Ci vuole un talento speciale per lavorare ed essere lieve con chi si misura con uno dei momenti pesanti della vita, come la definitiva separazione da un congiunto, da una persona che ti ha accompagnato per un tratto del tuo esistere, ce ne vuole per muoversi in punta di piedi, dimostrando discrezione, rispetto e affetto verso chi soffre. Paolo ne era dotato, e faceva il suo difficile mestiere declinando la sua indole di buono, senza facce contrite di circostanza, facendoti capire che lui c'era, che su di lui potevi contare.
La folla di elbani che nel pomeriggio di mercoledì 21 Dicembre ha riempito la Chiesa di San Giuseppe e l'antistante piazzale era in grande parte costituita da debitori di quella attenta leggerezza. Un tentativo di restituirgli in massa quella solidarietà che infinite volte aveva speso con le singole persone, mista a quell'incredulità che sempre accompagna il "funere mersit acerbo", la innaturale improvvisa interruzione di una vita, prima, molto prima di iniziare ad invecchiare.
Cinque parroci a concelebrare la Messa, le dita abili di Rossella a trarre musica, la voce di Cristina, e la gente dell'Elba, tanta, in corteo fino al Cimitero della Misericordia, Paolo non se lo aspettava certamente, che uno dei più imponenti funerali compattati in questa comunità, a cui sarebbe stato presente, sarebbe stato proprio il suo.
La vita, mi viene da pensare è farcita di "chi lo avrebbe detto", il nastro della memoria come le bobine di un vecchio film mi ritorna indietro vorticosamente, e mi ritrovo sulle scale che portano a casa di Antonella, una delle prime volte che le salgo "da fidanzato", sul pianerottolo ci sono due bimbi biondi che almanaccano con dei giochini, uno mi guarda con aria mista di curiosità, sospetto e sfida, un muto "e te chi sei?", io invece, divertito da quella gnignetta, glielo esplicito: "E te chi saresti?", fosse più grande direi "O te che pescio sei?".
Ma l'uscita di Diana, la madre dei frugoli che li ghermisce, scusandosi - non so di cosa - nel suo italiano venato di inglese - e li riconduce oltre la sua porta, interrompe il contatto.
Chi lo avrebbe detto che quel soldo di cacio sarebbe diventato l'omone che, una quarantina di anni dopo, mi avrebbe appoggiato una mano sulla spalla, come a dire (in ferajese) "Vai, ci pensamo noi"?
E chi lo avrebbe detto che sovvertendo la probabilistica cronologia mi sarei trovato io ad assistere alle sue esequie?
Un Lorenzo De Medici rivisitato in una canzonetta diceva: "Sotto il sole/ sotto la luna/ non v'è certezza/ non v'è certezza alcuna", è suggestivo, ma non è sempre vero.
Ad esempio - caro Paolo - tutta la gente che si è radunata alla Sghinghetta rende certi del tuo essere utile ad una intera cittadinanza, certi che in tanti ti hanno apprezzato, sicuri che moltissimi ti hanno voluto e ti vogliono bene, non è poco
Ciao