell’overtourism non è una novità: città come Venezia e Barcellona ne sono state vittime per anni. A Venezia, il flusso incessante di turisti ha reso la vita insostenibile per i residenti, con affitti alle stelle e negozi tradizionali rimpiazzati da attività per turisti. Barcellona, anch’essa presa d’assalto, ha visto proteste popolari contro il turismo di massa, che ha portato a una perdita di autenticità e a una pressione insopportabile sulle infrastrutture cittadine. La stessa sorte sembra ora destinata all’Elba, dove il turismo di massa sta spingendo fuori i residenti, creando un circolo vizioso che impoverisce le comunità locali.
Un esempio lampante di questa disgregazione sociale si può vedere a Marciana, uno dei borghi più antichi dell’isola. Le famiglie del posto sono costrette a lasciare le loro case per far spazio a micro appartamenti turistici, mentre i giovani non trovano più possibilità di alloggio a prezzi accessibili. Il tessuto sociale si sta lentamente disintegrando: le botteghe locali chiudono, sostituite da attività temporanee, e i servizi per i residenti diminuiscono drasticamente. La crisi abitativa sta trasformando Marciana, e molti altri borghi dell’Elba, in luoghi vuoti e privi di vita fuori stagione, privando l’isola della sua anima e della sua storia.
Il caso dell’Elba non è isolato. In Liguria, località come le Cinque Terre e Portofino hanno visto lo stesso destino: un turismo massivo che sfrutta senza reinvestire nelle comunità locali. Qui, l’industria del turismo ha favorito lo sviluppo di case vacanza e strutture ricettive, mentre i residenti sono costretti a trasferirsi, incapaci di competere con i prezzi imposti dal mercato turistico. La Liguria, un tempo caratterizzata da borghi autentici e vivaci, sta ora assistendo alla trasformazione in un museo a cielo aperto, visitabile ma non vivibile.
Alla luce di queste considerazioni, diventa fondamentale interrogarsi sul futuro dell’Isola d’Elba. Continuare a favorire il turismo di massa, senza tener conto dei limiti imposti dalla natura e dalla capacità delle infrastrutture, rischia di portare a un punto di non ritorno. I modelli turistici alternativi, come quelli promossi dall’Associazione Italiana Turismo Responsabile, puntano a una distribuzione più equa dei flussi durante tutto l’anno, incentivando visite fuori stagione e in aree meno conosciute dell’isola. Inoltre, l’investimento in infrastrutture sostenibili, come impianti di depurazione moderni e una gestione dei rifiuti efficiente, è imprescindibile per tutelare l’ambiente e la comunità.
Il futuro dell’Elba deve essere sostenibile. Solo così potrà preservare la sua bellezza naturale e la sua autenticità culturale, garantendo una qualità della vita dignitosa ai suoi abitanti e un’esperienza autentica e rispettosa ai visitatori. Continuare sulla strada dell’overtourism significherebbe non solo compromettere l’ambiente, ma anche distruggere l’essenza stessa dell’isola.
Roberto Perga
Nota della Redazione
Ringraziamo il Sig. Perga per averci scritto e aver esternato le sue critiche, che indiversi passaggi ci trovano concordi, e coincidenti con la nostra "filosofia ambientate e sociale" ma che però non ci sentiamo di condividere, almeno nelle più radicali affermazioni.
Definire ad esempio tout-court il mare elbano "inquinato", non ci pare né generoso né confermato dallo scientifico monitoraggio effettuato - anche questo anno - da soggetti più che credibili quali ARPAT e Goletta Verde.
Idem dicasi per quanto riguarda i reflui fognari, o di sentina. Se è vero che si possono essere verificati episodici sversamenti (peraltro puntualmente segnalati da questo giornale), in acque portuali o balneabili, appiccicare la targhetta di afflitti da miasmi i 147 km di costa isolana - come qualcuno potrebbe ricavare da ciò che ci scrive - non ci parrebbe giusto, tantomeno realistico.
Intenda bene noi non ci sogniamo di affermare che "tutto va ben Madama la Marchesa", e ci sentiamo impegnati nel ruolo della denuncia di quel che non si dovrebbe fare, ma - ci perdoni - definire il diavolo più brutto di quanto sia, non aiuta a ricacciarlo all'inferno
Salutandola
la Redazione