Ho letto con attenzione l’articolo su Elbareport e non posso fare a meno di notare una certa incoerenza tra le parole e la realtà dei fatti.
Si elogia la nascita dei comitati cittadini, ma non si ammette che questi nascono per supplire a evidenti mancanze istituzionali. In altre parole, il fatto stesso che i cittadini si siano organizzati per fronteggiare l’emergenza è la prova di un fallimento amministrativo. Rio Marina non è una grande metropoli: non siamo a Roma. Qui, far sentire la propria voce e dare almeno un sostegno morale non sarebbe stato difficile.
Ciononostante, l’assenza delle istituzioni ha reso necessaria la creazione di un comitato da parte dei cittadini stessi, segno evidente di una mancanza di risposte concrete da parte di chi ci governa. La questione della "tifoseria": chi decide chi è ultras e chi è cittadino attivo? Quando si parla di “abbattere i muri del pregiudizio, della tifoseria e delle logiche di partito”, a chi ci si riferisce? A chi osa esprimere un pensiero critico? A chi chiede trasparenza e soluzioni concrete?
Oggi non basta più essere un cittadino attivo: chi pone domande scomode viene etichettato prima come “detrattore”, ora addirittura come “ultras”. Ma partecipare alla vita pubblica significa anche saper esercitare il diritto di critica. Dire la propria non significa condurre una “personalissima campagna elettorale”, ma pretendere risposte e responsabilità.
L’articolo sottolinea l’importanza della compattezza e della coesione, ma nei fatti si è rivelato tutto il contrario.
Inoltre, non si può non notare che, mentre ora si parla di vicinanza al comitato nato per fronteggiare l’emergenza, quando si è trattato di esserci concretamente – in una stanza che, tra l’altro, a noi era stata negata – l’amministrazione ha brillato per assenza: chi lo ha deciso questo, i promotori del nascente comitato o l’amministrazione stessa? E perché? Chi deve migliorare il paese? Si dice che "ciascuno deve contribuire al miglioramento del paese". Giustissimo.
Ma è chi governa che ha il dovere di garantire che tutto funzioni, non può aspettarsi che siano i cittadini a supplire alle sue mancanze! Quando un’amministrazione non è in grado di rispondere ai bisogni della comunità, la partecipazione civica diventa una necessità, ma anche la prova più lampante di un problema. Quindi, chi chiede maggiore attenzione per la comunità non sta "esacerbando gli animi", né facendo “campagne personali”.
Sta ponendo una domanda legittima: perché i cittadini devono sempre organizzarsi da soli per ricevere risposte che dovrebbero arrivare automaticamente da chi è stato eletto per occuparsi di loro? Le parole possono riempire gli articoli e suonare bene, ma sono i fatti a parlare davvero. E finora, i fatti dimostrano che questa amministrazione, più che promuovere la coesione, ha lasciato che i cittadini si arrangiassero da soli. Basta retorica!
Valerio Guerrini