A pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, proponiamo un viaggio a ritroso nel tempo, per non dimenticare………
Uno dei primi problemi del post unità d’Italia avvenuta nel 1861, fino ad allora suddivisa in Stati Regni Ducati e Granducati, fu quello dell’istruzione nella scuola dell’obbligo.
In particolare sui metodi di insegnamento e di educazione dei Maestri di scuola elementare che erano improntati in una chiara e definita maniera.
Quei metodi con cui veniva insegnata la disciplina oggi farebbero rabbrividire animi sensibili e rigonfiare tasche di avvocati a cui di sicuro numerosi genitori si rivolgerebbero per far rivalere veri o presunti abusi/soprusi inflitti ai propri eredi.
I suddetti metodi furono addirittura esasperati per circa un ventennio dal clima di regime in cui si viveva ma non coglievano impreparati del tutto gli alunni.
Esisteva un comune senso di ribellione da parte degli scolari verso questi metodi repressivi che a grandi linee così riassumiamo: “in ginocchio sui ceci o sul sale, dietro la lavagna, bacchettate sulle mani e fino alla fine del XIX secolo anche in capo con la bacchetta più lunga e spessa che a regola serviva per indicare sulla carta geografica”.
Le femminucce generalmente si astenevano dal manifestare il proprio dissenso.
I maschietti alcuni di loro indisciplinati invece avevano un’indole rivoluzionaria a cui davano sfogo piuttosto di frequente.
Ancora lontana la scoperta della cerbottana, da far risalire all’introduzione in Italia della penna a sfera con l’involucro in plastica avvenuta a Firenze nel 1948 ma che trovò largo uso nei banchi di scuola e nella scrittura popolare non prima della fine degli anni ’50, la rimostranza silenziosa dell’alunno avveniva da sempre in un inequivocabile modo: “l’estrazione della caccola” .
Tanto più grossi erano i torti subiti da parte degli inflessibili tutori dell’istruzione ordine disciplina, tanto più numerosi erano i S.A.S. (scaccolamenti a spregio).
Le narici degli scolari al mattino erano pregne a volontà avendo essi trascorso l’antecedente pomeriggio a giocare nei campi o nelle strade polverose fino all’imbrunire.
La ripulitura serale del naso veniva accuratamente evitata dagli alunni di sesso maschile dovendo essi giungere sul posto di battaglia il giorno successivo con l’arsenale ben fornito.
L’estrazione della caccola era tutt’altro che lenta e laboriosa.
Era altissimo il rischio di venire scoperti e le repressioni non erano uno scherzo.
Così come narrava Tito Livio, un bambino di nome Muzio Scevola il cui vero nome era Muzio Cordo (Caius Mucius Scævola;
524 a.C. – 480 a.C. circa) perse la mano destra dietro tremendo atto di punizione inflittogli per essere stato colto in fallo con le dita nel naso.
Dall’anno MDCCCLXI più che la repressione inasprita del docente a spaventare l’alunno erano le conseguenti e inasprite prese di culo dei compagni.
La mera operazione di estrazione avveniva senza l’ausilio di strumenti esterni e prevalentemente con l’indice o con il mignolo di entrambi le mani.
L’utilizzo sapiente del mignolo faceva elevare in modo esponenziale la percentuale di infallibilità dei S.A.S.
Per i più fantasiosi ed estrosi non era eccezionale l’uso della mano non dominante rivolta alla rovescia con le dita preposte ad una escavazione dal basso verso l’alto.
In realtà anche soltanto la mimica dell’utilizzo di questa tecnica metteva la classe in stato di allerta in quanto potenziale preludio ai temutissimi L.I.T. (Launch Instant Traitor) a cui fortunatamente sporadici temerari facevano ricorso.
I più bravi ed esperti arpionavano a colpo sicuro, si lasciavano crescere le unghie del mignoletto della lunghezza giusta (“cucchiaino”) con lo scopo di semplificare ed ottimizzare la cattura delle caccole tutte, incluse quelle altrimenti irraggiungibili.
Tale artifizio di norma veniva esteso all’asportazione del cerume dalle orecchie e per i grattini, non per la rimozione delle cispie, guai.
La caccola doveva essere estratta integra e con un tentativo solo.
Ai fini della rilevazione statistica tra gli alunni non erano ammesse ricostruzioni/ricomposizioni.
Un esemplare piccolo aveva le dimensioni di un chicco di pomodoro “piccadilly” ed a grandi linee era gommoso.
Un esemplare medio aveva le dimensioni di un nocciolo bianco di cocomero e generalmente era duro e friabile, raffreddore escluso.
Un esemplare grande aveva le dimensioni di un nocciolo nero di cocomero idem come sopra.
Gli esemplari più ambiti dai giovani esploratori di narici erano però multiforma e multistrato, ad un primo tratto secco e duro seguiva una striscia di moccio (muco è un termine che pare meno appropriato) meglio se giallino filamentoso denso ed il tutto era grande circa come una lumaca di mare sgusciata.
L’eventuale pelo rimastoci impigliato costituiva in alcuni casi il cessare delle ostilità, suonava come un deponete le armi agli avversari e sanciva la solennità dell’evento, era la bandiera di Iwo Jima della situazione.
Il fortunato col dito rigorosamente a mezz’aria baldanzoso enfatizzava alla francese “Vualà” ed era restio a riporre immediatamente il trofeo, lo guardava e riguardava compiaciuto per più tempo possibile consapevole che quello era il suo giorno da leone e andava gustato fino in fondo perché il prossimo non è detto che ci sarebbe stato e casomai chissà quando.
Nelle casistiche in cui veniva battuto il record di classe di “cacula vĭrīlis” (caccola virile) il nuovo primatista veniva portato in trionfo dai compagni a ricreazione, oppure il giorno dopo se il record veniva stabilito nella seconda metà della mattinata e lo scalzato recordman in segno di rispetto gli cedeva la colazione e/o merendina.
Non erano ammessi e tollerati (pena radiazione da ogni attività ricreativa) atti di belligeranza e/o gemellaggi/coalizioni con altre aule, il CDC “Concistoro Della Caccola” era circoscritto ad una classe soltanto.
E’ superfluo rilevare che al termine delle operazioni i souvenir di ogni forma e dimensione non venivano incartatati in un fazzoletto o pezzo di carta e gettati nel cestino ma appiccicati sotto il banco.
Un segno tangibile da lasciare ai posteri, il nome dell’alunno figurava in calce sul banco stesso a volte inciso a volte no.
Nei frequenti casi di esemplare di caccola piccola irrisoria, misera in modo palese e dunque non di gradimento da parte dello sventurato/incapace estrattore, un complesso ragionamento era necessario per risolvere l’amletico dilemma “la tengo o non la tengo”.
Quando prevaleva la seconda ipotesi la caccola veniva classificata con il codice T.R.O.I.A.I.O. (Troppo Ridicola Orbene Io Adesso Imboscare Oggetto) e “per non lasciare compromettenti prove e/o seppellire l’onta della vergogna” la caccola se friabile veniva polverizzata col lo strofinio delle dita pollice indice medio ma poteva anche venire mangiata (con il codice mantenuto invariato, Imboscare….oplà….si trasformava in Ingerire) dall’estrattore medesimo però non necessariamente di nascosto, il rito veniva consumato tra l’ilarità generale ma eventualmente anche dallo sgomento di qualche leggiadra fanciulla non ancora vaccinata e per questo disgustata dalla scena (ohibò).
Dalla seconda metà del XX secolo e fino ad arrivare ai giorni nostri sotto i banchi di scuola le caccole vennero sempre più gradualmente rimpiazzate dai chewing
gum, più volgarmente detta gomma da masticare o cilingomma, importata dagli americani nel corso dell’ultimo conflitto mondiale scoppiato nel 1939 con la Germania che invase la Polonia anche se gli Stati Uniti entrarono in guerra nel 1941 a seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbour nelle isole Hawaii (location dove più tardi ci girarono la famosa serie Magnum P.I.) e misero piede per la prima volta in Italia nel 1943 in Sicilia con lo sbarco denominato in codice “operazione Husky”, la guerra poi terminò nel 1945 con gli americani che spanarono la tubiera alle potenze dell’Asse (detto anche "Asse Roma-Berlino-Tokyo") da cui gozzovigliano ancora oggi, basti guardare sull’Aurelia per esempio “Camp Darby” vicino Tirrenia in provincia di Pisa (già “Repubblica Marinara” dall'XI al XV secolo).
Mentre la rimozione di una caccola stagionata ad inizio anno in caso di cambio di banco era ormai diventata un’operazione di routine, quella del chewing
gum era sfiancante ed alla lunga quasi impossibile.
Trattandosi di battaglie perse in partenza loquaci moccoli rimbombavano nei corridoi ispirati da 2 (due) correnti di pensiero strettamente collegate tra loro, le quali a loro volta accomunavano intere generazioni del dopoguerra: “maledetti yankee” e “ma saranno state belle le caccole d’una volta”.
Quest’ultima poteva sfumare in un amarcord familiare in “belle le caccole del mi nonno” che se esclamato troppo ad alta voce nei casi estremi scatenava autentiche tragedie nei trovatelli che con la lacrima grondante fin sulle labbra sussurravano singhiozzanti “sì, a trovalle…..”
Allorché qualche leggiadra fanciulla (ancora…..) stavolta però impietosita gli si faceva incontro e carezzandogli il ceppicone gli bisbigliava all’orecchio chissà quali parole il cui senso però è presumibilmente riassumibile in: “vieni, vieni con me poverino che ti consolo io……”
Michele Melis