Nel 1904 il geologo livornese Piero Aloisi, laureatosi due anni prima all’Università di Pisa, intraprese una serie di ricognizioni sul territorio dell’Elba occidentale; la sua missione consisteva nel redigere quello che, a tutt’oggi, sarebbe rimasto un vero capolavoro scientifico: il volume intitolato «Il Monte Capanne. Ricerche litologiche», stampato a Pisa nel 1919.
Aloisi, nel testo, scrisse che il proprio «studio sulle rocce del Monte Capanne era terminato nel 1915 quando, a cagione della guerra, chiamato sotto le armi, dovetti abbandonare ogni idea di sollecita pubblicazione. Ad esso ha servito principalmente l’abbondante materiale da me raccolto in numerose escursioni incominciate nel 1904, poi sospese e riprese dal 1910 al 1914».
Le escursioni furono numerose, e permisero al geologo di osservare, passo dopo passo lungo gli impervi sentieri del Marcianese, le particolarità geologiche ed orografiche del comprensorio montano immortalandole anche con una preziosa serie di scatti fotografici: «L’ascensione delle varie cime non presenta nessuna difficoltà […]; difficoltà invece notevolissime si presentano a chi voglia studiare la parte bassa del monte che è, scientificamente, la più interessante. Scarsezza di strade, grandi estensioni ricoperte da macchia o da vigna; lungo il mare le ripe cadono a picco da altezza notevole […]. Inoltre le escursioni riescono sempre lunghe e disagevoli per la profondità delle vallate, che obbliga a giri viziosi chi voglia recarsi da una località ad altra, distante in linea retta poche centinaia di metri. A questo punto giustamente fa osservare il Von Rath come il giro, alla base, del Capanne, da San Piero per Seccheto, Pomonte, Patresi, Sant’Andrea, Marciana Marina, Sant’Ilario, San Piero, misurato sulla carta sia di appena 16 miglia e richieda ben 12 ore di cammino».
Durante le escursioni, Aloisi poté osservare e classificare le varie forme e trasformazioni della granodiorite sul Monte Capanne e sui rilievi ad esso legati: «Il granito cede in modo molto vario all’azione degli agenti demolitori; ora si rompe in blocchi irregolari, a spigoli assai acuti, e molte delle cime sono appunto formate da grandi accumulazioni di tali blocchi: esempi di tal modo di comportarsi sono assi comuni nella regione alta marcianese, al Monte Giove, al Monte di Cote ecc., vere e proprie “cime a massi” […]. La forma sferoidale dei blocchi di granito è assai comune in località svariate, sia ad esempio presso San Piero e Sant’Ilario, sia nei pressi di Marciana Alta, dove, in vicinanza della Madonna del Monte, se ne hanno delle curiose accumulazioni, le quali talora prendono forme che lontanamente ricordano uomini od animali, onde i nomi l’Omo Masso, l’Aquila ed altri. […] Così nel luogo detto Le Lenze o Piano all’Ordine, sullo sperone tra i Patresi e la Cotaccia, si trova un voluminoso blocco grossolanamente ellissoidale, forse rotolato giù dalle alture sovrastanti, che bene ci rappresenta questo tipo di erosione […]».
Negli anni successivi Piero Aloisi venne nominato professore di Mineralogia all’Università di Firenze (1924), e dal 1933 sino alla morte – avvenuta nel 1938 – fu preside della Facoltà di Scienze nello stesso ateneo fiorentino.
Silvestre Ferruzzi