E’ la mattina del cinque giugno scorso, un giornata dal tempo un po’ strano, con colonne di pioggia che precipitano da nuvole in corsa col vento e che hanno appena bagnato il Monte Perone. Il sole è riapparso e sto ripercorrendo un sentiero sui pendii dell’Elba Sudoccidentale, sul quale a breve dovrei portare un gruppo di escursionisti. Cammino a passo veloce tra un tripudio di farfalle, moltissime Cleopatra (Gonepteryx Cleopatra) e ancor più numerose Corinne Elbane (Coenonympha corinna/elbana), dispiaciuto dal dovere andare di fretta e non avere tempo per documentare tanta abbondanza di lepidotteri, impegnato a non calpestare quei piccoli frammenti di colore che mi danzano tra i piedi. Per il clima che ha avuto una rinfrescata tante crisalidi si devono essere schiuse facendo nascere molte farfalle. Improvvisamente con la coda dell’occhio vedo una macchia di colore, un’altra farfalla più grossa e colorata che non avevo mai visto, se non forse in foto. L’insetto si posa su di un arbusto e mi concede qualche attimo per scattare una serie di immagini. Appoggio la macchina sul bastoncino da trekking per evitare micromovimenti e ritraggo il colorato esemplare, finché, in un battito d’ali, vola via. Contento dei miei scatti continuo l’escursione esplorativa, sapendo di aver ritratto qualcosa di raro. Altre volte ero stato meno pronto o fortunato … come quando una ventina di anni or sono alla guida di una scolaresca, lungo l’allora sentiero n. 3 all’altezza del Fosso della Pente di Cuiello vidi in cima ad un leccio, inconfondibili, i colori e le macchie a forma di occhio della Vanessa Io (Aglais io): non feci a tempo a tirar fuori la macchina fotografica e la farfalla era scomparsa. Sempre insieme ad una gita di ragazzi nei pressi della Chiesa di San Giovanni ritrassi la Zerynthia Cassandra che poi l’appassionata Ornella Casnati avrebbe più accuratamente documentato: concentrato sugli studenti che stavo accompagnando non avevo messo bene a fuoco il soggetto e l’immagine era risultata sfocata. Meglio era andata invece all’Orto di Santa Caterina mentre ero dedito alla cura delle piante dell’Orto Botanico, quando nel 1998 riuscii a documentare con un buon scatto la Pafia (Argynnis pafia) su di un fiore di Topinambur …
Ritornato a casa confronto lo scatto effettuato col libro “Le farfalle dell’Arcipelago Toscano” (di O.Casnati e L.Dapporto, collana i quaderni del Parco, edito dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano), al capitolo “Chi le ha viste?”, con i lepidotteri segnalati e da tempo non più visti, e mi rendo conto di aver ritratto la Nymphalis polychloros o vanessa multicolore, colorata farfalla segnalata per l’Elba e da circa un secolo non più documentata. Era infatti il 1916, Albert Einstein aveva da poco pubblicato la Teoria della Relatività e il Barone Rosso volava sui campi, purtroppo, di battaglia, quando l’appassionato ricercatore Orazio Querci, collaborando con l’entomologo Roger Verity documentava per la seconda volta la presenza della Vanessa multicolore all’Isola d’Elba. Roger o meglio Ruggero Verity, medico fiorentino figlio di un nobile inglese e grandissimo ricercatore nel campo dei lepidotteri, era già in possesso di un esemplare della colorata vanessa. Il campione era stato raccolto precedentemente e consegnato dal noto naturalista elbano Giacomo Damiani, uno dei più importanti studiosi della natura all’Isola d’Elba che allora si muoveva con perizia in tutti i campi dell’osservazione naturalistica e che collaborava con l’importante ricercatore. Quando Verity giunse all’Elba nel Luglio del 1908 fu quindi il Damiani, insieme al nipote, a fargli da guida nell’esplorazione dell’isola. Damiani aveva poi continuato a raccogliere in tutte le stagioni campioni di lepidotteri fornendo preziosi dati ed esemplari per la collezione del ricercatore fiorentino.
Antonello Marchese (Guida Ambientale e Fotografo Naturalistico)