La paradossale vicenda Barbetti/PNAT mi spinge, da coprotagonista, a qualche considerazione in più.
Comincio col dire che la massima carica istituzionale del Parco, colui che rappresenta la pluralità dei partecipanti e le loro diverse anime, tradisce la sua funzione per rincorrere sterili equilibri di parte.
Andando subito al punto, poiché da tempo rinviava per motivi elettoralistici la nomina dei rappresentanti delle Comunità Locali, nella mia prima partecipazione all’assemblea di Comunità del 12 febbraio scorso, posi immediatamente la questione del rinnovo del Consiglio Direttivo del Parco.
Dato che non era all’ordine del giorno, il Presidente Barbetti ebbe subito buon gioco di tentare un ulteriore rinvio, giocando anche sulle presenze in videoconferenza di alcuni colleghi, secondo lui non legittimati a nomine che dovrebbero avvenire a scrutinio segreto.
Per tagliar corto, con altri sindaci ponemmo in votazione la riconvocazione entro 20 giorni dell’Assemblea con all’ordine del giorno le nomine: risultato 7 a 1 a favore della mozione.
Da qui il pressing per la riconvocazione, elusa dal Presidente, e la mia richiesta di copia dei verbali della riunione per convincere i colleghi a utilizzare l’art.1 del Regolamento del Parco, che prevede la convocazione e la messa all’odg della questione, qualora lo richieda un terzo dei suoi componenti.
Il resto è cronaca recente, Barbetti riconvoca sì, ma in sola prima seduta, l’assemblea per… approvare i verbali delle numerose sedute precedenti.
Debbo anche dire, pensando male come diceva Andreotti, che nutro dei dubbi sulla regolare convocazione del Collegio, dal momento che, stranamente, non era presente nessuno in videoconferenza.
Nella riunione il Presidente ripropone la questione dell’eleggibilità dei membri di amministrazioni in scadenza e recupera, quelli che un mio spiritoso collega ha definito “i quesiti della Susy”, cioè le sue istanze di chiarimento al competente Ministero.
Di fronte alla mia pressante e decisa richiesta di riconvocazione della Comunità, pone la questione della mancanza del numero legale e quindi della mancata approvazione del verbale della precedente riunione del 12 febbraio: giochetti di cui è bravissimo e sui quali mi arrendo.
Ma non arrendendomi sulla questione centrale, ripropongo ai colleghi la riconvocazione ex art.1 del Regolamento del Parco, subito sottoscritta e giunta a destinazione: da qui l’accusa di golpe.
Ebbene sì, è stato un golpe di democrazia nei confronti di un autocrate che scambia la politica per il servizio che si deve ai rappresentati.
Barbetti mi dice spesso che debbo imparare, che devo ancora mangiare politica, ma se la politica è questa, fatta di sotterfugi, giochetti, tranelli allora capisco la disaffezione della gente e compatisco gli amici capoliveresi che si accingono a rieleggerlo e mi dispiace per mio padre, Sindaco di quella dinamica Comunità negli anni ’70.
Ma forse Barbetti non si è accorto che il suo tempo è passato e che dopo questa vicenda non ha più i titoli di equilibrio e di democrazia per rappresentare la Comunità del Parco.
RENZO GALLI
Sindaco di Rio Marina