Portoferraio con quattro miglia di terra circa attorno era dominio del granduca di Toscana a partire dalla seconda metà del secolo sedicesimo.
Dapprima appartenente alla dinastìa dei medici di Firenze, poi alla dinastìa austriaca asburgo-lorena.
La fine del granducato coincide con la nascita del regno d’Italia.
Sul territorio dell’Elba il granducato di Toscana confinava con due stati esteri, uno appartenenete al re di Spagna (la real piazza di Longone con forte Focardo) e l’altro il principato di Piombino (la terra di Marciana,la terra di Rio e Capoliveri) appartenente agli Appiani.I confini con relativi termini sul finire del secolo diciassettesimo è ben visIbile nel dipinto di cui sotto.
I rapporti con questi stati esteri confinanti erano di specifica pertinenza del governatore di Portoferraio.
Un problema, molto frequente, che insorgeva specialmente con Longone, era quello relativo agli sconfinamenti di rifugiati, clandestini, contumaci, disertori che passando il confine arrivavano nel territorio di giurisdizione del governatore di Portoferraio o viceversa che da Portoferraio, varcando il confine, si rifugiavano nel territorio di giurisdizione di Longone.
In particolare la vicenda dei disertori della guarnigione militare della “real piazza di Longone” che scappavano sconfinando e rifugiandosi nel territorio di giurisdizione del granducato toscano era talmente grave che lo stesso Granduca Cosimo III se ne interessa con una lettera scritta nel 1707 al governatore di Longone quando il barone Alessandro del Nero era al governo di Portoferraio.
“Copia Lettera scritta dal Ser.no Gran Duca al sig Don Francesco Pinel y Monroy Governatore di Portolongone dall’Ambrosiana
9 ottobre 1707
Vedo dalla cortese lettera di Vs Ill.ma che Ella mi fa sul particolare de disertori di codesta Piazza che si ricoverano nella chiesa dell’Annunziata vicina a Portoferraio di dove poi presa segretamente la fuga s’imbarcano sopra bastimenti inglesi et olandesi. In ordine a che devo soggiungere a VS Ill.ma che avendovi il mio governatore giurisdizione nei luoghi sacri circa il farli tenere aperti o chiusi né potendo per conseguenza egli ordinare l’estradizione dalla chiesa di quelli, che vi si rifugiarono nè il loro disarmamento in esso senza incorrere nelle censure fulminanti dei Sacri canoni non pare poi che ei potesse fare altro che illuminare come fece l’uffiziale da VS Ill.ma speditili che se l’intendesse con il Vicario Foraneo a cui principalmente compete l’esercizio dell’autorità ecclesiastica affinchè ottenuta da lui la facoltà di estrarli si potesse poi con sicurezza della coscienza darli mano per la consegna e restituire dell’armi e vestiti che essi desertori l’avevano portati via.
Ne deve Ella dubitare che da parte dei miei ministri non vi fosse ben () a secondare le di lei premure poiché oltre al () io espressamente imposi loro che si mantenghino con VS Ill.ma in una buona e sincere intelligenza e che non trascurino di corrispondere alle finezze che la sua galanteria mi ha usate in ogni riscontro com’era nel caso suddetto anche la convenienza e l’interesse delli stessi miei sudditi da () e dalle evidenti procedure di quella cattiva gente onde se fusse stato in poter del Baron del Nero il procedere contro di essa col braccio delle mie forze creda pure VS Ill.ma che l’avrebbe effettuato e che l’effettuerà sempre che capitando altri disertori di codesta piazza non si rifugino in luoghi immuni per consegnarli subito a lei come per il passato è seguito e come è mia intenzione che si continuerà anche in avvenire al di cui effetto sono stati rinnovati in Portoferraio gli antichi rigorosi bandi contro di loro.
Del resto se VS Ill.ma si compiacerà di riflettere che essi presa la fuga dai miei stati si buttarono nei domini del Re Cattolico come lo è quello di Piombino e che in un luogo di quella giurisdizione godettero l’imbarco Ella ravviserà che non può imputarsi ai miei ministri di aver mancato alla neutralità che sanno bene di dover religiosamente osservare onde confido che la singolar giustificazione e segretezza di VS Ill.ma appagandosi di questi motivi crederà in me sempre uniformi i sentimenti di rispetto e di debito che mi corre verso Sua Maestà cattolica e non dissimili quelli dalla stima e dalla gratissima riconoscenza che io professo verso la Persona e verso i meriti di VS Ill.ma a cui confermandomi nuovamente tenuto per le () compiacenze e facilità che ha voluto avere ai miei uffici et alle cose mie desidero consegnare di corrispondere ( ) e le auguro fortune sempre maggiori“
(Carta 133. Filza “Lettere diverse sin all’anno 1709 al tempo dell’Ill.mo Sig Barone Alessandro del Nero”Archivio del governo di Portoferraio 1553-1799. Carteggio del governatore. Archivio storico comune di Portoferraio)
Questa lettera manoscritta,che è copia di quella scritta da Cosimo III, è preziosa perché chiarisce molto bene cosa succedeva.
Il disertore dopo aver sconfinato ed essere passato sotto la giurisdizione del granduca di Toscana, si rifugia in luogo dove tale giurisdizione non poteva essere applicata per la estradizione per l’immunità che tale luogo aveva.
Era la chiesa della SS. Annunziata dove i disertori arrivati da Longone si rifugiavano:da qui era impossibile l’estradizione “senza incorrere nelle censure fulminanti dei Sacri canoni“.
La costruzione della chiesa fu iniziata nel 1581 e la sua posizione, in aperta campagna, in prossimità della spiaggia,vicino al mare che all’epoca giungeva fin sotto lo sprone di roccia su cui si trova l’edificio, era il luogo ideale in cui rifugiarsi e poi di lì fuggire ed imbarcarsi su qualche bastimento.
Tutto ciò è ben visibile in una stampa del 1697 in cui è rappresentata la “veduta di Portoferraio per la parte di terra verso ponente“ e, ancora di più, nel particolare di detta stampa riguardante la chiesa della SS Annunziata.
(“Veduta del fronte di terra di Portoferraio, per la parte di terra verso ponente” con la strada che conduceva alla ridotta del Ponticello. La strada attraversa la campagna costeggiando le saline passa vicino alla chiesa di S. Rocco e alla chiesa dell’Annunziata. Anonimo. 1697. Matita nera, penna e inchiostro, acquerello.Biblioteca moreniana di Firenze.Fondo Bigazzi. 197)
(PARTICOLARE della ”Veduta del fronte di terra di Portoferraio per la parte di terra verso ponente” 1697. Particolare riguardante la chiesa dell’Annunziata costruita su sprone roccioso dove sotto arriva il mare, con il viottolo che la congiunge alla strada che conduce alla ridotta del Ponticello e che inizia con una sporgenza in calcestruzzo scolpita a “tre monti” in cima alla quale è stata infissa una croce in ferro battuto ancora oggi presente in zona chiamata “Crocetta” in via dell’Annunziata.La croce infissa sopra “tre monti” sta forse ad indicare luogo dove si riuniva qualche confraternita religiosa devota alla SS Annunziata)
Sempre con la “real piazza di Longone” avvengono scambi con restituzione da parte del governo di Spagna a quello del granducato di Toscana in Portoferraio di schiavi, contumaci e buonavoglie.
E’ quanto si apprende da una lettera scritta nel 1739 da Gaetano Antinori delle segreteria di guerra della reggenza lorenese in Firenze, al Vincenzo Coresi del Bruno governatore di Portoferraio.
“Al maestro di Campo Coresi del Bruno
Governatore di Portoferraio
Ill.mo Sg. Mio Pron. Col.mo
Il Consiglio di reggenza ascoltò ieri ….. riguardanti il negoziato seguito col Sig Governatore di Longone sopra la restituzione fattagli dei nostri tre schiavi e sopra la consegna ricevuta delle tre Buonavoglie fuggite tempo fa dalle galere di S.A. R.
Il Consiglio suddetto provò tutta la soddisfazione nel vedere che il suddetto governante della suddetta piazza di Longone ha corrisposto subito alla fina attenzione del nostro governo con la restituzione delle accennate Buonavoglie e inoltre si è impegnato con VS Ill.ma di fare arrestare e consegnare in avvenire alla forze di S.A.R. quei Forzati, Schiavi o Contumaci che passassero a salvarsi nella giurisdizione di Longone…
Di VS Ill.ma
Di Firenze 14 luglio 1739
Dev.mo Obb.mo Serv.re
Gaetano Antinori”
(Senza numero di carta. Filza”Lettere dei ministri di stato e di guerra 1690-1746” Archivio del governo di Portoferraio 1553-1799. Carteggio del governatore. Archivio storico comune di Portoferraio).
Le Buonavoglie sono uomini che sotto pagamento, magari per un estinguere un debito, si arruolano al remo delle galee insieme con i forzati ed erano come questi incatenati al remo tramite ceppi ma al contrario dei forzati in caso di affondamento della nave erano liberati dai ceppi ed erano anche usati per il combattimento ravvicinato dando loro armi. Ad essi, in caso di azione ben condotta, potevano essere concessi premi in denaro. Non si deve dimenticare che le galee fiorentine sostavano nella darsena di Portoferraio e facevano parte del sacro militare ordine dei Cavalieri di S. Stefano.L’ordine che Cosimo I volle avesse la sede in Cosmopoli fu poi trasferito a Pisa. Si proponeva la liberazione degli schiavi cristiani e la difesa del mediterraneo dalle aggressioni delle galee barbaresche musulmane.Un disegno di Aurelio Scetti ,galeotto fiorentino dal 1565 al 1577, descrive la darsena medicea di Portoferraio, le galee con i galeotti forzati e le buonavoglie al remo.
(Aurelio Scetti. Disegno. Darsena di Portoferraio con le galee Grifagna e Pisana ormeggiate al molo,mentre la Capitania, la Vittoria e la Firenze sono in partenza. Biblioteca Nazionale Marciana. Venezia)
Questi sconfinamenti e scambi di disertori, contumaci e buonavoglie erano talmente frequenti che si arrivò ad un vero trattato sottoscritto tra il governo granducale di Portoferraio e la real piazza di Longone.
Marcello Camici