L’ALBA DELL’UNITA ALL’ELBA (1859-1860)
Il 20 agosto 1859 terminano i lavori dell’assemblea dei rappresentanti della Toscana in Firenze.
L’assemblea dei rappresentanti del popolo del granducato di Toscana si chiude, non si scioglie: è prorogata fino a nuova convocazione.
Dai rappresentanti eletti dal popolo del granducato di Toscana sono stati prese storiche decisioni come la dichiarazione che la dinastìa Asburgo Lorena è decaduta nè più può ritornare.
L’Elba è stata rappresentata ai lavori dell’assemblea da Manganaro Giorgio e Gemelli Giovanbattista.
Sono stati eletti nel Compartimento di Livorno, al Distretto di Portoferraio dove gli aventi diritto al voto erano 484 e i votanti furono 342: Manganaro Gorgio ebbe voti 333 e Gemelli Giovan Battista 304.
Sulle decisioni prese dall’assemblea, il governo della Toscana, costituito da Ricasoli (presidente del consiglio dei ministri e ministro dell’interno), Ridolfi (ministro della pubblica istruzione e ministro interino degli affari esteri), Poggi (ministro di giustizia e grazia), De Cavero (ministro reggente della guerra), Busacca (ministro delle finanze, del commercio e dei lavori pubblici), Salvagnoli (ministro degli affari ecclesiastici) e Bianchi (segretario generale del governo della Toscana), informa con una circolare le autorità ecclesiastiche, civili e politiche e militari della Toscana, il 22 agosto 1859, due giorni dopo la chiusura dei lavori assembleari.
Poi il 24 agosto invia un memorandum alle potenze europee.
ll 31 agosto 1859 firma un documento di indirizzo al Re Vittorio Emanuele II che accompagna i voti
dell’assemblea e che così inizia:
”Maestà! Un voto unanime dell’Assemblea nazionale, interprete fedele dei sentimenti di tutto un popolo, ha solennemente dichiarato essere volontà della Toscana di far parte di un Regno Italiano sotto lo scettro costituzionale della Mesta Vostra…”.
Risponde il Re:
“…Secondando il vostro desiderio avvalorato dai diritti che mi sono conferiti dal vostro voto, propugnerò la causa della Toscana innanzi a quelle potenze in cui l’Assemblea con grande senno ripose le sue speranze, e soprattutto presso il generoso Imperatore dei francesi che tanto operò per la Nazione italiana….”.(1)
Il 3 settembre il governo della Toscana con un decreto ordina la coniazione di medaglie in memoria
dell’assemblea.
Il 3 settembre 1859 anche tutte le pubbliche autorità dell’Elba, nella persona del governatore, massima autorità civile e militare, vengono richiamate alla volontà espressa dall’assemblea toscana con una circolare che il governatore di Livorno scrive a quello di Portoferraio
“Governo Civile e Militare
Di Livorno
Al Sig Cav Governatore dell’Elba
Portoferraio
Ill.mo Signore
I voti dell’assemblea dei Rappresentanti della Toscana con tanto senno ed umanità espressi,tracciano al Governo la vie che deve tenere nella sua politica interna ed esterna.
Né Egli potrebbe in nulla allontanarsene, perché di quei voti che pur sono in perfetta consonanza coi suoi intendimenti assunse l’ufficio gravissimo d’essere fedele esecutore.
Questo ufficio impone a depositarsi della pubblica autorità di confermare tutti i loro atti alla volontà del Paese, manifestati in modo solenne. Finchè la Toscana non si era legittimamente pronunziata intorno ai suoi destini poteva forse dubitarsi che l’indirizzo politico del Governo, sebbene confortato da molte non
equivoche manifesto avesse il consenso universale, e questo dubbio poteva in parte scusare qualche (...) nell’azione governativa.
Ora quel dubbio non sarebbe più ammissibile dappoichè l’Assemblea ha tolto di mezzo ogni incertezza, ed il Governo rassicurato di sé e cresciuto di forza morale, esige da tutti i suoi funzionari cooperazione efficace di unità di azione. Il Ministero dell’Interno per ciò che lo riguarda, ha il dovere di svolgere le conseguenze che il grande atto dell’Assemblea dei Rappresentanti e di trarre dal Paese tutti quei sussidi che possono favorirne l’adempimento.
Prima condizione a che i voti della Toscana trovino accoglienza al cospetto dell’Europa quella è che il Paese si tenga in quella dignitosa e tranquilla fermezza (2) che gli valse già l’ammirazione dei connazionale e degli stranieri. Chiunque contrastasse a quei voti sotto qualunque pretesto ;chiunque innalzasse una Bandiera che non sia la Bandiera Nazionale Italiana,ormai fatta nostra,troverà nell’Autorità ferma e severa repressione e nella pubblica opinione una anticipata condanna.
Questo accordo del potere coi Cittadini varrà alla Toscana il mantenersi in una calma pensosa che non è indifferenza, ma aspettazione di uomini risoluti e perseveranti. Un popolo come il Toscano saprà avvalorarsi le solenni dichiarazioni dei suoi Rappresentanti della Toscana, i quali dopo aver compiuto nobilmente il loro ufficio, tornati nelle loro Province, illumineranno le opinioni, sopiranno i dissidi, e stringeranno tutte le forze vive del Paese in una potente concordia.
Il vincolo che gli unisce agli Elettori non deve rompersi dopo la fedele esecuzione del mandato, ma deve anzi serbarsi intatto per trarne quella universalità di consentimenti che è la vita della Nazione. Rammentino essi al Popolo che i voti di Nazionalità e di Indipendenza impongono doveri che non si potrebbero violare senza pericolo e senza vergogna e primo tra questi doveri quello d’un abnegazione pienissima delle individuali passioni davanti l’altare della Patria.
Mentre ovunque il Governo si adopera a far valere presso i Potentati i fermi voti della Toscana il Paese manterrà quel contegno che volga forza nell’interno e reputazione all’esterno.
A questo fine santissimo dirigano le Autorità tutta la loro azione, adoperino i Rappresentanti del Paese tutta la loro influenza. Ad essi il Governo nulla nascose dei suoi intendimenti e possono parlare alle popolazioni sicuri di non essere smentiti. Tutti facciano il dovere loro e acquisteremo ognora più forza che assicuri quel fine che ha tutti i pensieri e gli affetti vostri.
Mi prego professarmi con distinto ossequio.
Lì 3 settembre 1859
Il Governatore
Annibaldi Biscossi”
(Affari generali del governo dell’isola d’Eba 1859-1860.Doc 15-100.Circolari da 1 a 42.Circoalre n 35.Archivio storico comune Portoferraio)
Marcello Camici
1) Questa risposta del Re è molto diplomatica. Sa benissimo che senza il beneplacito delle potenze europee non può accettare il documento d’indirizzo politico a lui inviato e perciò si impegna a propugnare davanti ai potentati europei la causa della Toscana di far parte di un regno italiano sotto lo scettro costituzionale di Re Vittorio Emanuele II.
2) E’ una vera e propria rivoluzione, politica ed amministrativa, quella che la Toscana sta vivendo nel 1859. C’è concordia di opinione sull’unità d’Italia ma non su come raggiungerla. Esistono annessionisti cioè coloro che vogliono subito l’annessione della Toscana al Piemonte accanto ad autonomisti cioè coloro che vogliono una autonomia della Toscana. Ci sono coloro che credono la via migliore da seguire sia quella dell’ordine (Ricasoli) mentre per altri è quella della rivolta (Mazzini). In mezzo a tutti questi esistono poi i granduchisti cioè coloro che vogliono il ritorno della dinastìa Asburgo Lorena.