Da più di quattrocento anni è l’istituzione di riferimento per la lingua italiana, “qui è nata l'esigenza dell'unità linguistica in funzione dell'unità nazionale”, spiega la ricercatrice, mentre il suo Vocabolario, stampato nel 1612, “ha ispirato tutta l'Europa dell'epoca: francesi, tedeschi, inglesi”. Per le tre prime della Secondaria di primo grado di Campo e Marciana Marina dell’Istituto Giusti, docenti di Lettere annessi, il sette marzo scorso è stato un viaggio indimenticabile all’interno del tempio della lingua italiana, dove le sue stanze, l’immensa biblioteca, i libri, gli scaffali, e le pale degli accademici hanno raccontato il dispiegarsi di una cultura linguistico-letteraria straordinaria; un luogo intriso di simbolismo ispirato al pane e alla farina, ai biscotti e alle zuppe, alla poesia e alle parole: l’Accademia della Crusca di Firenze.
L’arrivo presso la Villa medicea di Castello, sede dell’istituzione italiana che raccoglie i maggiori esperti e studiosi di linguistica e filologia, ha destato, come nel caso della visita all’Accademia Santa Cecilia in Roma di febbraio, il solito stupore: “Avete fatto un bel viaggio per venire qui. Siamo particolarmente onorati”. Un’ora di mare mosso e due ore e mezza di pullman, ma ne è valsa sicuramente la pena per i ragazzi della I A e I B di Marina di Campo e la I A di Marciana Marina, accompagnati da quattro docenti di Lettere, i professori: Michele Intorcia, Luigi Lamorte, Elena Poli e Maria Pina Avella.
La visita è iniziata con il racconto storico della struttura, una villa che in passato è stata addirittura un ospedale, per poi varcare lo scalino che conduce alla sala delle pale degli accademici, le quali dal ‘600 all’ 800 hanno “infarinato” le pareti della Crusca come tanti tasselli colorati; le pale (come quelle per infornare) sono segnate dal nomignolo e dal motto dell’insigne accademico e rimandano alla simbologia del grano e del pane. Successivamente, è stata la volta della biblioteca, estasiante, immensa, alla quale accedono gli studiosi mediante richiesta. Infine il laboratorio. I ragazzi hanno prodotto delle pale (nelle foto) “sporcandosi con le parole e la farina” proprio come facevano gli accademici, tra una cruscata e l’altra. “Non pensate agli studiosi come a dei personaggi tristi e sempre chini sui libri – ha sottolineato la ricercatrice -, gli accademici della Crusca amavano divertirsi tanto e organizzare feste”. E prendendo alla lettera e poco sul serio lo spirito degli accademici, l’attività laboratoriale si è trasformata in una sorta di concorso a premi improvvisato, dove la vincita in palio – fedeli alla metafora – è stata un panino farcito di salame e gorgonzola, assegnato agli oleosi, il cui motto rimanda al nettare delle olive: “I lemmi puri come l’olio”. Di stretta attualità e degna di nota - visto l’andazzo - è forse la pala dei disuguali, realizzata dalle alunne di origine straniera e italiana, con la quale hanno raffigurato lo specchio dei tempi che sono e che saranno, fortunatamente.
Resterà la dedica dell’istituto Giusti nelle pagine del libro riposto sul mobile della sala delle pale, dopo quella dell'ex Presidente della Camera Laura Boldrini, scritta di getto, con un po’ di inziale timore reverenziale, sfociato poi nell’ironia di una cruscata, tra le stampe delle Operette morali di Leopardi e I promessi sposi di Manzoni.
Prof. Michele Intorcia