L’ALBA DELL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ELBA (1859-1860)
Il 13 luglio 1859 Bettino Ricasoli,ministro dell’interno nel Governo della Toscana, così notifica al governatore dell’Elba la pace conclusa tra francesi ed austriaci:
“Illustrissimo Signore
La notizia telegrafica sulla pace conclusa fra Sua Maestà dè Francesi e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria sebbene parli di una Federazione Italiana, non ne dice i particolari.
E’ ben naturale che su ciò siano per formarsi molte supposizioni. Finchè queste sieno mosse dal desiderio che tutti abbiamo del bene dell’Italia, Ella non vi scorgerà alcun pericolo per l’ordine pubblico. Ma così non potrebbe essere, quando i partiti ne facessero un pretesto di discordia e di turbamento. Ella prevenga ogni tentativo assicurando che il Governo riposa nella lealtà del Magnanimo Protettore Re Vittorio Emanuele e nella saviezza dei Potentati che devono intervenire per regolare le conseguenze della pace secondo le necessità e i voti dell’Italia.
Il Governo ha creduto opportuno mandare a Torino persone di sua fiducia per conoscere il vero essere delle cose e per procedere in ogni cosa d’accordo col governo del Re.
Il Paese ha ora il più alto dei suoi doveri, quello di serbare dignitosamente il suo senno e le sue forze per l’assetto definitivo dell’Italia. Ogni atto d’impazienza e molto più ogni disordine sarebbe atto di pessimo cittadino, nemico della Patria.
Il Governo quanto più sono gravi i momenti tanto più è fermo nell’allontanare ogni pericolo delle perturbazioni di qualunque siasi specie e da qualunque parte venissero.
Ella seguiti queste determinazioni con costante operosità. Dia subito le istruzioni necessarie ai suoi subalterni; si concerti con le persone notevoli e faccia con tutti i modi penetrare in ogni Classe di Cittadini la persuasione che l’opera diretta a ottenere condizioni da rendere la pace, quanto più è possibile, vantaggiosa alla Nazione sarebbe interrotta dalle più piccole improntitudini.
Ho l’onore di ripetermi con particolare ossequio.
Di VS Ill.ma
Dal Ministero dell’Interno
Lì 13 luglio 1859
Devotissimo Servitore
B. RICASOLI“
(Aff gen gov 1860.Filza 2.Doc 1-100.Circolari da 1 a 42.Circolare n° 26.Archivio storico comune Portoferraio)
Dal documento traspare con evidenza l’incertezza del momento legata ad una pace la quale ”sebbene parli di una Federazione Italina, non ne dice i particolari“ e anche amarezza -“Sua Maestà dè Francesi” non degli italiani - da parte del ministro degli interni del governo toscano Bettino Ricasoli.
Come per dire che i francesi e non gli italiani hanno voluto l’armistizio.
Che cosa è accaduto?
Due giorni prima, 11 luglio 1859, a Villafranca, preceduto da una tregua di qualche giorno, è stato concluso l’armistizio con un colloquio tra Napoleone III “Sua Meastà dè Francesi” e Francesco Giuseppe imperatore d’Austria: finisce così la seconda guerra d’indipendenza italiana.
L’armistizio è la conseguenza di una decisione unilaterale della Francia che in guerra al fianco del Piemonte contro l’Austria ha necessità di concludere la pace per il pericolo che il conflitto si allarghi all’Europa.
La pace è poi formalizzata col trattato di Zurigo nel novembre del 1859.
Subito dopo l’incontro e il colloquio, nella stessa giornata di 11 luglio, Napoleone III incontra a Valeggio sul Mincio,poco distante da Villafranca,
Vittorio Emanuele II suo alleato ed insiste con il re piemontese per arrivare ad una decisione in questi termini:confederazione italiana sotto la presidenza onoraria del papa, cessione della Lombardia alla Francia che a sua volta l’avrebbe ceduta al Piemonte, Veneto all’Austria ma incluso nella federazione italiana, rientro dei sovrani filo austriaci nei ducati di Modena e Toscana con modalità pacifiche e con l’impegno a concedere una costituzione, riforme politiche nello stato della chiesa e amministrazione separata delle legazioni pontifice.
Queste proposte nello stesso giorno di 11 luglio vengono comunicate da Vittorio Emanuele II a Cavour presidente del consiglio dei ministri dello regno piemontese. Cavour non è d’accordo poiché oltre a vedere vanificate le speranze di liberare tutto il nord d’Italia dagli Asburgo, giudica catastrofico per il prestigio del regno sardo l’ingresso dello stato piemontese nella futura confederazione a fianco dell’Austria. Emerso con il re questo grave disaccordo e dissenso Cavour nel pomeriggio stesso dell’11 luglio decide di dimettersi.
Queste proposte vengono anche comunicate all’imperatore austriaco che fa alcune controproposte ;le fortezze di peschiera e Mantova sarebbero rimaste all’Austria, per il reintro dei sovrami amci a Firenza e Modena si può ricorrere alle armi e che per i due ducati non c’è alcuna costituzione né il papa deve soffrire la separazione amministrativa delle legazione pontifice.
Napoleone III accetta le controposte e firma.
Vittorio Emanuele II si rifiuta di firmare perché abbandonare le fortezze di Peschiere e Mantova significa rendere indifendibile la Lombardia.
Il re informa Cavour su quanto sta accadendo.
Cavour parla di tradimento di Napoloene III, invita il re a lasciare il campo alle forze francesi e austriache che avrebbero risolto per conto loro la questione italiana e accusa lo stesso re di intrighi nei suoi confronti.
Tra i due insorge una discussione dai toni molti accesi.
Il giorno dopo,12 luglio 1859, Cavour riunisce il consiglio dei ministri e delibera le dimissioni dell’intero governo.
Il re Vittorio Emanuele messo di fronte alle due alternative guadagnare la Lombardia senza piazza forti oppure continuare la guerra da solo sceglie la prima e nella stessa giornata del 12 luglio firma l’armistizio con la clausola “ per tutto ciò che mi concerne” la quale lascia intendere che il re non si
impegna riguardo al corso degli eventi che si vanno profilando fuori dai confini del suo stato: i governi locali nati dai dissolti ducati di Parma, Modena e Toscana si stanno preparando all’unione col Piemonte.
Marcello Camici