Pare che non cambi mai nulla a Pianosa. Ma non questa volta. Anche se il silenzio e la sgretolata bellezza sono sempre eguali - perfino in questi ultimi giorni d’estate quando ancora decine di turisti riempiono la spiaggia di Cala Giovanna e le strade del paese - sono accadute molte novità.
C’è stato un matrimonio, per esempio, nella grande chiesa di Pianosa, con un gran numero di invitati, la sposa che viene dal mare e sale dal porticciolo tra la folla di amici, e poi via via la cerimonia e i festeggiamenti tra il profumo delle candele e degli oleandri, fino a tarda notte.
È il momento degli oleandri d’estate. Di molti colori, esuberanti per il clima che è stato piovoso e clemente per tutto l‘inverno. Oleandri rigonfi di fiori, nelle aiole contornate di sassi di tufo, oleandri generosi che non se ne hanno a male se vengono trascurati, e illuminano le aiole e i muri sbrecciati lungo i quali sono stati piantati, alla piazza della chiesa, al giardino del Direttore, alla salita del Forte Teglia.
Gli oleandri sono spontanei nell’Arcipelago e sulle coste del Mediterraneo ovunque ci sia acqua. “Da noi, in Sardegna, ce ne sono dentro alle fiumare, ma le bestie muoiono se li mangiano, perché sono velenosi”. Sono spontanei a Montecristo, nel greto del torrente che scende dal monte Fortezza e costeggia il giardino del Taylor, e a Capraia, vicino al porto, e nel rio che passa sotto al giardino e agli orti dell’Aghiale.
Oleandri coltivati ovunque, facili da attecchire anche da talee, da fare in agosto - che è il tempo opportuno - resistenti alla siccità, alla salsedine, sempreverdi e rigogliosi, da lasciar ricadere sulla terra, con i lunghi rami arcuati, di facile manutenzione ma non facili da potare perchè a volte per la fretta può venire la tentazione di ‘capitozzarli’.
Di nuovo c’è anche il giardino dell’Asilo, che è tornato a mostrarsi, il tetto è stato salvato dai grossi rami del pino d’Aleppo che stavano per sfondarlo, il mandorlo vecchissimo è stato potato, conservando le fronde che si poteva. È un mandorlo che tutti i pianosini ricordano con tenerezza e nostalgia. Forse perché era il mandorlo dell’asilo, anche se i ricordi sono contraddittori: chi dice che lì ha mangiato le mandorle più buone di tutta la sua infanzia, e chi ricorda “mai un frutto che fosse dolce e commestibile, tutte amarissime…!” Non resta che aspettare che fruttifichi di nuovo.
Ci sono state, anche qui a Pianosa, celebrazioni di anniversari importanti come per Napoleone e per l’imperatore Augusto, e ci sarà tra poco l’inaugurazione della Torre, restaurata interamente ad opera dei detenuti con l’installazione del nuovo orologio. Le talee dei gerani piantate in primavera davanti all’albergo hanno attecchito senza problemi, le cicas trapiantate si sono riprese ed hanno freschi ciuffi di nuove foglie, e la duna della spiaggia ripulita si è ripopolata di gigli pancrazi e ravastrelli di mare.
“Santa Barbara benedetta, difendici dal tuono e dalla saetta!!”, Anna Rosa racconta di quando la vecchia pianosina, che abitava vicino a loro al pianterreno della casa dei Ragionieri, alla prima goccia fuggiva dal giardino e si riparava dentro casa sollevando la gonnellona per coprirsi la testa e proteggersi così dal temporale e dalla sventura.
Ricordi degli ex abitanti si intrecciano ai pensieri dei detenuti che hanno ora ripreso i lavori al muro di cinta del giardino dell’Agronomo, prima di poter piantare nuove siepi e fioriture.
Oggi la casa cosiddetta dei Ragionieri - più alta e visibile dal mare della stessa casa dell’Agronomo - è abbandonata e cadente, e pur bellissima con il suo giardino che è uno dei più garbati e segreti di Pianosa.
Non si tratta in realtà che di una grande terrazza dal disegno accurato, rotondo, una mezzaluna con vista sul mare ma ora nascosta da lentischi troppo cresciuti che andranno abbassati. Lungo la facciata, un’altra semiluna con pavimentazione in mattone e cordoli in pietra, tutto di accurata fattura, due viti di ottima uva bianca, poche piante aromatiche e null’altro. Tanto basta per fare un bellissimo giardino che va solo ripulito, mantenuto e valorizzato così com’è.
Paola Muscari