In occasione del Festival Dannunziano che si tiene a Pescara dal 3 al 12 settembre 2021 desidero portare all’attenzione degli elbani un frammento del mosaico che compone/scompone la figura geniale e narcisista di Gabriele D’Annunzio.
L’Impresa di Fiume, un argomento, mi rendo conto che ancora oggi suscita odio/amore, politicamente non corretto, fastidioso, quasi fosse una pagina oscura della storia italiana, una parentesi da dimenticare. Penso non si scrive per piacere ma per testimoniare, per essere al servizio della comunità. Il sapere, la conoscenza è potere.
Qui nasce il 30 agosto 1920 una delle utopie del XX secolo, che ha anticipato principi costituzionali che si realizzeranno diversi decenni dopo. La Carta del Carnaro che Gabriele d’Annunzio presentò mediante lettura dal palco del Teatro la Fenice ai Legionari, che lo avevano seguito in questa folle, scapestrata impresa, fuori dagli schemi.
L’avveniristica Carta mette in scena la Reggenza italiana del Carnaro. Il gonfalone rosso della piccola repubblica che doveva essere democratica, profondamente egualitaria, aconfessionale, e che durerà circa quattro mesi, con al centro un uroboro (il serpente che si morde la coda, un simbolo che rappresenta la teoria dell’eterno ritorno) e le sette stelle dell’orsa care al Comandante, è attraversato da uno dei suoi motti preferiti: “Qui contra nos?” (Chi contro di noi?). In effetti, lui, il comandante, grande protagonista, contro di sé ha davvero tanti, una variegata moltitudine, se non proprio quasi tutti.
Finita la Grande Guerra, le potenze vincitrici disegnano il destino di Fiume, nei secoli corpus separatum dell’ormai defunta Austria-Ungheria. L’Italia la reclama, ma gli Alleati s’oppongono (il francese George Clemanceau dirà alla delegazione italiana giunta da Roma: “Fiume è la luna”) non vogliono assegnare la città nella quale la maggioranza della popolazione è italiana. Su chiamata di alcuni reparti militari italiani, Gabriele d’Annunzio nel settembre 1919 parte da Ronchi in provincia di Gorizia, oggi Ronchi dei Legionari, in ricordo della storica impresa, e la conquista con i suoi Legionari. Un’impresa che fa ancora discutere, destinata a sollevare un polverone internazionale, già all’epoca e che a distanza di oltre un secolo, da Venezia e Roma fino alla Croazia, fa ancora discutere.
E’ la prima volta nella storia che un poeta crea uno stato. Da qui nasce un’esperienza senza precedenti, con la promulgazione di una costituzione liberale (parità dei sessi, salario minimo, pacifismo), fino alla sperimentazione con sesso libero e droghe, all’accettazione aperta dell’omosessualità. Il governo italiano di Nitti prima, e Giolitti in seguito, vivono con estremo imbarazzo politico e morale l’esperienza di Fiume. La popolazione slava lo odia. D’annunzio rimane a Fiume, finché la Regia Marina non lo prende a cannonate. E’ il dicembre 1920.
L’impresa di Fiume, a cent’anni di distanza ancora fa litigare. Litigano croati contro italiani, e in sé è disprezzata, da chi non vede in Gabriele d’Annunzio quell’uomo geniale e narcisista oltre il concepibile, inventore non solo della propaganda politica moderna, ma anche iniziatore di una società dello spettacolo, che sarebbe divenuto chiaro decenni più tardi.
Enzo Sossi