Marciana Marina con il suo ricco calendario di appuntamenti culturali si presenta ancora una volta come il punto di riferimento della cultura della Costa Occidentale e dell’Isola d’Elba con il suo nutrito calendario di eventi dell’Estate Marinese 2019.
Martedì 6 agosto, alle ore 21,45, presso il Giardino della Biblioteca Comunale di Marciana Marina in Via Vadi, Gianfranco Vanagolli presenta nell’ambito del ciclo “Liberamente Libri” organizzato dalla Pro Loco di Marciana Marina, il suo nuovo romanzo: Bandiera a Bruno per la “Diletta Mauro”, appena pubblicato dall’Editore Ensemble.
Una storia “marinara”, affascinante in un turbinio di vicende e personaggi, ambientata negli anni ’30: sullo sfondo la navigazione nel Mediterraneo e PortSaid. Un giallo avvincente dove l’arte di raccontaree la profonda conoscenza dell’autore per la vita marinara intrigano il lettore fino all’ultima pagina. Alessandra Fagioli accompagnerà l’autore nella presentazione del bel volume.
Abstract
GIANFRANCO VANAGOLLI
BANDIERA A BRUNO PER LA “DILETTA MAURO”
Roma, Ensemble Editore, 2019
Il 3 gennaio 1936 il cargo Diletta Mauro lascia il porto di Genova per l’Africa orientale. Poche ore prima dell’inizio del viaggio uno dei suoi fuochisti, Gaetano Esposito, è stato trovato morto in mare per quello che le autorità di P. S. hanno giudicato un incidente. Col passare dei giorni, un giornalista del “Secolo XIX”, destinato ad Asmara come corrispondente di guerra, TistaNovaro, e il primo ufficiale di macchina, GualbertoWalz, raccolgono elementi tali da obbligarli a porsi degli interrogativi sulla personalità dello scomparso. Forse Esposito era invischiato nel contrabbando e vendeva il suo corpo negli ambienti omosessuali. Sicuramente, a bordo, si conduceva al di là di quanto ammettesse il suo ruolo. Novaro e Walz maturano il sospetto che egli potesse contare sulla acquiescenza di importanti livelli gerarchici.
Emerge come anomalo, ora, il comportamento del direttore di macchina, AmilcareDundich, che vive ubriaco e non assolve i suoi compiti, facendo, in pratica, il passeggero. Novaro e Walz ne deducono che Dundich ripeta l’atteggiamento di Esposito per essere in possesso di cose già in mano al fuochista, capaci di rappresentare un motivo di ricatto. Non può non prendere piede, intanto, l’ipotesi che l’incidente di Genova sia stato, in realtà, un omicidio. Un segno che il giornalista e l’ufficiale stanno effettivamente intaccando del torbido viene da una successione di aggressioni e di intimidazioni cui sono sottoposti senza poterne riconoscere gli autori. Le loro indagini, comunque, proseguono e li portano a ritenere sempre più verosimile chesulla nave ci sia realmente chi ricatta e chi è ricattato.
Dopo aver fatto scalo a Napoli e dopo essersi dovuta proteggere da una burrasca con una lunga cappa a ridosso delle coste meridionali di Creta, reduce da una serie di pericolose emergenze in macchina, la Diletta Mauro giunge a PortSaid. Da lì, superato il Canale di Suez, prosegue per Massaua, dove deve sbarcare il suo carico, destinato alle truppe italiane operanti in Etiopia. A tre giorni di navigazione dalla città muore improvvisamente Dundich. Si tratta di una morte apparentemente naturale, ma che Walz e Novaro inclinano a collocare nello stesso solco di quella di Esposito. Assistendo a un incontro di lotta, a Massaua, Novaro crede di poter dire che un Geno Maso, pennese sulla Diletta, sia stato il suo aggressore. Poco dopo egli parte per raggiungere Asmara, sullo sfondo di intensi movimenti di truppe e di mezzi.
Svuotate le sue stive e ricevuto un nuovo carico, la nave lascia Massaua per Mogadiscio. Da qui essa riprende il mare per tornare a Massauacon a bordo una nobildonna con un’alta posizione nella Croce Rossa, la duchessa Clelia della Tolfa, accompagnata da una giovane e bella somala, Myriam, che solletica gli appetiti dei marinai, usi a considerare le africane al loro servizio, e particolarmente del Maso. Durante la navigazione si odono degli spari, che Walz, come quasi tutti a bordo, attribuisce al fucile del primo ufficiale di coperta, Giusto Montuori, che è solito esercitarsi nel tiro a volo. Però deve constatare che Montuori non ha usato la sua arma e, pertanto, aggiungere un interrogativo agli altri con i quali già si misura. L’episodio suscita allarme nell’equipaggio, che si sente in pericolo e che, peraltro, teme, ottenebrato dalla superstizione, il fuochista subentrato ad Esposito, perché “portato a bordo da un morto”. Tale è il clima sulla Diletta Mauro al momento del suo ritorno a Massaua, dove caricherà coloniali per Livorno.
Nel porto eritreo, terminato il suo compito ad Asmara, ritorna anche Novaro, che riprende il suo posto a bordo, mentre Walz può salutare l’arrivo di un cacciatorpediniere, il Manin, sul quale in passato ha prestato servizio come tenente del genio navale. A bordo dell’unità egli ritrova un suo vecchio sottufficiale, che gli rivela come il comandante della Diletta Mauro, Cairo Frongia, già tenente di vascellosu una torpediniera, sia stato costretto, dieci anni prima, ad abbandonare la Marina con l’accusa di avere una relazione omosessuale con la sua ordinanza. La rivelazione permette a Novaro e a Walz di aggiungere un tassello importante al quadro investigativo costruito fino ad allora, consistente nella fondata ipotesi di un legame sentimentale tra Frongia ed Esposito finito nel sangue. La situazione accelera i suoi tempi adIsmailia, dove la nave deve rifugiarsi per una tempesta di sabbia. Qui due episodi tanto drammatici quanto imprevedibili, uno dei quali originato inconsapevolmente dal supposto menagramo, portano finalmente alla luce delle circostanze suscettibili di essere comprese senza difficoltà e un pacco di lettere compromettenti scritte da Frongia ad Esposito. E’ a PortSaid, tuttavia, che il diorama scoperto a frammenti da Novaro e da Walzsi illumina in tutta la sua ampiezza, comprensiva anche di significativi risvolti umani, con la confessione di Frongia di aver deciso del destino di Esposito e di Dundich. Il mare aperto, dove non giunge più la luce del faro di PortSaid, diviene la tomba di Frongia e dell’incubo che ha attanagliato per due mesi la Diletta Mauro.
IL NUOVO ROMANZO DI GIANFRANCO VANAGOLLI NELLA LETTURA DI RICCARDO CALDARA
A Bandiera a bruno per la Diletta Mauro, giallo e noir coi caratteri della narrativa di mare, presentato alla XXXII edizione del Salone del Libro di Torino e alla X edizione di Una Marina di Libri di Palermo, ha dedicato una sentita recensione il noto critico Riccardo Caldara, che riceviamo e pubblichiamo volentieri nelle sue linee essenziali.
Gianfranco Vanagolli si sposta con il suo secondo romanzo dall’epoca napoleonica e dall’Isola d’Elba, che erano gli sfondi della sua prima prova, Il Tesoro del Carmine (2016), al periodo coloniale italiano e a un mercantile che fa la spola tra i porti nazionali e l’Africa Orientale.
Tutta la vicenda si svolge a bordo del cargo Diletta Mauro. Salpato da Genova il 3 gennaio 1936, esso muove verso Port Said e poi, lungo il Mar Rosso, fa tappa a Massaua e ha come meta finale Mogadiscio. Trasporta pezzi di ricambio destinati all’esercito impegnato nella guerra d’Abissinia. A Genova ha lasciato a terra un marinaio, Gaetano Esposito, morto con la testa rotta e un’indagine della questura chiusa molto rapidamente. L’Esposito era conosciuto come un mariuolo che si metteva in tasca soldi con traffici illeciti.
Vanagolli distingue la popolazione della nave in due ambiti, quello di chi opera e trascorre il tempo in coperta, compresi alcuni ospiti, e quello di chi sta sottocoperta, tra le macchine, l’olio e il carbone, macchinisti e addetti alle caldaie: “Vita da carbonai e da fuochisti, poveri cristi, fazzoletti luridi attorcigliati intorno al collo, la loro misera divisa, con una canottiera sbrindellata…”. Una visione che collima con quella di una nota canzone di Francesco De Gregori: “Quando mi mettono a faticare / per pochi dollari nelle caldaie / sotto il livello del mare / in questa nera nave che mi dicono / che non può affondare” (L’abbigliamento di un fuochista, dall’album Titanic – 1982).
Vita grama, dunque, anche per gli ufficiali, condannati a una successione invariabile e faticosa di guardie. A uno di questi, il capo macchinista Gualberto Walz da Celle Ligure, la fine dell’Esposito non è andata giù e inizia a tenere gli occhi aperti. A lui si affianca un giovane corrispondente di guerra del “Secolo XIX”, il quotidiano di Genova, diretto al fronte, curioso come sempre deve essere un buon giornalista.
La nave diventa quindi un palcoscenico, come scrive Walz nella sua corrispondenza alla moglie: “…sul quale ogni giorno si recita a soggetto: la festa dell’imprevisto”. E i personaggi sono molti, marinai e non, compresa una duchessa con un’alta carica nella Croce Rossa Italiana, imbarcata a Massaua. Presto al primo si aggiunge un secondo morto, non di morte naturale, come il comandante vorrebbe far credere.
Ma c’è un’altra canzone di De Gregori, portata al successo da Lucio Dalla nel 1979, che mi è balenata leggendo il romanzo: “Ma come fanno i marinai / a baciarsi tra di loro / e a rimanere veri uomini, però”. Senza esagerare, siamo dalle parti di Jean Genet e del suo celebre romanzo Querelle de Brest (1947) o, se vogliamo, del leggendario film da esso tratto di Rainer Werner Fassbinder (1982). Là la Bretagna con i suoi porti e le sue nebbie, qui l’Africa, ma gli ingredienti si richiamano: mare, marinai, porti, traffici loschi, bordelli, tradimenti, sordidi amori, sbronze, risse, desideri inconfessabili e anche la fratellanza e l’amicizia che solo una lunga permanenza per mare riesce talvolta a saldare.
Non svelo l’intreccio, ma è evidente che siamo di fronte a un’autentica “storiaccia” di mare, come rileva l’abstract editoriale.
Sintetizza bene Walz, in una delle sue insostituibili lettere, il rapporto speciale che d’altronde hanno i marinai col senso d’infinito che può regalare un cielo stellato: “Nessuno sa, meglio di chi naviga, cosa sia la condanna del limite e del desiderio di superarlo e come si senta acuta, quando ne appare il primo sentore!”.
Vanagolli maneggia da professionista (già avviato alla carriera del mare, ha scelto in un secondo momento gli studi umanistici e l’insegnamento) tutta la terminologia di bordo e la storia che l’accompagna.
Riccardo Caldara