A 45 anni, portato via dalla tubercolosi di cui era da tempo malato, spirò 110 anni fa Pietro Gori, l' anarchico gentile. Dal recente libro dello storico Massimo Bucciantini “Addio Lugano bella, Storie di ribelli, anarchici e lombrosiani “ (Einaudi), si legge a pag 246: “...a migliaia parteciparono ai funerali che si protrassero per tre giorni e si conclusero con la tumulazione nel cimitero di Rosignano. Come esattamente era accaduto un anno prima per la morte di Andrea Costa, quando una moltitudine di gente, uomini, donne, vecchi, ragazzi presero parte al corteo funebre, o si assieparono sotto la neve lungo i binari, in attesa del passaggio della tramvia a vapore che trasportava il corpo del leader socialista da Imola a Bologna. Da Portoferraio, via mare, la salma di Pietro Gori scortata dai minatori elbani giunge al Porto di Piombino, dove l'intero paese si era raccolto per l'estremo saluto. Il piroscafo Giglio attraccò nel primo pomeriggio del 9 gennaio circondato da centinaia di barche..'meno che i malati erano tutti fuori', ricorda un testimone di allora...nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, dove la folla continuava ad arrivare da ogni parte, tocco al segretario della Camera del lavoro, Umberto Pasella, pronunciare l'orazione funebre. Poi il feretro, coperto di fiori e circondato di vessilli di associazioni e circoli operai, prosegui il suo viaggio in treno fino a Castiglioncello, dove arrivò a tarda sera, per poi essere trasportato, a piedi, al paese di Rosignano.”
Nella sua Elba, dove aveva scelto di morire, resta da riparare lo sfregio compiuto qualche anno fa con lo scippo del suo nome dalla piazza davanti al Municipio di Portoferraio, un luogo che simboleggiava bene quella dignità per gli ultimi alla quale Gori aveva dedicato la propria vita. Lì accanto, sull' edificio della ex posta, la lapide-monumento che lo ricorda, aspetta di essere rinominata.
CR