C'era una volta, in un castello sperduto nella campagna del regno di Napoli, una piccola città fortificata chiamata Youshine, governata da un militare di nome Philips.
Le giornate passavano tranquille ed i mercanti commerciavano con i castelli vicini. Peppino, un giovane militare trent'anni dalla chioma bionda e dagli occhi attenti, era la vedetta del castello e sorvegliava il ponte levatoio. Lui era contento del suo lavoro, ma aveva un problema: infatti portava il quarantotto di piede e nes-suno gli aveva cucito delle scarpe adatte. Così, il poveretto, era costretto a lavorare con le scarpe strette. Peppino era triste, però non si lamentava, perché tutte le sere, prima di andare a letto, sapeva come curarsi il male ai piedi. Con un campanellino da pecore, che gli aveva dato il suo amico trentaduenne Piero, Peppino chiamava Anita, la ricca figlia del signore del castello Philips, che nel tempo libero faceva la massaggiatrice. Era proprio bella Anita: portava dei meravigliosi lunghi capelli rosa che le ricadevano sulla schiena. Erano già nove mesi che Anita passava dalla stanza di Peppino e tutte le volte ci rimaneva centoventiquattro minuti. Lui ogni volta l'aspettava senza togliersi le scarpe, perché voleva che gliele togliesse lei.
"La tua crema è proprio miracolosa, mia cara Anita!",diceva Peppino dopo ogni massaggio.
"Certo!, me l'ha creata il mago Laserjet con una sua ricetta magica!", rispondeva Anita.
Un giorno però la pace nel castello venne improvvisamente interrotta dall'arrivo di cinquemila Saraceni, che, comandati da Testafina, si avvicinarono alle porte pieni di armi infuocate. Peppino e i suoi compagni cercavano di difendere il castello, ma, visto che non ne furono capaci, alla fortezza fu appiccato il fuoco.
I Saraceni avevano l'abitudine di non portare le scarpe perché amavano riempirsi i piedi di calli e perciò erano venuti a piedi scalzi dalla Turchia. Purtroppo però, una volta arrivati al castello, i soldati nemici si erano riempiti i piedi di piaghe dolorosissime e non riuscivano più a camminare.
La sera successiva Testafina, l'unico di loro che era giunto a cavallo, venne a sapere della crema magica di Anita e, approfittando dell'incendio e cercando di non farsi sentire dalle guardie, entrò nelle mura e rapì la bella figlia del signore del castello per curare il suo esercito.
Peppino, non si bene come né perché, la sera successiva fu colpito da un dolore lancinante ai piedi, e, dopo aver scoperto che Anita era stata rapita, si disperò e contattò subito il suo fedele amico Piero.
L'amico di Piero che faceva il pastore, quello del campanellino per intendersi, possedeva anche un carrettino e Peppino fu felice di saperlo, perché su di esso poteva andare a riprendere Anita senza dover camminare. Peppino, dunque, imbracciò una spada e uno scudo e si lanciò furioso fuori dal castello per andare ad uccidere Testafina.
Il giovane soldato viaggiava sul carro con i piedi av-volti in un guanciale di tela e si lamentava sempre. Il viaggio, in verità, fu anche bello lungo, così tanto che Peppino si addormentò sul carro.
"Messer Peppino! Messer Peppino, svegliatevi! Testafina è qui davanti, non lo vede?", gridò Piero mentre fermava i cavalli.
"Che c'è? Testa chi?".
"Testafina! Non si ricorda!? Ha giurato di sfidarlo a duello!".
Ma Peppino non era proprio nelle condizioni di com-battere e decise di far duellare il suo fedele compagno.
"Vai tu!", esclamò Peppino.
"Lo vedi che non ce la faccio!?".
"Ma io ho i crampi! Mi ha fatto camminare fino a qui senza riposo!".
Testafina, che guardava i due soldati con una faccia veramente stralunata, non sapeva come reagire.
Fu solo dopo essersi consultato con i suoi militari che Testafina, preso da un senso di pietà, li lasciò perdere e decise di non sfidarli. Le condizioni di Peppino erano così disperate che Testafina non poté far altro che chiamare Anita e farlo curare. Anche Piero sfruttò l'aiuto di Anita.
"Forse il capo dei nemici non è cattivo e spietato, dunque?", iniziò a pensare Anita.
La giovane figlia del signore del castello rimase molto colpita dal gesta di Testafina, tanto che, quando giunse di nuovo da suo padre Philips, decise di fermare la battaglia. I saraceni avrebbero ricostruito il castello, mentre Anita, con la sua crema magica, avrebbe guarito tutti i feriti.
Povero Peppino! Alla fine la bella Anita si sposò con Tetsafina, che entrò a far parte dei governatori della città. La vedetta tornò al suo lavoro quotidiano e si fe-ce cucire delle scarpe su misura...Quasi quasi avrebbe preferito avere dei nemici e tante vesciche ai piedi!
da un'idea di Martina Mannocci