59 a 41, è finita proprio come il più importante dei referendum che avevo fino ad oggi votato, quello sul divorzio del 1974, oggi come allora il mio voto si è sommato a quelli vincenti e anche ieri sono andato prima che potevo al seggio, per cautela estrema, pensando: "mettiamo mi capiti qualcosa che mi impedisca di votare..."
59 a 41 come allora; mi viene da pensare allo scrutinio, alle notizie che arrivavano, con la lentezza di quei tempi, sull'andamento dei conteggi a livello nazionale, in un'era in cui la definizione "Exit Pol" poteva far venire in mente solo l'uscita delle galline.
Mi sono ricordato la lentezza con cui sbiadivano le preoccupazioni, la progressività con cui si costruiva la fondata speranza prima, fino alla terminale certezza, dell'aver avuto ragione, e di essere in una insperatamente numerosa compagnia , 59 a 41.
E mi sono ricordato l'allegria crescente con le buone notizie che arrivavano da Livorno, Firenze, Roma ... perché il Partito all'epoca, non era luogo d'incontro per per pochi, ma una macchina umana molto ben organizzata e batteva sempre sul tempo e di parecchio il Viminale.
Mi ricordo quelle stanze piene di gente curiosa e vociante, davanti ai tabelloni scritti a mano, l'odore amaro del fumo delle Nazionali e delle M.S. che gravava come una cappa.
E mi ricordo l'esplosione della gioia, le puntate dal Castagnaccio, o altrove si mescesse il vino, per levare nei brindisi, con i cuori, in alto i "topini".
Scorrettezze? Anche allora ve ne furono, di una fui testimone, quando "Spirito" (figlio, da noi i soprannomi si ereditano) alzò il telefono della sezione: "Pronto... Donna Francesca Ratti?" e appena avuto risposta affermativa indirizzò all'interlocutrice una micidiale pernacchia, per riagganciare subito dopo la cornetta. E come per giustificarsi, visto che forse lo guardavo interdetto: "E' Checchina (una delle più ferventi attiviste democristiane NDR) - disse - la mi' zia!". Il referendum allora come ora divideva le famiglie.
Niente di tutto ciò questa volta quel 59 a 41 me l'ha sparato la TV pochi secondi dopo che in tutta Italia si erano chiuse le operazioni di voto, erano previsioni elaborate da interviste alle galline-eletttrici appena uscite dai seggi, ma che nel giro di pochi altri minuti si rilevavano singolarmente esatte, come milioni di italiani assistevo ad un evento storico nella rassicurante quiete di un appartamento, senza fumo di sigarette da pochi soldi, senza vocìo, senza topini di vino, senza pernacchie a qualche zia perdente, senza allegria da vittoria.
Ma mi son ritrovato a pensare che forse era meglio così, che forse stavolta non c'era da essere allegri. Quella volta, nel 74, l'Italia respingeva un tentativo oscurantista di ricacciarla indietro, ma da quel 59 a 41 partiva una lotta verso la modernizzazione, verso nuove conquiste, per l'affermazione dei diritti della persona, era insomma una vittoria all'attacco e bagnata d'ottimismo.
Questo -importantissimo - 59 a 41 mi sembra più una vittoria in difesa, e quel che è peggio, poco potenzialmente foriera di spinte verso la creazione di nuove alleanze, di opportunità di sviluppo di una dialettica democratica.
Questo referendum - e spero di sbagliarmi - ha creato fossati di cinta delle forze politiche e fossatelli interni ad esse. Ed il peggio è che si sono scavati fossati anche tra la laica civile società e tra le stesse singole persone. Questo paese esce politicamente stremato dalla più inutilmente lunga, pervicacemente cattiva, inaccettabilmente intollerante campagna elettorale della storia repubblicana.
Non sto qui - cari lettori - tanto ad elucubrare sul quadro politico nazionale (non ho le capacità per misurarmi con le "alte strategie") e sul quale mi limito ad osservare: quello che doveva essere un pacifico confronto è diventato una specie di guerra civile a parole, e dopo le guerre civili occorre una pacificazione e l'unità, almeno delle persone di buona volontà.
Mi preoccupa più la ricaduta sul quotidiano, mio e di tante altre persone, delle ferite che lascia, delle divisioni, dei conti sospesi, del guardarsi in cagnesco anche quando non ce ne sarebbe affatto bisogno.
Leggo già, con amarezza, l'amarezza di persone "del 41%" che magari stimo pure.
E non ho una ricetta per questo 5 Dicembre che è ormai sorto, mi viene solo in mente di "copiare" i bambini che talvolta sono degli straordinari depositari di saggezza.
I bambini hanno una loro maniera di superare gli ostacoli che loro pone la realtà, i bambini risolvono talvolta dicendo: "Facciamo finta che..." e tutto torna.
Bene, visto che la Costituzione è quella di sempre, che (dal mio punto di vista per fortuna) in fondo "non è accaduto niente", o almeno niente di irreparabile, facciamo finta che questi ultimi mesi siano stati una fastidiosa indisposizione, un forzato "riposo" punteggiato da pessimi sogni, e rimettiamoci a lavorare, per costruire ponti - come dice Francesco - non muri.