Il 13 giugno 1875 moriva nel penitenziario di Portolongone Giacomo Giorgi. Era stato condannato a 20 anni per diversi reati, il più grave dei quali attentato contro lo stato, e ne aveva già scontati 11. Per colmo della beffa un regio decreto del 20 maggio 1872 gli aveva condonato metà della pena, ma lungaggini burocratiche stavano rallentando la sua scarcerazione. Così non avrà la gioia di tornare da uomo libero nel suo paese natale, Tagliacozzo.
Il suo nome non dirà molto. Uno dei tanti annotati in polverosi registri carcerari, che ci fanno dimenticare che dietro di essi, ieri come oggi, ci sono persone straordinarie, comunque la si pensi sulle loro vite “sbagliate”. Come nel caso di Giorgi, personaggio chiave nel cosiddetto eccidio di Scurcola Marsicana, una delle vicende più buie e tragiche della guerra al brigantaggio.
Giorgi era nato a Tagliacozzo nel 1805, da famiglia agiata e svolgeva la professione di avvocato (o per meglio dire patrocinatore legale). Era quindi una figura lontana dallo stereotipo classico di brigante, tipo Carmine Crocco, ovvero povero, analfabeta e spesso con un passato banditesco. E anche ciò la dice lunga su quanto sia stato complesso e variegato quel fenomeno detto brigantaggio.
Non è facile tratteggiare la sua vita, poiché di lui si sa poco e oltretutto appare contraddittorio. Marc Monnier (“Notizie storiche sul brigantaggio nelle province napoletane da Fra Diavolo sino ai giorni nostri”, Firenze 1862, pag. 27) lo definisce ironicamente: “Era il più buon figliuolo del mondo, morale quanto Gil Blas e alla pari di lui desideroso di avventure”. È sicuramente un fervente cattolico, tanto che la sua insorgenza contro lo stato italiano sembra quasi di marca sanfedista. Come avvocato agisce spesso oltre i limiti della legge, anche se alcuni storici forse gli attribuiscono più nefandezze del dovuto. Viene incriminato, ma lo salva un indulto proclamato nel settembre 1860 dal re delle Due Sicilie Francesco II, uno dei suoi ultimi decreti prima dell'ingresso di Garibaldi a Napoli. Evidentemente per riconoscenza, si reca a Gaeta per incontrare il deposto sovrano, e giurargli fedeltà. Viene così inquadrato nell'esercito del colonnello legittimista Theodor Klitsche de la Grange, per far insorgere la Marsica.
Il 22 gennaio 1861 la truppa di Giorgi, forte di circa 300 uomini, attacca il presidio piemontese di Scurcola, paese a pochi chilometri da Tagliacozzo. Giorgi disobbedisce al suo superiore, il colonnello Francesco Saverio Luverà, che gli aveva ordinato di non condurre operazioni offensive. I borbonici riescono a prendere il borgo, ma i piemontesi resistono, fino a ricevere rinforzi dal vicino presidio di Magliano dei Marsi. Scurcola viene circondata, i lealisti in parte riescono a fuggire, compreso Giorgi. “Il Giorgi deve la vita al cavallo”, scriverà Giacinto de Sivo (“Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861”, Viterbo 1867, pag. 12), “e scampò da tre lanceri che lungo tratto li perseguitarono”. Alcuni borbonici si nascondono nelle case e nelle stalle o si arrendono. La mattina dopo il maggiore Delatila, giunto nella notte con tre compagnie da Avezzano, ordina agli abitanti di consegnare i nemici nascosti.
E qui inizia una brutale repressione: Delatila applica alla lettera gli ordini dello stato maggiore piemontese, che imponeva segnali forti di inflessibilità e durezza contro ogni atto di resistenza o sostegno della popolazione all'insorgenza. Scrive infatti Marco Giuliani (“Oh mia patria”, Villanova di Guidonia 2018): “la repressione fu ferocissima; oltre a decine di civili, vennero passati per le armi anche due sacerdoti, considerati esponenti della reazione e fucilati all'istante. Chiunque fu trovato anche solo con poco denaro o tracce di refurtiva addosso, non ebbe scampo”. De Sivo invece annota: “I Sardi alla prima uccisero i feriti nel corpo di guardia […]. Dettero un bando che qualunque cittadino ascondesse un forestiero sarebbe fucilato, tutti per ispavento cacciarono gl'infelici ospiti per la via, e per talun innocente stantevi per caso. Così afferrati rei e non rei, ficcavanli nel cimitero fuor del paese; donde al mattino cavandoli a uno a uno, prima gli ufficiali poi i soldati lor traevano colpi addosso sulla via a orrenda caccia disordinata; sicché pur riuscì a qualcuno di scappar via tra tanti carnefici. Colma era la strada di cadaveri e sangue, né sazie quelle tigri. […] In brev'ora 117 uomini a sangue freddo immolarono”. In realtà sul numero dei giustiziati c'è discordanza tra le fonti: i filopiemontesi parlano di una settantina, ricerche più recenti le attestano a 89.
In rete si trovano beceri paralleli tra l'eccidio di Scurcola e quello nazi-fascista di Marzabotto. Pur con tutto il rispetto che si deve ai morti del paese abruzzese e a quelli di altre stragi durante la guerra al brigantaggio, sono contesti totalmente diversi. Sovrapporli è un'operazione (spesso sensazionalistica e quindi commerciale per diversi autori) non solo sbagliata, ma addirittura pericolosa: significa omologare crimini perpetrati per cause storiche differenti, e quindi non rendere il giusto rispetto ai morti degli uni e degli altri.
Dopo la disfatta, Giorgi dovette ritirarsi nel vicino stato pontificio. Luverà lo accusò duramente di essere stato il responsabile del fallimento delle operazioni in Marsica con il suo attacco dissennato, e si trovò pure invischiato in grane giudiziarie. Dovette riparare a Malta, dove diresse un giornale lealista e clericale, il cui titolo sembra quasi un ossimoro: “Il guerriero cattolico”. L'accordo italo-inglese per l'estradizione dei ricercati politici rifugiati nell'isola, dovette farlo fuggire di nuovo, questa volta a Smirne. Infine, condannato in contumacia, il 16 ottobre 1863 fu arrestato e portato nel carcere dell'Aquila, nel gennaio successivo, per poi essere destinato in via definitiva a Portolongone.
Un'altra piccola/grande storia italiana che si intreccia con le case di pena isolane. Gin Racheli scrisse sul nostro arcipelago quando ben quattro isole su sette erano occupate da penitenziari (e due erano addirittura isole-carcere), giudicando la cosa come una dannazione per questi piccoli paradisi. Ma le storie che sono passate tra queste tetre mura, per quanto tristi e tragiche, sono qualcosa di unico e arricchente del nostro passato.
Per saperne di più. Non è facile trovare notizie biografiche accurate su Giacomo Giorgi, non essendo una delle figure principali dell'insurrezione lealista del regno delle Due Sicilie: la fonte migliore è Giovanni de Blasis, “Sulle tracce di Giacomo Giorgi”, Cava dei Tirreni 2004. Una sintetica biografia, si può leggere online qui. Anche sull'eccidio di Scurcola le fonti sono scarse e contraddittorie: i libri sul brigantaggio lo liquidano con poche righe.
Andrea Galassi