La parabola del Padre misericordioso (più nota come “del figlio prodigo”) è una delle pagine più conosciute del vangelo. In essa troviamo il racconto della “più bella avventura” (Mazzolari), e può essere il racconto della nostra vita. Il protagonista è il padre, in cui si scorge qualcosa di Dio, del suo essere e del suo agire. Il figlio minore rappresenta l'inquietudine umana alla ricerca di un approdo soddisfacente e pacificatore. Le esperienze di vita conducono – molto più degli insegnamenti teorici e dei fiumi di parole – a rendersi conto prima o poi della consistenza o inconsistenza del vivere. Scopriamo se ci stiamo fondando sulla roccia o sulla sabbia. Ma il punto centrale del racconto è la figura del padre. Siamo coinvolti in una storia che si sviluppa a partire dal modo come concepiamo Dio e il rapporto con lui. L'evangelista Luca mette in luce un Dio di cui ci si può fidare, che non impone e non si prende gioco dell'uomo. Ne delinea il vero volto che contrasta con la caricatura che il serpente ne ha fatto nell'Eden. Il figlio maggiore, che sbrigativamente definiremmo “geloso”, in realtà pur vivendo nella casa del padre non è riuscito ancora a scoprirne a fondo il volto e il cuore. Un monito per tutti noi che frequentiamo le “case” del Signore e, a volte, giudichiamo chi ne sta fuori.
“Facciamo festa perché questo figlio era morto ed è tornato in vita”. Al padre interessa solo questo. Non nutre desiderio di punizione o vendetta: sa che il figlio ha sofferto (anche per propri errori) e adesso importa solo che sperimenti l'accoglienza e il perdono. La gioia e la festa non sempre sono stati adeguatamente presenti nell'educazione religiosa, tendente piuttosto a focalizzare l'attenzione sul peccato e la colpa. La creaturalità umana, con i limiti e le fragilità proprie, è un dato di fatto. Ma all'interno di un'accettazione consapevole ci sta la bellezza di una vita semplice e gioiosa, che scaturisce da una relazione filiale che si traduce in fraternità. Insomma, dal sentirsi coinvolti nell'avventura amorosa, partecipando attivamente “ai misteri profondi dell'universo”, al dinamismo dell'accogliere e del donare.
Occorre la rigenerazione dell'umano, che significa anche fare i conti con una rivitalizzazione dell'educazione ai vari livelli e contesti.
(27 marzo 2022 – 4a domenica Quaresima)
PS - “Coltivare i fiori e gli ortaggi è una forma di partecipazione attiva ai misteri più profondi dell'universo. In questo modo i nostri bambini e le nostre bambine imparano che c'è una sola comunità di vita di tutti gli esseri viventi, che include loro stessi e loro stesse. Imparano a dare nutrimento e a essere nutriti all'interno di un universo che è sempre in uno stato di insicurezza ma fondamentalmente è benigno. Imparano le ragioni profonde dei riti stagionali di tutte le grandi tradizioni religiose” (T. Berry).
Nunzio Marotti
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.