Gli eremiti di Regoli
"Si può essere eremiti in varie maniere. Non necessariamente si deve essere religiosi, anche se i più tra gli eremiti lo furono". Interessante il ragionamento di Luciano Regoli, l'artista, elbano d'adozione, che ha realizzato "L'isola degli eremiti", raccolta di undici tavole ad inchiostro.
La prima della mostra è all'Eremo di Santa Caterina a Rio nell'Elba, dove resterà fino al 30 giugno. E' non è un caso la scelta di questo sito. Infatti, da oltre 40 anni, l'Eremo è un centro culturale di artisti e ricercatori, voluto da un altro artista, il tedesco Hans Georg Berger, a cui fu concesso dalle autorità religiose (parroco di Rio era don Giorgio Mattera, uomo di fede e attento ai fermenti culturali, e vescovo mons. Lorenzo Vivaldo). E il legame fra Berger e Regoli risale proprio agli inizi di questa avventura. Racconta lo stesso Berger: "Ho avuto un insolito regalo da lui quando ho potuto accompagnare, con la mia fotocamera e in dettaglio, la nascita del suo grande quadro per l’altare della chiesetta. L’opera è lo “Sposalizio mistico di Santa Caterina Vergine e Martire”, che ha offerto alla Associazione degli Amici dell’Eremo di Santa Caterina come segno di sostegno e solidarietà per la rinascita dell’Eremo riese, un quadro che all’Eremo è esposto e visibile".
Le undici tavole a inchiostro, una per ogni eremo presente sull'Isola, propongono una riflessione sul significato della solitudine e della vita a contatto con la Natura. Si tratta di disegni che ricostruiscono la vita di eremiti e solitari che nei secoli hanno abitato i luoghi più remoti dell’Isola d’Elba. "Luoghi – spiega Berger - in parte abbandonati da tempo, i cui nomi sopravvivono nella memoria dei bibliotecari e in alcune leggende popolari che il ricco immaginario della gente isolana ha creato e conserva". Luoghi presentati nella "Vita eremitica nell’Isola d’Elba e nella vicina costa tirrenica", opera del 1957 del canonico massetano Enrico Lombardi.
Continuando sul tema, Regoli riflette: "Si può essere eremiti per vocazione laica, per comunione con la Natura, per quel misterioso richiamo che Lei opera in alcuni esseri predestinati. Molti degli eremiti che vissero in quest’isola nei secoli furono religiosi, ma alcuni erano stati soldati, gente comune, emarginati. L’eremitaggio porta con sé anche l’uomo e l’uomo è fallibile, ma non la coscienza di rinunciare al proprio sé in favore della comunione con le cose che ci circondano".
Insomma, la mostra è un contributo a ripensare l'importanza del pellegrinaggio interiore, della riscoperta del silenzio, della semplicità e dell'essenzialità di vita. Andando oltre i confini dell'isolamento fisico e geografico, sempre più crescono simili esperienze negli agglomerati urbani, dalle mille forme ma accomunate da giornate scandite da momenti di meditazione o preghiera contemplativa. Nuove forme di monachesimo, con la riscoperta del suo nucleo che è la ricerca dell'unificazione della propria vita nell'integrazione delle diverse dimensioni umane. Un cammino spirituale, personale ed esperienziale, che attinge alle tradizioni religiose e alle scienze umane.
"La svestizione del Papa" per donare ai poveri
Era il 17 giugno del 2015 quando, nel corso dell'udienza papale, il pittore Luciano Regoli ha donato a papa Francesco il dipinto "La svestizione del Papa". Un breve colloquio e, poi, la benedizione dell'opera. "Ho donato questo quadro al Papa per un bisogno mio personale, - dichiarò l'artista a Tenews - l’ho dipinto nel 2013, quindi prima dell’avvento di Bergoglio, e rappresenta un papa che si sveste per dare ai poveri. Quando poi è stato eletto Bergoglio ho sentito che era giunto il momento e che dovevo donare a lui questa quadro". Ci vollero otto mesi per giungere all'incontro in piazza San Pietro. "E’ stato un momento per me molto emozionante – aggiunge Regoli -. Il Papa ha dato udienza a tutte le persone che lo attendevano. Poi, per ultimo è stato il mio turno, a quel punto il quadro è stato portato fuori. Papa Bergoglio era molto sorridente perché aveva festeggiato, ma nel momento in cui ha visto il quadro è diventato improvvisamente serio. Ha guardato con molta attenzione ogni particolare, lo ha benedetto e mi ha guardato. E’ stato uno sguardo di assoluta intesa. A quel punto si è complimentato. Insieme al quadro ho consegnato una cartella contenente le foto dell’opera, la mia biografia e una lettera al Papa che spiega il significato dell’opera che ho donato".
Il quadro fu esposto nella sala Gran Guardia a Portoferraio il 24 dicembre del 2013 e subito apparve in linea con lo stile del nuovo pontefice, eletto appena sei mesi prima, "ma – chiarì l'autore - l’opera fu concepita prima del conclave".
L'opera riprende il tema della povertà: dal Cristo povero (chenosi, incarnazione, condivisione) all’identificazione con i poveri (Matteo 25: il povero <<carne di Cristo>>). La cattolicità della chiesa è simboleggiata dal misero dai tratti asiatici (un migrante, in piedi come espressione della inviolabile dignità). L’atteggiamento dei cardinali (stupore, preghiera) sta ad indicare sorpresa di fronte alla 'svestizione' del pontefice. Da notare la luce che, attraversando la parte superiore del quadro, giunge sul volto sorpreso della moglie e del figlio del misero.
Nunzio Marotti [Toscana Oggi del 27 giugno 2021]