Caro Sergio,
è trascorso un anno (18 aprile 2020) da quando Gian Paolo Soria ci ha lasciato. Allora lo salutai sul tuo giornale, senza trovare la forza di “commemorarlo”, come era cosa buona e giusta con una persona che ha segnato questi nostri luoghi con la sua presenza e la sua azione. Poi, piano piano, ho trovato il modo di farlo “in privato” con la sua fondamentale collaboratrice al GAL Etruria -Cristina Galli-, e le ho chiesto di poter “pubblicare” la lettera che le scrissi, e che ti invio per memoria di tutti coloro che l’hanno conosciuto, apprezzato, amato. Eccola.
Luigi Totaro
Carissima Cristina,
è una strana condizione quella in cui siamo rimasti dopo che Gian Paolo se n’è andato: un vuoto grande ma discreto, come discreta è sempre stata la sua presenza che tuttavia era impossibile non sentire. Immagino anche nell’impegno del vostro lavoro. Ma pure nella dimensione della consuetudine amicale, del discorrere quotidiano, del discutere e del progettare, del confronto alto e del gioco disteso.
Tu, che hai partecipato a entrambe queste sue dimensioni esistenziali, ben conosci la complessità e la piacevolezza della sua persona; e entrambe sarebbe bello poter condividere con coloro che in situazioni diverse l’hanno incontrato.
Perché il Gian Paolo manager -per capirsi oltre le nomenclature specifiche- (e quanti nel nostro territorio ne hanno sperimentato competenza e attenzione!) ha una sua storia personale, che parte da un minuscolo quanto suggestivo paesino collinare di un’isola -isola nell’isola, dunque-; procede scandita da retaggi familiari -appartenenza a uno dei clan paesani-, dunque più ancora isola-nell’isola-nell’isola; si nutre curata da genitori laboriosissimi e prudenti; avanza fra compagni capaci di amarne i pregi dell’intelligenza pur cogliendo la diversa ampiezza d’orizzonti mentali. E poi la scuola, croce e delizia ma comunque forza liberatrice (e dopo il diploma occasione per uscire dall’isola e dall’isolamento). La politica studentesca, i libri -tanti-, la filosofia greca, e infine una tesi su Platone, intelligente e brillante e opportunamente lodata dalla Commissione di laurea. Certo Platone, Parmenide (punto focale delle sua riflessione), ma anche i ‘Nuovi filosofi’ francesi, e le esplorazioni nell’universo dei ‘linguaggi’; e un tardivo e laicissimo, ma intenso, rapporto con le fonti del pensiero religioso, non solo cristiano; e insomma una libertà intellettuale con pochi ostacoli (a parte il tempo che manca sempre), alimentata da una curiosità ordinata.
E insieme una consapevolezza -mi viene da dire- sociale che lo ha sempre tenuto lontano da ambizioni e vezzi ‘borghesi’: scartata subito ogni prospettiva, pur possibile, di “continuare a studiare” nell’agone universitario; finito con la laurea il tempo di cercare lavoretti -per dare una mano ai suoi che di mani gli avevano dato e gli davano tutte quelle che avevano-, quando si è offerta la possibilità di lavorare in un negozio COOP non ha esitato un attimo, e per un qualche tempo ha lavorato lì -commesso laureato-, necessariamente lontano dai suoi interessi culturali, perché ‘lavorare stanca’, come diceva Pavese. Ma non ha lasciato del tutto a casa Platone e Parmenide, se a un certo punto se ne è venuto fuori con un racconto per ragazzi, lungo e assai ben scritto, per spiegare loro niente di meno che la Logica. Sarebbe stato ben utile vederlo pubblicato, ma già l’editoria per ragazzi si stava lasciando affascinare dal ‘Fantasy’, e la Logica aveva poco mercato (ma siccome non invecchia, chi sa se mai qualche erede avrà voglia di tentare l’impresa della pubblicazione). Appassionato di fotografia, di astronomia, di tutta la musica (e perfino del ballo), si è sempre dedicato anche al lavoro manuale, in casa e per la casa, inventandosi artigiano e, da grande, anche contadino: sempre senza esibizioni (a parte l’orto, che era un manifesto politico), quasi per mostrare che ci si deve contaminare con tutto. Buon camminatore sulle sue montagne, ma mai fanatico; e ciclista per necessità di spostarsi. Insomma un complicato equilibrio fra curiosità e svago, quando possibile.
Però Gian Paolo è stato soprattutto un “animale politico”, come diceva Aristotele -altro suo prediletto-. E alla COOP, anche alla COOP, c’era necessità di qualcuno vispo che si impegnasse nel sindacato; ed ecco Gian Paolo pronto, e in breve avviato a salire in responsabilità e impegni (e ‘status’). Ma il sindacato non può essere un mestiere, diceva; e appena all’Elba si aprì la possibilità di un impegno sul territorio e per il territorio, lasciò la COOP e il sindacato, e si trasferì al neonato GAL Leader II -poi divenuto GAL Etruria-.
La sua storia da allora in avanti è pubblica e tu, Cristina, ne sei stata da subito testimone diretta. Ma insieme si apriva anche una prospettiva di impegno politico che non poteva non toccarlo. Anche qui, realismo e pragmatismo, senza mai tentazioni di potere (che nei centri piccoli -dove l’appartenenza ideologica è del tutto marginale e i legami personali sono determinanti- significano privilegi e vantaggi): politica come puro servizio pubblico, senza mai la supponenza di certo volontariato e senza la vaga sufficienza di chi si sente in credito per quel che sta facendo. Parlare con la gente, farle sentire di appartenere a una forza in campo, a un’idea che vale, a un progetto possibile di giustizia ritrovata. Segretario di una sezione locale di una delle incarnazioni della “sinistra” (anzi, del Centrosinistra), navigando in mezzo a persone da sempre abituate a fare tutto quello che facevano perché “s’era sempre fatto così”, riuscì a riportare la dialettica nelle riunioni e nelle assemblee di partito, e a riparlare e far riparlare di Politica. Fu anche Consigliere comunale a Campo nell’Elba (primo nelle preferenze), e membro e Vicepresidente della Comunità Montana, a seguito di una complicata trattativa “unitaria” da lui condotta con gli avversari di sempre. Poi, siccome la cosa funzionava -il che significa che escludeva i poteri e i potenti di sempre (per quanto questo può significare in una terra ai margini dell’Impero)- la Giunta fu fatta cadere e calò la cappa plumbea del conformismo inerte. E Gian Paolo si ritirò dall’impegno politico diretto, perché anche all’Elba, per alcuni anni, non c’era più niente da fare. Qualche elzeviro anonimo sulla stampa locale; qualche scaramuccia culturale e rigorosamente pseudonima sui blog del posto. Ma il suo impegno ormai viaggiava con le ali del GAL, fuori delle polemiche spicciole del localismo esasperato, per attivare i finanziamenti europei e farli rifluire sul territorio.
Così, agli albori dell’Era digitale, il manager Gian Paolo -che all’informatica si era accostato già dalla metà degli anni Ottanta- capisce che la modernizzazione è uno dei traguardi della crescita dei territori. Dalla rete locale informatica realizzata nel Comune di Campo quando era lì impegnato, nacque (2001) -grazie anche a un nucleo di dirigenti scolastici illuminati- un progetto di network delle scuole dell’Isola affidato a una tecnologia avanzatissima -i ponti radio, in sostituzione della banda larga ancora scarsamente presente- che diventò progetto della Rete delle scuole e fu ammesso al finanziamento del programma GAL -col cofinanziamento indiretto dello Stato attraverso i contributi erogati alle scuole per la creazione di reti locali d’Istituto-, e pose il nostro territorio all’avanguardia a livello nazionale riguardo all’informatizzazione delle reti scolastiche. Di lì poi, quasi uno spin off, venne una prima messa in rete delle amministrazioni municipali dell’Elba, sempre attraverso la più avanzata tecnologia; e poi -con la collaborazione dell’Istituto di Informatica dell’Università di Pisa- la messa in rete delle Risorse naturalistiche, culturali, ed economiche dell’intero territorio del GAL Etruria. Il tutto senza mai lasciare indietro di un solo passo l’azione quotidiana di trasmissione dei contributi europei alle realtà del Territorio, e senza mai trascurarne il rigore formale e procedurale.
Poi le cose elbane sembrarono rimettersi in moto e, quando c’è stata la necessità e l’opportunità di un cambiamento, di nuovo i compagni campesi si sono rivolti a Gian Paolo per lumi e consigli, e per una mano organizzativa che non è mancata -anche se il contesto era, come è evidente, del tutto mutato-; e in controtendenza rispetto a quanto accadeva in tutta l’Isola, le sorti della parte politica che gli si era rivolta ebbero un risultato positivo. E, dopo il fallimento della complicata alleanza che era stata impostata, ancora è stato disponibile per dare una mano, partecipando all’elaborazione di un programma luminoso, ma forse troppo alto per chi doveva prima accoglierlo e poi farsene promotore. Sicuramente sarebbe stato riluttante presenza anche nelle future tornate, con il suo contributo di idee e di aggregazione, pur se si proclamava ormai esterno e forse deluso. Ma chi aveva sempre contato su di lui ne sentirà, eccome!, la mancanza.
Tu sai tutte queste cose, e ne sei stata parte attiva e preziosa. Ma le ho volute ricordare per ritrovare intero il significato del “passaggio” di Gian Paolo, e la sostanziale sintesi da lui operata fra le sue origini a Sant’Ilario, la complessità della sua formazione culturale e dello sviluppo della sua personalità, la sua concretezza nel lavoro manuale insieme con il suo costante essere presente e propulsivo nella realtà intorno a lui, promuovendo anche le qualità personali di chi sceglieva come collaboratore o partner per realizzare le non poche e non piccole cose che ha realizzato.
Poi c’è la dimensione privata, che appunto è privata e appartiene a lui; e ognuno ne conserva la parte che lo ha toccato. Ma di Gian Paolo uomo pubblico, e sindacalista, e manager, e politico, e felice propulsore di idee di rinnovamento e di sviluppo, capace di vedere oltre le dimensioni pur fondamentali dell’economia, dell’occupazione e della giustizia distributiva, mi sembra necessario conservare viva la memoria.
L’ho fatto con te, che sei stata per lui braccio destro, occhio destro, mente e memoria destri; e non c’era neanche bisogno che lo facessi. Ma mi è servito per ritrovarmi -forse ora per la prima volta da quando ci ha lasciato- a cercare di spegnere l’angoscia che mi ha colto allora e che da allora mi è rimasta accanto.
Ti abbraccio.
Luigi