Tra le copertine in vista in queste settimane sugli scaffali e le vetrine delle librerie ce n’è una che è difficile non notare. C‘è il disegno a tutta pagina di una donna affascinante, dallo sguardo intenso e misterioso, sulla fronte un rubino incastonato in un gioiello a forma di sole, un velo con foglie verdi in testa, i riccioli rossi che scendono sulle spalle, un seno nudo. In rilievo bianco al centro il nome dell’autore, Dario Fo, in nero, più in piccolo, il titolo del libro, La figlia del papa.
Che si tratti della storia di Lucrezia Borgia molti lo intuiscono subito, conoscendone la storia o l’immagine, altri lo scoprono dalla quarta di copertina che sintetizza al meglio ciò che il libro contiene: “In tutte le storie famose, come quelle dei Borgia, si trovano sempre nuove vesrioni del dramma. Nella maggior parte dei casi, però, si scopre un intento deformante, soprattutto da un punto di vista storico. Personalmente non ho fatto altro che ricercare la verità”.
“Una vittima da immolare ogni volta”
Ogni libro ha una genesi originale, che forse meriterebbe sempre di essere raccontata come l’episodio generatore, quella scintilla improvvisa e casuale che dà vita al lavoro dello scrittore. In questo caso Fo è partito dall’assistere a una serie televisiva ben costruita che riprendeva per l’ennesima volta la storia della famiglia Borgia negli anni a cavallo del 1500, densa di tutti gli ingredienti utili a un racconto capace di appassionare: saga familiare, intrighi, amori, omicidi, guerre di potere, comportamenti politici, sociali, sessuali senza limiti.
Dopo aver notato che la protagonista femminile era stata scelta, fin dall’infanzia, come “vittima da immolare ogni volta”, l’autore si è tuffato, insieme ad alcuni collaboratori, nella ricerca bibliografica e storica per portare alla luce punti di vista ben differenti dalle leggende e dagli stereotipi costruiti intorno a questa donna fin da quand’era in vita: quelli calunniosi corrispondenti a una donna corrotta e senza scrupoli prima, quelli ricreati nei secoli successivi dalla fantasia di scrittori, drammaturghi e cineasti sul modello della femme fatale poi.
Dario Fo, che si rifà a studi più recenti e più interessati alla verità storica, riscrive la storia e il personaggio di Lucrezia nella forma-racconto che predilige, quella in cui si mescolano stili e linguaggi d’epoca con quelli contemporanei, la voce narrante con i dialoghi, il saggio storico con il romanzo. Oltre alle parole, parlano i disegni dello stesso Fo (la stessa Lucrezia in copertina è sua) e riemergono a più riprese le tracce del teatro e dei teatranti di quel periodo, acuti testimoni critici di ciò che vedono nella società. Il tutto con qualche riferimento ora più ora meno evidente a temi universali, presenti nella società di oggi come in quelle del passato.
Uno zio che diventa padre
La protagonista della storia scopre a undici anni che quel cardinale spagnolo Rodrigo Borgia che fin lì credeva suo zio è invece padre suo e dei suoi fratelli. Alla vigilia della sua elezione al papato, come Alessandro VI, Rodrigo svela la verità ai figli e al pubblico per evitare che poi lo facciano altri. Solo due anni dopo la tredicenne Lucrezia viene data in sposa, per interessi politici e dinastici, al ventiseienne Giovanni Sforza. Ma quando ne ha diciotto gli interessi familiari cambiano e Giovanni, che della giovane si è innamorato, viene convinto con le peggiori minacce a dichiararsi impotente e farsi da parte. Tocca ad Alfonso d’Aragona, di cui Lucrezia si innamora e a cui dà un figlio. Ma quattro anni dopo i Borgia padre e figlio (Cesare, il “Duca di Valentino”) cambiano nuovamente parere e destinazione di Lucrezia, eliminano il secondo marito e spediscono Lucrezia a Ferrara dagli Estensi. Ecco la giovane donna “vittima da immolare” di cui Fo prende le difese, in nome della verità storica, ricostruendo l’origine delle calunnie sui rapporti incestuosi con padre e fratello, seguendo le tracce di un percorso di donna sempre più cosciente, intelligente, colta.
Una donna sensibile, colta, responsabile
La Lucrezia che conosciamo dalle pagine di Fo è donna capace di amare e vivere con intensità e sincerità e di affrontare le situazioni personali, culturali, politiche più difficili e intricate. Sa assumersi direttamente responsabilità e incarichi diplomatici e di governo, per il Vaticano prima, per il Ducato di Ferrara poi, sceglie di difendere in prima persona, come un abile e convinto avvocato, i deboli dalle ingiustizie, organizza personalmente la difesa delle mura di Ferrara, crea una sorta di Banca etica ante litteram combattendo l’usura. La Lucrezia Borgia che non ti aspetti e che contraddice tutti gli stereotipi, conclude a 39 anni il suo breve e intenso percorso di vita dopo aver fatto suoi i pensieri e gli insegnamenti di San Bernardino e Santa Caterina da Siena.
Anche questa volta la scrittura creativa e immaginifica di Fo è densa di passione; si sente, leggendola, l’eco della sua voce e della sua affabulazione originale, la tensione del suo teatro politico e civile. E da queste pagine, insieme alla denuncia degli eterni vizi e giochi di potere, traspirano l’aspirazione a un mondo più giusto e rispettoso dei diritti dei più deboli e l’ammirazione per quelle donne, come Lucrezia Borgia e sua cognata Isabella d’Este, che hanno saputo guardare al di là delle convenzioni e del loro tempo.
Dario Fo, La figlia del Papa, Chiarelettere, pp. 190, euro 13,90
Luciano Minerva http://www.elbadipaul.it/