La vicenda dell’eradicazione dei mufloni al Giglio, scoppiata nelle ultime settimane solo dopo che un paio di progetti LIFE per la tutela della biodiversità autoctona delle isole dell’Arcipelago Toscano (finanziati da Unione europea e gestiti anche da Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Ispra, Carabinieri forestali e università di Firenze) erano conclusi o stavano per concludersi, è stata segnata da numerose fake news vecchie e nuove (come l’avvelenamento dell’Isola di Montecristo e del suo mare con tonnellate di veleno per eradicare i ratti che erano in realtà 1,5 kg di principio attivo) e dal pervicace atteggiamento di chi è contrario a non tener conto dei documenti esibiti dal Parco Nazionale. Se questo atteggiamento di tipo etico da parte delle associazioni animaliste è comprensibile, molto meno lo è quello da parte di quasi tutta la stampa italiana che ha finito per trasformare quella che è nata come una baruffa paesana tra gigliesi in un caso nazionale, ignorando in maniera preoccupante sia l’impatto delle specie invasive introdotte sulla flora e sula fauna autoctona insulare, sia i pareri dei più autorevoli esperti di gestione della fauna, sia il fatto che negli altri Paesi le eradicazioni di specie aliene le fanno direttamente associazioni ambientaliste come BirdLife International, RSPB, Island Conservation…
In questa ventata di solidarietà muflonesca, singolare davvero è stato il caso del presidente del Parco Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli che si è offerto di salvare l’ultima ventina di mufloni del Giglio mentre in un solo anno nel suo Parco sono stati abbattuti oltre 1.300 daini, e che dire di Striscia la Notizia che cala famelica al Giglio per difendere i mufloni dopo aver diffuso negli anni passati vergognosi video sui lupi cattivi che mangiano gli animali buoni e sono pericolosi per gli uomini? Il massimo all’estero lo ha raggiunto la Svizzera dove si è parlato con scandalo dell’abbattimento dei poveri mufloni italiani – che sono specie cacciabile – mentre in Svizzera si abbattono senza nessun problema lupi, orsi e linci – animali protetti – che sconfinano dai Paesi limitrofi, Italia compresa, e nelle aree protette si abbattono selettivamente centinaia di ungulati come cervi e caprioli in sovrannumero.
Quel che ne è venuta fuori è una maionese impazzita nella quale non si capisce più davvero quel che è successo e perché (anche perché chi dovrebbe non se lo chiede) e dove le spiegazioni degli esperti non vengono ascoltate, oppure vengono lette con distratta sufficienza e subito ignorate, mentre prevale la dimensione etica – a volte con risvolti disneyani ma molto aggressivi sui social network – di una “informazione” poco avvezza a trattare i temi della conservazione attiva della natura, molto cittadina e antropocentrica che però è attratta dalle semplificazioni anti-speciste che non tengono conto che al Giglio e nelle altre Isole la situazione faunistica è degenerata proprio per colpa di una specie: quella umana che ora dovrebbe porvi in qualche modo riparo e non certo stare a vedere piante e animali estinguersi per colpa di immissioni a scopo venatorio e/o ornamentale, come per i mufloni del Giglio.
E l’Isola del Giglio è diventata così, sulla pelle dei mufloni e del Parco Nazionale che attua semplicemente politiche europee e la nuova Direttiva sulla Biodiversità, nazionali, dell’IUCN e le indicazioni che vengono dalla Conferenza delle parti della Convention on biological diversity (CBD – Onu) sulle specie invasive, una palestra a chi la spara più grossa in difesa dei mufloni e contro gli “assassini” che vogliono eradicarli.
Non poteva non calare al Giglio anche la ex ministra berlusconiana del turismo Michela Vittoria Brambilla che ha annunciato vittoria su tutti i fronti non appena – di fronte a questo casino – il Parco ha annunciato la sospensione degli ultimi abbattimenti/catture. La Brambilla, a nome della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, ha proposto una soluzione: i mufloni che non si riuscirà a portare via dal Giglio verranno messi in un recinto… peccato che i mufloni del Giglio siano scappati proprio da un recinto costruito da un’impresa privata e che il Parco con una nota abbia precisato che «L’impegno che al momento ci siamo presi è quello di sospendere gli abbattimenti, mentre per parlare di accordo sarà necessario un approfondimento con le associazioni animaliste. Il Parco Nazionale ha deciso di sospendere gli abbattimenti come atto di disponibilità verso il mondo animalista, come già affermato dal Presidente Sammuri nei giorni scorsi. Presupposto fondamentale per sviluppare il dialogo è che le associazioni animaliste convengano sull’obiettivo che il muflone sia completamente rimosso dall’Isola del Giglio».
Quindi la Brambillla, arrivata per ultima, ha messo la sua bandierina politica, ma da parlamentare della repubblica dovrebbe sapere che esiste una legge sulla Aree protette che vieta di fare recinti nei Parchi e che prevede la tutela delle specie autoctone e vieta l’introduzione di specie alloctone.
Per finire, un lettore ci segnala una stranezza: «Nel marzo 2021 l’Associazione irriducibili invitava a NON firmare la cosiddetta petizione “Scarfo” perché secondo loro la stessa proponeva prelievi selettivi….. ovvero abbattimenti. Se seguite il post, loro stessi dicono che solo dopo e grazie al loro intervento la petizione è stata modificata nel testo. Questo significa, per quello che capisco, che per qualche mese la petizione per salvare mufloni proponeva di abbatterli in selezione… Perché una associazione animalista durante lo scorso marzo invitava a NON FIRMARE la petizione promossa dalla savegiglio.org? Perché a loro dire, basta leggere quello che hanno scritto, la petizione proponeva anche “prelievi selettivi” che in gergo significa ABBATTIMENTI. E loro stessi affermano che SOLO dopo il loro intervento il testo della petizione è stato cambiato».
E’ la conferma che questa vicenda ha funzionato per scivolamenti e aggiustamenti progressivi che hanno portato alla situazione attuale, fatta di proposte forse eticamente irrinunciabili per una parte dell’opinione pubblica ma tecnicamente non attuabili, costosissime, che perpetuano il danno per le altre specie di flora e fauna autoctone e che, soprattutto, non vengono attuate nelle isole dove governi, associazioni ambientaliste e scienziati attuano progetti di eradicazione delle specie invasive introdotte dall’uomo per consentire che le specie autoctone tornino a prosperare in un habitat ripristinato.
Che poi è quello che chiede di fare il Decennio delle Nazioni Unite per il Ripristino degli Ecosistemi 2021 – 2030 che, a quanto ci risulta, dovrebbe valere anche per l’Italia. Non abbiamo cominciato bene a mantenere gli impegni.