Se la Resistenza non fosse avvenuta, la storia d’Italia sarebbe stata diversa, non sarebbe stata la storia di un popolo libero” ha detto Norberto Bobbio.
E il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un’intervista di pochi giorni fa, ha sottolineato che “la storia italiana è passata attraverso la dittatura fascista, la guerra, la lotta di Liberazione”.
Dunque, lotta di liberazione dal nazifascismo, attuata dal settembre del 1943 all’aprile 1945, dai “partigiani”, coloro cioè che volontariamente, mettendo a repentaglio sicurezza, giovinezza e vita, scelsero di stare dalla “parte giusta”, riscattando almeno parzialmente l’Italia dalla vergogna dell’alleanza col nazismo.
Furono loro, a fare la Resistenza, a intralciare lo sviluppo delle operazioni belliche dell’Asse sostenendo gli Alleati, costringendo il nemico a sottrarre dal fronte forze consistenti; è grazie alla Resistenza, a partire da quella, preziosissima, dei militari italiani, prigionieri dei tedeschi, che si rifiutarono di aderire alla Repubblica sociale italiana e furono mandati nei campi di concentramento o morirono a migliaia a Cefalonia, che il Paese ha recuperato agli occhi del mondo un briciolo di dignità e si è guadagnato il titolo di cobelligerante dagli anglo-americani.
L’equivalenza che talvolta viene proposta tra i morti dell’una e dell’altra parte dimentica che gli uni combattevano per la libertà, gli altri per la sopraffazione: la pietà per tutti i morti non può abolire il giudizio storico, come scriveva Italo Calvino: “Tutti uguali davanti alla morte, non davanti alla storia”.
Quando si celebra il 25 aprile, non è lecito annacquare tutto, genericamente coinvolgendo nel ricordo tutte le guerre, tutti i caduti: è ovvio che nessuna persona civile o con un minimo di sensibilità ama la guerra e non rimpiange chi per essa ha perso vita e giovinezza; ma il 25 aprile si chiama Festa della Liberazione perché vuole rendere omaggio agli appartenenti alla Resistenza, ai volontari di ogni età e di ogni ceto sociale che vi parteciparono e che appartenevano ideologicamente a schieramenti politici molto differenti ma aventi tutti lo stesso, inequivocabile denominatore, l’antifascismo.
E’ questa la “conditio sine qua non” per celebrare il 25 aprile. Altrimenti meglio non farlo.
Maria Gisella Catuogno
(foto Renzo Paoli)