Silvia ha poco più di 40 anni. Dopo gli studi classici, a 19 anni comincia l’avventura con i libri. Da collaboratrice a dipendente, poi in società, ora è proprietaria unica de “Il Libraio”, la libreria del lungomare-Calata Mazzini di Portoferraio. Che tutti conoscono, anche i turisti che quotidianamente transitano nella splendida Darsena medicea. Un luogo speciale che da qualche tempo è molto più di una tradizionale libreria. E’ un punto culturale, sia d’inverno che d’estate, un riferimento imprescindibile per chi vuole vivere la cultura.
Sotto i portici de Il Libraio, d'estate, e al caldo tra i libri, d'inverno, si alternano presentazioni di libri e incontri con gli autori, esposizioni d’arte e mostre di pittura, eventi che coinvolgono la lettura e l’esecuzione di brani musicali da parte di giovani musicisti esperti, laboratori di animazione per bambini.
“Diventare un punto culturale – dice - è un investimento nel tempo, i frutti non sono immediati anche se lo sono dal punto di vista morale. E’ nata una rete di persone che collabora e che poi è anche cliente. Questo è un tempo in cui per andare avanti occorre unirsi”. Sta qui il vero punto di forza di questa realtà: la scommessa sulle relazioni.
La sfida è partita dopo le trasformazioni societarie. Spiega: “L’unica cosa che so fare è il libraio. Certo con i libri nessuno può diventare ricco e specie negli ultimi anni si sperimenta una certa fatica. La scelta di passare da tre soci ad uno potrebbe rivelarsi una scelta vincente perché ha permesso di dare un assetto più unitario. Ora la libreria è parte della mia casa e ho portato dentro la mia famiglia, che è valore aggiunto anche in termini di energie e di tempo”.
Silvia ha scelto il rischio personale, che affronta con un margine di sicurezza per la famiglia, di due figli (a cui tiene moltissimo) grazie all’autonomia rappresentata dal marito Michele, stimato veterinario.
“E’ bello vedere quante persone si coinvolgono, suggerendo iniziative e offrendo aiuto. Volentieri concedo gratuitamente lo spazio per le esposizioni, a quegli artisti, talvolta pensionati, che non possono permettersi costi per sale espositive”.
Le chiediamo una valutazione sulla partecipazione agli eventi culturali a Portoferraio. “C’è poca abitudine – dice – a prendervi parte. Forse anche per pigrizia: prepararsi, uscire di casa, venire in centro. Gradualmente, però, qualcosa si muove. Per esempio, è partito il progetto “Ascoltiamoci”: un momento mensile di lettura di un libro, scelto dai partecipanti, del quale vengono evidenziati gli aspetti psicologici. Ogni mese un libro. Il gruppo è partito con quattro persone ora si ritrovano in quindici”.
Fra coloro che all’Elba “esercitano” un’arte (scrivere, dipingere, suonare), invece, nota una sorta di autoemarginazione, una ritrosia ad affrontare il pubblico: “bisogna trovare il coraggio di fare il passo, vincendo la paura di essere inferiore, di non essere all’altezza, di essere giudicati negativamente dagli altri. Queste persone, e ci sono, hanno bisogno di essere stimolate, di qualcuno che li inviti a mostrarsi. E allora riescono a dire di sì, a proporre qualcosa di bello e poi… restano soddisfatti”.
Tra le attività in programma, ogni mese sarà possibile assistere a concerti di musica classica eseguiti da giovani musicisti elbani, i quali “hanno diritto di farsi conoscere”. Si tratta di un contributo al protagonismo dei giovani. Sì, perché non è facile coinvolgerli, e su questo Silvia è disposta a valutare proposte.
Così, fra il costo dell’affitto e gli stranieri che sfogliano la stampa internazionale, fra prenotazioni e ricerca di libri con la disponibilità dei dipendenti (una part time annuale e una semestrale), la cultura si muove in questo accogliente angolo di natura.
Tutto nella libertà: d’impresa, di rischio, di indipendenza dai grandi editori e dagli affermati marchi.
E anche se la stanchezza non manca, Silvia ci tiene a dire che “la parte più bella è lavorare in mezzo alla cultura”.
A noi non resta da dire altro che, quando c’è aria di crisi, esiste chi genera valore, anziché scommettere sullo sfascio della società o restare a guardare o, peggio, a polemizzare (pratica amplificata dagli utili social network). Essere capaci di generare qualcosa di nuovo ed utile vuol dire decidersi per qualcosa che vale, a cui si crede e che si desidera realizzare, perché se ne sente la mancanza. E per questo valore, ritenuto importante per tutti perché accresce la vita, si è disposti a mettersi in gioco.
E qui non appare casuale che il motto riportato sui segnalibro-regalo sia una significativa frase di Daniel Pennac: “Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”.
(pubblicato dal settimanale Toscana Oggi del 19 ottobre 2014)