Al pari di altre zone montane italiche, il Monte Capanne conserva la memoria delle «nivere» (in còrso «nivéra», in siciliano «nivèra»), ovvero delle ghiacciaie a fossa dove, in inverno, veniva raccolta e pressata la neve alfine di ricavarne ghiaccio per scopi medici ed alimentari. Parliamo, in ogni caso, di un periodo storico corrispondente alla cosiddetta Piccola Era Glaciale, compreso tra il Trecento e la metà dell’Ottocento, in cui le temperature medie europee subirono un vistoso abbassamento e la presenza di neve era senz’altro più frequente e prolungata sul Monte Capanne.
La «nivera» elbana aveva forma troncoconica rovesciata con incamiciatura in pietra spalmata di calce. Il procedimento iniziava rivestendo il fondo della struttura con rami di citiso (Cytisus scoparius), localmente detto «èmbre» ed «ènnere», o ginestra (Spartium junceum), in modo da costituire un’intercapedine a contatto con la neve ed eliminare così il ristagno d’acqua anche grazie ad un condotto sotterraneo di scolo; la neve veniva quindi gettata nella fossa e compressa con l’aiuto di apposite pale e «battenti». La superficie esterna era poi abbondantemente coperta da un fitto e compatto strato di foglie di castagno e terra; a copertura della fossa veniva inoltre innalzata una sorta di cupola in legno – o capanna a due falde – rivestita di frasche, che fungeva da regolatore termico. In tal modo, dopo svariato tempo, la neve si trasformava in ghiaccio. I blocchi di ghiaccio venivano poi tagliati in cubi ed avvolti con paglia fine; erano quindi collocati in sacchi di iuta rivestiti internamente di fogliame e infine, a dorso di mulo, avviati in paese nottetempo, quando l’aria della vallata era più fresca.
Le «nivere» del Monte Capanne erano almeno tre: due – oggi scomparse in quanto riempite da calcinacci di riporto nel secondo Dopoguerra – presso il santuario della Madonna del Monte e una – ben visibile e discretamente conservata – nell’omonima vallata (Valle della Nivera) tra Poggio e il Monte Perone. Quest’ultima, già documentata nel 1820 e chiamata semplicemente «La Buca», presentava un’incamiciatura interna di calce, con un diametro di oltre 4 metri e una profondità di almeno 5; per la sua costruzione fu scelta la parte più ombrosa e fresca della valle, dove i raggi del sole, ostacolati dal fogliame sempreverde dei lecci, raramente giungono al suolo. Alcuni anziani del Poggio ricordavano un’arcaica minaccia dei loro genitori: «Se site gattivi, vi futto ne la Buca!» Le due ghiacciaie della Madonna del Monte hanno una storia altrettanto antica. Una di esse è forse già documentata nell’agosto 1768, quando Fabrizio Ruffo, brigadiere del Regno delle Due Sicilie e comandante della Real Piazza di Longone, inviò Pasquale Musco a Marciana per verificare l’esistenza di «neviere antiche». Le due ghiacciaie, realizzate in momenti differenti, avevano diversa forma e dimensione: la «nevera piccola» era di planimetria rettangolare (3,35 x 2,90 metri) e di profondità pari a 4,65 metri, mentre la «nevera grande» presentava planimetria circolare e struttura troncoconica.
Durante il proprio soggiorno alla Madonna del Monte nell’estate 1814, Napoleone Bonaparte ebbe modo di notare una sola di queste due ghiacciaie, probabilmente quella circolare; evidentemente la quadrangolare Nevera Piccola, testimoniata a partire soltanto dal 1825, non era stata ancora realizzata. L’Imperatore, inoltre, si adoperò affinché nella «glacière» venissero fatte «toutes les réparations nécessaires pour la mettre en bon état».
Quattro anni dopo, nel 1818, come si legge in documenti conservati presso l’Archivio Storico di Marciana, il caffettiere portoferraiese Andrea Zelmi, per avere il ghiaccio necessario alla propria attività, chiese «in affitto la diacciaia […] posta in luogo detto La Madonna del Monte colle seguenti condizioni: 1) che l’affitto debba durare per tutto l’anno 1818, alla fine del quale il sottoscritto si obbliga di riconsegnare la diacciaja in buono stato (nello stato che è attualmente). 2) che si saranno ora consegnati tutti i ferri, ed i strumenti che esistevano per servizio di detta diacciaja quali dovrà rimettere alla fine dell’affitto. 3) che il canone dell’affitto stesso sarà per il detto anno di lire quattro. 4) che sarà obbligato il sottoscritto a riempire la diacciaia qualora cada la neve all’intorno della medesima, cioè sulla piazza della Chiesa della Madonna del Monte, ed in un circuito eguale alla medesima. 5) che cadendo la neve nel luogo indicato, e non riempiendo esso la diacciaja pagherà alla Comunità una penale di lire cento. 6) che assicurare l’esecuzione degl’obblighi che si assume offre la mallevadoria del sig. Giovanni Fontana negoziante a Longone il quale stipulerà unitamente al sottoscritto l’opportuno atto.» L’anno successivo (1819) vennero acquistate attrezzature per la ghiacciaia: «una conca in cima alla cupola […] trecento libbre di paglia e trasporto da Portoferrajo alla Madonna […] dodici pezzi di correnti […] bette da legare […] fune del bozzello della cupola per tirare su […] scala […] due battenti di neve.» Nel 1825, come si evince dai registri dell’Opera della Madonna del Monte, «l’affitto della Nevera Piccola della Madonna del Monte fu concluso per anni 9, contare dal 10 dicembre 1825 con Vincenzo Gaudiano, con epoca prima dell’11 ottobre anno detto, cosicché il novennio va a terminare a tutto il 20 settembre 1834. N.B.: detta nevera deve essere consegnata in buono stato, e servibile a forma dei patti indicati in detta scrittura. L’affitto della Nevera Grande fu concluso con […] privata dì 29 luglio 1825 con Andrea Zelmi per anni 9, a contare dal 18 giugno anno detto, per il canone di lire 200, cosicché il novennio va a terminare a tutto il 18 giugno 1834.» Nel maggio 1841 fu domandata un’attenta perizia tecnica all’ingegnere del Circondario; in essa si legge che «la piccola ghiacciaja spettante all’Opera della Madonna del Monte di Marciana […] quantunque […] sia in poco buono stato, ed abbia bisogno di restauri, non deve credersi che non possa ad essa attribuirsi un qualche prezzo […] per cui si ordina che mediante opportuna perizia sia dichiarato di qual prezzo o di qual canone possa esser suscettibile».
Da testimonianze orali è stato recentemente appurato che le due ghiacciaie della Madonna del Monte, poste su un alto terrazzamento, furono utilizzate per rifornire di ghiaccio l’Ospedale di Portoferraio sino agli inizi del Novecento.
Silvestre Ferruzzi