“Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date” (Matteo 10,8).
Una frase che riguarda chiunque ritiene di essere stato beneficato. A maggior ragione vale per chi ritiene di essere stato coinvolto nell'amicizia divina e nella conseguente chiamata a farne partecipi gli altri affinché possano sperimentarla nella propria esistenza.
E' il tema del vangelo di oggi che parla di chiamata e di invio in missione da parte di Gesù. Quanti stanno con Gesù e lo seguono, sono inviati, a due a due, a contrastare gli spiriti impuri (immondi) con il suo stesso potere.
Cosa può voler dire oggi essere chiamati ed inviati? A pensarci, prende lo sconcerto. Ci si ritiene incapaci, inadatti. La tentazione è di fuggire, di trincerarsi dietro mille motivi (tutti plausibili). Ma se solo ci si sofferma a considerare la realtà, la prima scoperta è il senso di gratitudine per questo dono immeritato della chiamata. Allora l'orizzonte cambia: ma come? Io, così fragile, inadatto, incapace sono il destinatario della chiamata di Gesù a collaborare con lui? Proprio io chiamato a vivere prima di tutto un rapporto di amicizia con il Cristo, a condividere i passi sulla strada della vita e degli uomini. Se solo si rivolge, insomma, lo sguardo a lui, distogliendolo da sé, ci si rende conto del grande dono e inevitabilmente ci si sente assalire dal senso di gratitudine. Ringraziamento che deriva dalla gioia di aver gratuitamente ricevuto e che, inevitabilmente, sospinge a restituire, a gratuitamente dare, con opere e parole.
Nell'esortazione Evangelii gaudium (la gioia del vangelo), riferendosi agli operatori pastorali, papa Francesco mette in guardia dalla tentazione della mondanità spirituale, cioé la ricerca della gloria umana anziché della gloria del Signore. L'apparenza, il chiudersi nell'isola dei propri ragionamenti e sentimenti, il credersi superiore agli altri... si manifestano in vari modi nella società e nella chiesa. E' il mettere al centro di tutto il proprio io-ego, dimenticando il contatto con la realtà concreta e gli altri (relazioni). "Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali!" (n.97).
Come si sana questa mondanità "asfissiante"? "Si sana – scrive Francesco – assaporando l'aria pura dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un'apparenza religiosa vuota di Dio" (n.97).
E' necessario tornare alle sorgenti della spiritualità, quindi, facendo tesoro del patrimonio offerto dalla plurisecolare esperienza di uomini e donne di ogni luogo del mondo. Questa ricerca richiede di farsi piccoli ("se non ritornerete come bambini"), riscoprendo (rafforzando) la basilare fiducia nella vita e coltivando l'unificazione (semplicità) della nostra persona, in cui trovano equilibrio le diverse dimensioni e l'io razionale-discorsivo, seppur necessario, è armonizzato con il resto dell'essere. Quest'armonia si espande oltre la singola concreta persona, verso gli altri e l'ambiente, scoprendosi profondamente legati e connessi. Una via in questa direzione (assaporare “l'aria pura dello Spirito Santo”) è la pratica della meditazione (preghiera contemplativa), accessibile a tutti per la sua semplicità (da non confondere con facilità o semplicismo).
(11 luglio 2021 – domenica 15 Ordinario)
Nunzio Marotti
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