Secondo il working paper “Modelli per promuovere le comunità energetiche: un’opportunità per le utilities” di Agici e Accenture, presentato oggi a Milano durante l’evento “Nuove utilities per nuove clienti: vendita, servizi e comunità energetiche rinnovabili”, «Con 5 GW di potenza installata, le comunità energetiche potrebbero generare una riduzione di CO2 di 1,35 milioni di tonnellate e un beneficio economico tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro».
L’analisi, presentata nel corso del 23esimo workshop dell’Osservatorio Utilities Agici-Accenture, analizza il ruolo e le potenzialità che lo sviluppo che le comunità energetiche potranno avere nel percorso di transizione energetica del Paese e dal working paper emerge come l’Italia, «Dove sono presenti 86 comunità energetiche – di cui solo 30 attualmente attive – sia in “ritardo” rispetto al resto d’Europa, che presenta già circa 9.000 comunità energetiche, con Germania e Danimarca pionieri nel settore».
Secondo l’analisi Agici-Accenture, «Per raggiungere i 5 GW di potenza installata, a fronte dei 60 MW attuali, all’Italia è richiesta un’accelerazione nella creazione e nello sviluppo delle comunità energetiche per adeguarsi alla Renewable Energy Directive della Commissione Europea, con l’obiettivo di raggiungere il 32% di consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. Questo comporterebbe un beneficio economico fino a 1,5 miliardi di euro e un risparmio di CO2 pari a 1,35 milioni di tonnellate».
Presentando l’indagine, Claudio Arcudi, responsabile dell’industry group energy e utility di Accenture in Europa, ha evidenziato che «In un contesto in cui la transizione verso forme di produzione e consumo più sostenibili è diventata una delle grandi priorità dei nostri giorni ed in presenza di importanti capitali messi a disposizione attraverso i fondi del PNRR e GSE, riteniamo che ci siano quattro i fattori che possono accelerare la strategia energetica del Paese, in un approccio sistemico. Si tratta delle comunità energetiche, delle Utilities, delle PMI e del digitale. Le comunità energetiche, infatti, possono permettere alle PMI del nostro territorio di collaborare per produrre, consumare e condividere con la comunità dove operano l’energia prodotta da fonti rinnovabili, attraverso uno o più impianti energetici installati nelle vicinanze. Nello stesso tempo, le comunità energetiche costituiscono un’importante opportunità per le Utilities, che hanno le capacità e le conoscenze necessarie ad indirizzare un approccio industriale in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano energetico nel nostro Paese e sono i player più adatti a realizzare e gestire il nuovo servizio. Abilitatore di questo modello sono le tecnologie digitali, che garantiscono la misurabilità delle performance e una gestione efficace di queste infrastrutture distribuite».
Marco Carta, amministratore delegato di Agici. Ha aggiunto: «Anche quest’anno lo studio condotto insieme ad Accenture, con cui siamo felici di rinnovare la nostra proficua collaborazione, ha voluto mettere a fuoco le principali tendenze e dinamiche in corso nel settore delle utilities. In questo senso, la scelta di volgere lo sguardo alle comunità energetiche è apparsa naturale per le enormi potenzialità che queste hanno nella transizione verso fonti rinnovabili, favorendo la partecipazione dei cittadini al sistema energetico».
Ecco una sintesi del working paper:
Il ruolo primario delle comunità energetiche in Italia nella transizione: benefici e opportunità del comparto
Le comunità energetiche rappresentano un nuovo paradigma per supportare la strategia di crescita di rinnovabili sul territorio nazionale e dunque favorire la transizione energetica, ma allo stato attuale l’opportunità non è ancora sfruttata appieno. I player energetici hanno già a portafoglio offering dedicate che coprono sia la fase di realizzazione che la fase di gestione delle comunità energetiche, ma possono rafforzare il proprio ruolo per favorirne la promozione e implementazione. In aggiunta ai modelli di business attuali, sfruttando le proprie competenze e risorse, potrebbero introdurre due nuovi modelli (industriale e a piattaforma) per uno sviluppo organico e scalabile sul territorio nazionale. Raggiungendo i 5GW di potenza installata (come da obiettivo previsto da normativa), le comunità energetiche potrebbero generare sulla base degli scenari Accenture una riduzione di CO2 pari a 1,35 M tonnellate e un beneficio economico tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro, , a fronte di un investimento previsto di circa 5-7 miliardi di euro.
La transizione verso forme di produzione e consumo più sostenibili è diventata una delle grandi priorità dei nostri giorni. L’affermarsi di una società low carbon ci pone davanti innumerevoli sfide e opportunità per il comparto energetico italiano e non solo.
La Commissione Europea con la «Renewable Energy Directive» si è posta come obiettivo il raggiungimento del 32% di consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. L’Italia si sta adeguando al contesto europeo per favorire lo sviluppo delle Comunità di Energia Rinnovabile (CER) e l’Autoconsumo Collettivo (AUC), prevedendo di concludere l’iter di recepimento entro il primo semestre 2023.
Quando si parla di comunità energetica si intende un’associazione di utenti, che siano enti pubblici locali, aziende, attività commerciali e/o cittadini privati, che collaborano per produrre, consumare, condividere e gestire l’energia prodotta da fonti rinnovabili attraverso uno o più impianti energetici installati nelle loro vicinanze.
I principali modelli di comunità energetica previsti dalla normativa sono: 1 Autoconsumo Collettivo (AUC), dove due o più clienti finali, residenti nello stesso condominio, producono energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo, immagazzinamento e rivendita. 2 Comunità Energetica Rinnovabile (CER) che coinvolge invece persone fisiche, autorità locali e PMI, unite con lo stesso obiettivo della forma precedente e che si costituiscono come soggetto giuridico basato sulla partecipazione aperta e volontaria degli iscritti. Gli obiettivi sono quelli di: Favorire la partecipazione attiva dei cittadini al sistema energetico: Promuovere la generazione distribuita e facilitare la transizione verso fonti rinnovabili; Ridurre la dipendenza degli utenti dal sistema elettrico nazionale.
Il Clean Energy for All Europeans package e la direttiva RED II, che disciplina e promuove l’autoconsumo collettivo (AUC) e le configurazioni di comunità energetiche rinnovabili (CER). Il suo recepimento rappresenta una forte spinta allo sviluppo delle rinnovabili per il raggiungimento dell’obiettivo del 32% di consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. Parliamo, però, ancora di un mercato di nicchia: attualmente in tutta l’UE si contano infatti solo 9.000 comunità energetiche.
Come modelli di riferimento europei sono stati studiati i mercati di Germania e Danimarca, perché all’avanguardia in questo ambito, e di Francia e Spagna, che risultano avere caratteristiche simili a quelle italiane, in termini di aggiornamento del quadro normativo e di comunità sviluppate. Dall’analisi del contesto europeo emergono alcuni elementi chiave per il successo e la scalabilità delle comunità energetiche: La normativa sulle comunità energetiche deve essere chiara e con regole di accesso ben definite, che possano incentivare il coinvolgimento dei cittadini anche grazie ai benefici economici disponibili; E’ indispensabile la proattività ed autonomia delle istituzioni locali; I player energetici devono partecipare come promotori e/o membri delle comunità energetiche per una diffusione strutturata e su larga scala.
L’Italia si sta adeguando alla normativa europea per favorire lo sviluppo delle comunità energetiche ed entro il primo semestre del 2023 dovrebbe completare l’iter di recepimento dei decreti attuativi, avviato nel febbraio 2020 con la promulgazione del Decreto Milleproroghe. L’ultima bozza di decreto attuativo pubblicato dal MASE è stata inviata alla Commissione Europea per approvazione a febbraio 2023. Tra i punti chiave, il decreto introduce le tipologie di incentivi economici per coloro che intendono avviare una comunità energetica e ne definisce le regole per l’accesso.
Gli incentivi disponibili in Italia sono principalmente indirizzati al finanziamento della fase di set-up legata all’installazione degli impianti e costituzione della comunità. Sono stati stanziati oltre 2,6 miliardi di euro per lo sviluppo delle comunità energetiche di cui circa 400 milioni di euro a livello regionale (80% dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale) e 2,2 miliardi di euro come contributo PNRR destinato a PA, famiglie e microimprese in comuni con meno di 5.000 abitanti a copertura di un massimo del 40% dei costi ammissibili.
In aggiunta il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) riconosce un incentivo a tariffa sull’autoconsumo virtuale pari a circa 110€/MWh. La scelta di destinare i fondi PNRR unicamente a comuni con meno di 5.000 abitanti solleva perplessità considerando i possibili impatti in termini di producibilità (circa 40% dei comuni sito in Piemonte e Lombardia) e di costi unitari degli impianti (taglia ridotta della singola comunità).
In Italia sono presenti ad oggi 86 comunità energetiche (65% ancora in fase di realizzazione), di cui 36 AUC e 50 CER per una potenza installata di circa 60MW. L’analisi identifica ad oggi 3 principali modelli di comunità energetica: Modello condominiale [AUC] è solitamente promosso dall’’amministratore di condominio e si rivolge agli inquilini del condominio stesso. In questo modello l’autoconsumo fisico riguarda prettamente gli spazi comuni, mentre l’energia delle famiglie del condominio è autoconsumata virtualmente. Un esempio di modello condominiale è l’AUC di Pinerolo (potenza di 20 kW) costituito da Acea Energia come parte del progetto Energheia che ha avviato diversi progetti AUC in Piemonte. Modello collettivo [CER] è solitamente promosso da cooperative o da cittadini e può includere utenti residenziali e/o PMI. La CER viene finanziata nella maggior parte dei casi con fondi pubblici e/o co-investimento dei partecipanti. Un esempio di modello collettivo è la CER di Ussaramanna promossa dalla Cooperativa Ènostra. La CER è composta da 61 soci fra cittadini e PMI che producono energia tramite due impianti fotovoltaici di 11kW e 60 kW. Modello municipale [CER] è solitamente promosso e finanziato dalla PA e si rivolge agli edifici comunali, ai cittadini e/o commercianti locali. Un esempio di modello municipale è la CER di Solisca (potenza di 46 kW) finanziata da Sorgenia e composta da 23 utenze residenziali, la Parrocchia e altre 7 utenze comunali.
In Italia la creazione di comunità energetiche è rallentata da roadblock normativi e dalla mancanza di uno stakeholder di riferimento in grado di promuovere l’aggregazione e gestire le comunità in modo strutturato. In particolar modo, le principali aree di miglioramento riguardano: 1 modalità di aggregazione bottom-up destrutturata. 2 un modello di set-up poco scalabile e non standardizzato. 3 un iter burocratico e operativo ancora troppo complesso sia per la fase di costituzione che nei rapporti con il GSE. 4 limitate competenze dei gestori. 5 limitata volontà di investire dei soggetti coinvolti. 6 scarsa disponibilità di impiantisti e materiali.
Complessivamente buona parte dei player utility italiani ha già sviluppato un’offerta in ambito AUC/CER offrendo non solo servizi di partnership tecnica (vendita, installazione e manutenzione), ma anche di supporto amministrativo/contrattuale e gestionale. Le utility potrebbero rafforzare il proprio ruolo chiave nella diffusione delle CER superando le criticità dei modelli esistenti sfruttando le proprie competenze e risorse: Competenze tecniche; Ampia rete commerciale; Competenze gestionali e amministrative di settore; Accesso ad un ecosistema di partner.
Nell’analisi vengono proposti due nuovi modelli (in aggiunta alle configurazioni esistenti) maggiormente scalabili, anche attraverso il ruolo più centrale delle utility per la promozione delle comunità e la governance delle attività amministrative e operative. Modello industriale [CER] promosso da un player energetico e rivolto con un offering dedicata a distretti industriali/manifatturieri o alla PA. Il finanziamento dell’impianto potrebbe essere a carico delle imprese partecipanti o del player energetico stesso. Un esempio di modello industriale è la CER di Crema (potenza di 2,1 MW) destinata a coprire il fabbisogno energetico di 15 aziende e 189 famiglie. Modello a piattaforma [CER] rivolto a cittadini e PMI e promosso e finanziato da un player energetico, che detiene la proprietà dell’impianto. Il modello prevede una fase di aggregazione automatizzata e digitale (anche post-costituzione) gestita dalla utility. Un esempio di modello a piattaforma è la CER spagnola TEK Athletic creata tramite la piattaforma Edinor, parte del gruppo Repsol (potenza di 120 kW) alla quale i cittadini possono aderire pagando una quota di iscrizione e un canone mensile.
L’analisi ipotizza 4 configurazioni di AUC e CER con caratteristiche differenti in termini di membri, potenza e consumi per verificare la sostenibilità economica delle comunità energetiche. In sintesi: L’installazione di rinnovabili richiede investimenti up-front consistenti, anche per impianti di piccola taglia (tra 55 e 205 mila euro di investimento). I player energetici possono essere facilitatori della creazione di CER fungendo da investitori e/o intermediari per il recupero di fondi da enti finanziari soprattutto a supporto dei cittadini (esempio modello a piattaforma). L’incentivo GSE per l’autoconsumo virtuale rappresenta una percentuale marginale sul totale dei guadagni di cui beneficia la comunità (non oltre il 15%). Le CER che coinvolgono oltre ai cittadini anche PA o PMI ottengono le performance migliori nel breve e lungo termine (payback period di circa 5 anni con un beneficio cumulato in 20 anni di oltre 300k euro per singola comunità), rispetto alle configurazioni di AUC confermando una maggiore scalabilità di modelli “industriali”.
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