"Nostra Patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà, ed un pensiero, ribelle in cor ci sta".
La voce baritonale, straordinariamente potente, anarchica ma autodisciplinata, raffinatissima, la voce-strumento di Alessandro Danelli, dovremo cercarla nelle sue incisioni, nei suoi pezzi con "Les Anarchistes", non ci trasmetterà mai più l'emozione di sentirla dal vivo; si è spenta per sempre in un'Isola caciarona affogata nelle cacofonie agostane. Un incidente banale e tragico ce l'ha rubata.
Il pensar-cantando libertario ha perso uno dei suoi più importanti interpreti: il cittadino del mondo Alessandro, che a questo sputo di terra in mezzo al mare era legato a doppio filo, uno scoglio nel quale tantissime volte era salito su un palco, anche come generoso e improvvisato ospite, chiamato da altri "fratelli" in musica che gli volevano bene, perché era impossibile non volergliene, o sommando la sua voce colta a quelle più sguaiate di amici e compagni, in infinite notti trascorse sotto le stelle a vagheggiare un mondo più giusto, più equo, più solidale, vissuto nel rispetto dell'unica religione che pareva sensata: quella della natura.
Caro Alessandro, anche tu, come altri grandi cultori dell'arte musicale dei popoli, come amici veri che avevamo in comune (Nicola Toscano, Caterina Bueno) sei volato via nel vento prima del tuo tempo, e "muor giovane colui che al cielo è caro" è proprio una paludata, altisonante stronzata, non ci consola neanche un po'.
Sarà impossibile dimenticare chi sei stato.
Onorato di essere tuo amico
sergio