L’incontaminata e verdeggiante costa nordorientale dell’Elba – nota a tutti poiché lambita dai traghetti – conserva pochi ma interessanti toponimi, alcuni dei quali meritevoli della nostra attenzione.
Cala del Velesio
Il toponimo, corrispondente alla Cala dei Cancheretti, è riportato nel Catasto Leopoldino del 1840. Nel 1899 il linguista Remigio Sabbadini lo citò erroneamente come «Fosso del Volesi», facendo derivare il toponimo dal latino «vallensis», ossia «della valle». Stando però alla versione più datata del toponimo (Velesio), ricordiamo che Velesius o Volesius era un nome personale latino derivato, a sua volta, dall’etrusco Vlesi o Velesial.
Càmpita Manci
Si tratta di una precipite insenatura sul mare di Monte Grosso, sede di una rarissima stazione spontanea di palma nana (Chamaerops humilis). Remigio Sabbadini (1899) credette di ricercare l’origine di Càmpita Manci in «vette di Mancio»; contemporaneamente, il linguista Silvio Pieri lo criticò scrivendo: «in Campita Manci o Campi Tamanci parrà anche a noi da riconoscere il genitivo di Mancius; sennonché il primo termine del composto non riviene già a “capita” (“vette”), ma o proprio “campita” da “campus”». Anni dopo (1919), lo stesso Sabbadini corresse il tiro proponendo la traduzione «campicello di Mancio», in quanto «la configurazione del sito corrisponde esattamente». Tuttavia, se considerato come «Campi Tamanci» e con parallelismo all’elbano Fosso di Tamagnino, la derivazione di questo discusso toponimo potrebbe essere dal còrso «tamagnu» (ossia «esteso», dal latino «tam magnus»).
Suppediano
Oggi noto come Zupignano, nel Catasto Leopoldino il toponimo è riportato come «Suppediano» ed indica tuttora un’incontaminata spiaggia di piccolissimi ciottoli. Secondo Remigio Sabbadini (1899), «Zopignano» deriva dal nome personale latino Sapinius, mentre successivamente (1919) specificòtrattarsi di una «forma etrusca Sapinius». Anni dopo, nel 1934,Romualdo Cardarelli propose invece una derivazione botanica: «Zapignano, non dall’etrusco-romano Sapinius, ma con “sapinius” (pino selvatico)». Sta di fatto che il termine latino «suppedaneum» (soppedaneo in italiano) significa «sotto i piedi» ed indica la tavola di legno su cui si poggiavano i piedi dei suppliziati con la crocifissione; in epoche più recenti designava invece una bassa cassapanca di legno che si poneva ai piedi del letto, oltre che uno sgabello. Ai posteri l’ardua sentenza.
Silvestre Ferruzzi