Silvestre Ferruzzi intervista Nello Paperini (classe 1927), ex carabiniere che nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1960 - assieme ad altri quattro colleghi dell'Arma - vegliò sul luogo del disastro aereo del quadrimotore Città di Genova dell'Itavia precipitato sul massiccio del Monte Capanne.
- Signor Nello, cosa ricorda di quella notte?
- Alla sera, io e altri tre o quattro colleghi carabinieri andammo a dare il cambio. Mi ricordo che arrivammo a Marciana dove c'era il pretore: "Dovete andare su a piedi", e ci mandarono due guide perché noi quel luogo non lo avremmo trovato davvero. Era notte inoltrata, non c'era la luna.
- Quando arrivaste sul luogo del disastro vedeste i corpi dilaniati delle 11 vittime?
- Li avevano già levati i corpi, perché tutto il giorno - la domenica - portarono via tutto con i muli. Insieme a me e ai colleghi c'era un giornalista de La Nazione che, appena arrivato, fece delle fotografie col flash e poi ritornò via. Nel frattempo noi dicevamo: "E se piove come facciamo?" Avevamo portato gli impermeabili, ma per fortuna non piovve.
- Quanto tempo rimaneste sul luogo?
- Io e i miei colleghi rimanemmo lì tutta la notte. Alla mattina vedemmo le lamiere, un pezzo in qua, un pezzo in là, qualche pezzettino di carne delle vittime. Una cosa mi rimase impressa: i corvi [corvo imperiale, 《Corvus corax》, ndr) che giravano - erano abituati a mangiare - giravano tanto. Disse un mio collega: "Ora gli sparo col moschetto!".
- Cosa successe la mattina?
- Rimanemmo tutta la notte fino alla mattina verso le 10. Poi arrivò il cambio. La notte rimanemmo lì perché nessuno toccasse niente, poiché dovevano venire gli ispettori dell'Aeronautica a vedere quello che era rimasto, a vedere quello che interessava loro. Ancora non erano arrivati e noi venimmo via. Vennero i colleghi nuovi e ci dettero il cambio. Noi scendemmo giù a piedi verso Pomonte.
Silvestre Ferruzzi