C’è all’Elba un luogo sconosciuto ai più, che meriterebbe di essere degnamente valorizzato. Per arrivarci vi è un sentierino innominato, senza alcuna classificazione nelle cartografie. Al limite settentrionale della pineta del Monte Perone, in località «Le Bocche», si trova un imponente sito per l’estrazione di minerale contenente ossidi di ferro inseriti in ocra rossa e gialla, insieme a minerali di rame come cuprite, calcopirite, malachite e limonite. In tutta la zona si scorgono piccole voragini artificiali scavate nella roccia; al loro interno è possibile intravedere i mille colori dei minerali cupriferi, dal giallo della limonite al bluastro della malachite. Il toponimo «Le Bocche», già presente nel XVII secolo, si riferiva forse proprio a queste cavità sotterranee. Secondo una concorde tradizione orale, il minerale vi veniva estratto già in antico – c’è chi ipotizza addirittura un’utilizzazione in epoca etrusca – tramite un esteso scavo a cielo aperto dalla forma di mezzaluna, che fu poi ampliato nel 1913 dalla società «Ilva». Alle estremità della mezzaluna sono ben visibili due pianori terrosi provocati dall’accumulo del materiale di scavo. Ma la particolarità di questo sito estrattivo è costituita dalla miniera che s’inoltra perpendicolarmente nelle rocce del pendio al di sotto dell’antico scavo, per una lunghezza di 38 metri. L’escavazione della miniera, posta a 540 metri di altitudine e permessa da finanziamenti governativi, iniziò nel 1925; dal Monte Perone, tramite apposite tubazioni, venne fatta arrivare l’acqua necessaria al raffreddamento dei macchinari preposti alla ricerca del minerale ferroso. I lavori si protrassero sino al 1928, sotto la direzione del capo operaio Omero Mazzarri. Oggi sono ancora visibili i puntelli di castagno che servivano a sostenere la galleria, sopra la quale si apriva un pozzetto esplorativo scavato nel 1913. Il minerale estratto sarebbe poi stato trasportato verso il mare tramite una teleferica fortunatamente mai realizzata, poiché ci si rese conto ben presto che la quantità di minerale ferroso non era tale da giustificare una simile impresa. Ma è da una cartella d’archivio intitolata «Miniere e ricerche fuori zona (Elba) dal 1926 al 1943» che abbiamo ulteriori dettagli: «Nell’anno 1913, a cura della Società Elba vi furono eseguite delle ricerche seguendo un antico pozzetto e tracciando in fondo ad esso, a pochi metri di profondità, una breve galleria (…). Tali lavori però, indipendentemente dall’esito avuto, furono presto abbandonati senza che si sia potuto nulla concludere sulla natura e sulla importanza del giacimento.» I lavori furono poi ripresi nel 1925: «A Monte Perone fu continuato, con grandi difficoltà, attraverso una roccia durissima e fessurata, il foro di trivella che l’attuale Società Concessionaria iniziò nel 1925 in prossimità del pozzetto di ricerca eseguito dalla Società Elba, allo scopo di esplorare una zona di antichi lavori ivi esistenti. Durante il 1926 la trivellazione sopraindicata è stata approfondita da m 15 fino a m 30, ma nessuna traccia di mineralizzazione è stata con essa riscontrata (…).» Nel 1927 la galleria della miniera «fu portata da 15 a 36 metri, sempre attraverso la nota roccia ofiolitica durissima e fessurata. (…) Alla ricerca furono impiegati due operai e 412 giornate. È da notare il fatto che in questa località la ripresa dei lavori (…) fu incoraggiata dalle grandi perturbazioni dell’ago magnetico che si osservano in luogo, le quali furono dapprima attribuite a qualche importante concentrazione di minerale. Ulteriori osservazioni invece hanno fatto constatare che tali perturbazioni provengono dalla roccia ofiolitica stessa che è fortemente impregnata di magnetite diffusa.» Come già detto, la vita della miniera finì miseramente nel 1928: «La galleria (…) fu prolungata di altri due metri e portata alla lunghezza di 38 metri. (…) Tutti i lavori eseguiti in questa località confermarono trattarsi di un piccolo giacimento non coltivabile, e di cui vi saranno probabilmente altri esempi entro quella estesa formazione ofiolitica, e perciò venne abbandonata ogni ulteriore ricerca. Nel 1928 vennero fatte per le anzidette ricerche 225 giornate di lavoro.»
Silvestre Ferruzzi