Spesso siamo soliti usare i termini impossibile, inverosimile, irrealizzabile. A volte però accompagnamo queste definizioni ad avvenimenti che non meriterebbero tanta rilevanza; le parole sono importanti, il loro uso dovrebbe essere preciso e appropriato.
Qualche tempo fa accadde invece qualcosa che fu, purtroppo, un compendio di tutto quello che quegli aggettivi racchiudono nei loro significati.
Un pittore fallito, ex caporale, reduce della della Prima Grande Guerra, un uomo senza arte né parte, in pochi anni di vita politica, convinse un'intera nazione ad intraprendere la strada della follia.
Anche prendendo a modello il vicino dittatore fascista, convinse i suoi connazionali di appartenere ad un popolo eletto, sia in base alla vecchia mitologia che a credenze provenienti dal lontano Oriente; idealizzò la purezza e le preminenza della sua razza che sarebbe dovuta diventare quella predominante a discapito di tutte le altre, destinate unicamente ad essere succubi e schiave della prima.
In pochi anni riuscì a militarizzare l'intera nazione al fine di portare la guerra a tutti quei Paesi che in futuro sarebbero dovuti divenire province dell'impero; parallelamente organizzò un sistema perfettamente funzionante per eliminare, nel senso fisico del termine, tutte quelle categorie umane nemmeno considerate degne di far parte delle future popolazioni di schiavi. Subirono questa sorte i portatori di handicap, gli avversari politici, gli omosessuali, le minoranze etniche e religiose, artisti ed uomini di cultura.
Ma la vera ossessione, inculcata con successo nel popolo, in tutto il popolo, fu quella di riuscire a far scomparire dalla faccia del pianeta tutte le persone di origine ebraica, considerate, fino dai primi momenti di attività politica, la causa di tutti i mali del mondo.
Tutto questo, apparentemente impossibile, inverosimile, irrealizzabile, avvenne in Europa, pochi decenni fa; avvenne nella nazione più evoluta del continente, quella che poteva annoverare il più alto numero di premi Nobel nel campo della letteratura e delle scienze, il paese dei più grandi filosofi del Novecento, il paese dove erano state partorite le più avanzate e progressiste teorie economiche e sociali del secolo.
Il significato del Giorno della Memoria vuol essere perciò quello di ricordare la tragedia già avvenuta, perché nei popoli si generino quegli anticorpi culturali necessari a contrastare sul nascere qualsiasi minimo aggancio a quel tipo di nefaste ideologie.
La nostra Memoria deve andare a quei nostri sfortunati connazionali che furono privati dei diritti fondamentali dalle scellerate leggi fasciste, poi promulgate da un capo di stato, piccolo uomo e piccolo re.
In particolare oggi, anche solo per un attimo, rivolgiamo un pensiero ai quasi 8.000 Italiani, uccisi dalla persecuzione antiebraica.
Guido Provenzali