Dopo il grande successo della mostra “… SE TORNASSE OGGI”, progetto multimediale legato all’Elba e ad alcuni dei suoi figli illustri, esposizione fotografica, supporto audiovisivo ed installazione evocativa dei personaggi che si è tenuta ne giorni scorsi alla Telemaco Signorini di Portoferraio, abbiamo deciso, per chi non è potuto venire, o per chi vuol rivedere, e riascoltare con più calma, le storie dei nostri 11 personaggi illustri che in passato hanno vissuto nella nostra isola e che OGGI potessero per un giorno tornare, che cosa direbbero dell’attuale modernità? Quali le loro considerazioni sul tempo attuale?
Continuiamo con Sandro Pertini, raccontato da Stefano Bramanti
Era il dicembre del 1959. Sandro Pertini, tornò all’Elba dopo 24 anni, da uomo libero e deputato, dopo essere stato sull’isola in manette, perché antifascista, recluso politico a Pianosa e alla Torre del Martello, che oggi possiamo chiamare anche Torre Pertini. Mantenne così una promessa fatta ai suoi compagni isolani: tenne una conferenza a Portoferraio, poi s’interessò delle miniere di Capoliveri.
Nel 1959, sulla fine di ottobre, l’avvocato e sociologo, 63enne, inviò una lettera al Psi di piazza della Repubblica, poi scrisse anche a Ramacciotti, socialista livornese, e alla fine tirò fuori un suo forte tormento. «So che in quest’epoca, per personale esperienza (si riferiva ai trasferimenti dal carcere di Pianosa a quello della torre medicea a Portoferraio e viceversa o a quando lasciò l’isola nel 1935, per raggiungere il confino di Ponza – ndr -), il canale di Piombino è sempre agitato. Più di noi socialisti! Ed io, amico mio, nonostante sia ligure, soffro maledettamente il mal di mare. Arriverei uno straccio a Portoferraio». L’invito a venire all’Elba gli era stato fatto dall’avvocato Michele Villani, della città napoleonica, che inviò una lettera tranquillizzante. «Potresti, in caso di maraccio, scendere a Cavo, dopo solo 30 minuti di navigazione». Ed ecco il carattere di Pertini. Aveva dovuto superare ben altre prove. «Carissimi, non c’è mal di mare che tenga; verrò costì!» scrisse sottolineando la frase con la matita. Pertini arrivò all’Elba, e i socialisti andarono a prenderlo addirittura a Piombino. Alloggiò all’Hotel Darsena, cenò al ristorante Guerra, al Ponticello e, fatto davvero singolare, alle 3 di notte, il portiere vide uscire un Pertini insonne dall’albergo.
Raggiunse la Linguella. Il deputato volle andare, da solo e in piena notte, a rivedere il luogo dove fu carcerato sotto il Regime, nel 1933.
Allora era stato portato da Pianosa a Portoferraio, e venne rinchiuso nelle carceri della ottagonale Torre medicea, per subire un processo-farsa al Tribunale locale.
Era stato accusato d’oltraggio ad un secondino. In realtà lui aveva solo protestato per i maltrattamenti subiti. «Noi siamo reclusi non bestie» aveva detto con veemenza Pertini. In quel momento, in quella notte dicembrina del 1959, da uomo libero e rappresentante della Repubblica che aveva voluto e saputo costruire, rimase ad osservare quel luogo silenzioso, con la sola compagnia di una gelida brezza e il rumore del mare.
Provò di certo tante sensazioni e chissà quali e quanti ricordi passarono per la sua mente. A Pianosa e a Portoferraio, sebbene privato della libertà, aveva lavorato e studiato intensamente, preparandosi a dare le basi alla futura Italia democratica progettando l’avvio della Resistenza. Magari si rivide, mentre dalla Torre era intento a scrivere una lettera alla madre: «… ricorderò la Pianosa…tra quelle quattro mura ho conosciuto le intime sofferenze,… ma anche qui ho potuto continuare a lottare per un’idea di bene e di giustizia».
Tornò quindi in albergo e l’indomani, alle 10, entrò nel cinema teatro Astra, tra gli applausi di una gran folla. Guglielmo Taccioli, in piazza Cavour, gli presentò il cavalier Mario Marchetti, che nel 1933 aveva avvicinato quel giovane detenuto politico incatenato, che usciva dal tribunale (fu condannato ad altri 9 mesi e 24 giorni di carcere) e gli aveva offerto qualche conforto. Pertini, commosso, lo abbracciò e lo ringraziò di cuore. Il suo discorso sugli ideali socialisti, tenuto all’Astra, fu acclamato più volte e Pertini pose l’accento su di un concetto per lui fondamentale: «Ricordate sempre, – disse – la democrazia vuol dire libertà, e nella piena libertà, tutti, anche gli avversari politici, devono poter esprimere il loro pensiero. Guai alle censure, guai ad impedire a chiunque di manifestare le proprie idee». Nella stessa giornata di quel 13 dicembre, Santa Lucia, fu poi accompagnato alla sezione del Psi di Capoliveri, dove incontrò tra gli altri Francesco Arduini, Alvaro Galli e Ebaco Martorella; s’interessò della situazione delle miniere ormai in grave crisi, seppe delle lotte dei minatori per il rinnovo del contratto. Fu quindi accompagnato a Cavo, per la partenza. Ci fu anche una breve sosta a Porto Azzurro e poi, nel piccolo porticciolo di Cavo, salutò i compagni elbani e, da solo, salì a bordo della barca per approdare poi al piroscafo che attendeva al largo.
Affrontò di nuovo, con decisione, il suo nemico più temuto, il mare.
Aveva sconfitto Mussolini, dopo oltre 16 anni di carcere e confino, aveva organizzato la Resistenza in Italia, costruito la Costituzione italiana, sarebbe poi diventato Presidente della Repubblica, non poteva di certo essere fermato dal suo terribile mal di mare.