“Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”. Queste parole, pronunciate da Gesù, si trovano nel vangelo di oggi. Un tema già emerso due settimane fa quando invitava i discepoli a farsi piccoli e bambini per essere grandi attraverso il servizio.
Al tempo di Gesù, i bambini vengono dopo le donne e queste dopo gli uomini. Contano niente e hanno bisogno di altri. Agli occhi del mondo rappresentano la piccolezza e coloro che occupano gli ultimi posti. Sono ai margini della società.
Ai seguaci il Maestro indica quella del bambino come la condizione in cui entrare per appartenere al regno di Dio. Il regno di Dio è già presente: è Gesù, il Figlio diventato uomo, che rende possibile a chi l'accoglie di essere ciò che è e vivere di conseguenza, cioè come figlio amato di Dio e fratello di tutti.
Farsi bambini vuol dire farsi piccoli, umili, riconoscendo la propria e altrui creaturalità.
Non ci troviamo di fronte ad un discorso morale, bensì al centro del mistero di Dio apparso in Gesù. La grandezza-gloria di Dio Amore sta nella sua piccolezza e umiltà, perché l'amore non può che essere umile, disarmato, bisognoso degli altri. Santa Teresa di Calcutta, come ci è stato ricordato recentemente da una sua suora, ha scelto di donarsi totalmente al Dio che, assetato di amore, le ha chiesto di condurlo ai più poveri fra i poveri. E' un Dio che accoglie tutti nel suo amore, ma si fa mendicante di amore e chiede di essere accolto.
Il Dio-bambino svela l'incredulità e l'ipocrisia di ognuno, anche di me cristiano: incredulità come non accettazione di questo Dio piccolo-povero-umile-servo (è il mistero della croce) e ipocrisia come chiusura egoistica e, quindi, non accoglienza dell'altro, soprattutto di chi è in situazione di bisogno ed è posto ai margini della società.
Francesco d'Assisi, di cui domani ricorre la festa, fece esperienza proprio di questo: si fece piccolo (“fratello minore”) dal momento in cui ha fatto spazio nella sua vita al Dio-bambino e al Dio-sofferente-emarginato (crocifisso, lebbroso). E non è un caso che papa Francesco, nella lettera Laudato si', lo indichi come “esempio bello e motivante (...) della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità”. Aggiungendo che “era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” (n.10).
In questa settimana, a Milano, giovani provenienti da tutto il mondo si sono confrontati sulla crisi ambientale (mutamenti climatici). Hanno rappresentato la voce dei piccoli e, in gran parte, delle periferie geografiche. Hanno elaborato proposte per “i grandi”, chiedendo scelte coraggiose per la giustizia climatica e non i soliti “blablabla”. E' un momento decisivo che, nel dramma, è anche una possibilità per l'umanità, come lo stesso Papa sottolinea: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare” (n.13).
(3 ottobre 2021 – domenica 27 ordinario)
Nunzio Marotti
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