Nel 2003 usciva un bel libro, purtroppo fuori commercio e a tiratura limitata, edito dall'allora Coop Toscana Lazio: “Voci di vita elbana. Un secolo di memorie tra vigna, miniera, mare”. L'autrice, Tiziana Noce, raccoglieva una ricca serie di testimonianze della vita elbana nel Novecento. Nell'introduzione dell'ultimo capitolo, “L'Elba degli elbani”, la ricercatrice riconosce che esso “si deve alla curiosità dell'autrice, interessata ad indagare il modo in cui gli elbani descrivono se stessi”. E le risposte sono intelligentemente illuminanti: da quella, per così dire, antropologica di Sergio Rossi a quelle storiche di Lorenzo Marchetti ed Elvio Diversi, passando da quelle di rustica semplicità e saggezza di umili ex lavoratori. Tra queste ultime la mia preferita è il lapidario “Semo bastardi!” dell'ex cavatore Giacomo Corsetti. Per quanto in quasi tutte ci siano aspetti della verità, non emerge però un ritratto univoco.
Forse perché esiste una famiglia elbana, composta da componenti paesane spesso molto diverse tra loro, ma non è detto che esista un archetipo elbano. Con questa nuova serie (è sempre inteso: se non annoio chi legge e non disturbo nella casa di Elbareport, che sempre gentilmente mi ospita), vorrei cercare di fare un identikit delle varie popolazioni isolane per risolvere un caso aperto. Ovvero, esiste oggi quello che si può definire un elbano, in senso identitario e non solo geografico? Ed è patrimonio esclusivo di alcune popolazioni dell'isola, o un po' tutte lo incarnano a loro modo? Oppure oggi non esiste più, ed è un carattere che appartiene solo al passato? E in questo caso, è stato ucciso dalla massificazione imposta da un'omologazione consumistica?
Il tema è certamente serio. E quindi imporrebbe un'analisi seria. Ma questa volta vorrei raccontarlo con un taglio divertito (e spero divertente), in una sorta di giallo satirico. D'altra parte si va verso l'estate, che è periodo classico per la lettura dei gialli. Inoltre in tempi che ci travolgono con un'insensata follia criminale, cerchiamo almeno di rifugiarci nella sana follia mozartiana (passatemi il termine) degli elbani.
Sarà quindi una sorta di giocosa indagine storico-sociologica per portare alla luce il colpevole, o i colpevoli, della presunta scomparsa o addirittura omicidio di questo personaggio indefinito che è l'elbano. Con gli identikit dei maggiori indiziati, i componenti della famiglia, che magari porteranno il lettore, molto meglio del detective a risolvere il caso. O, perché no, lo spingeranno a sospettare che l'assassino (sempre che omicidio ci sia stato) è, come da tradizione, il maggiordomo (cioè qualcuno al di fuori della famiglia).
A differenza delle precedenti serie, in questa prevarrà quindi più un taglio alla Petronio e alla Curzio Malaparte (soprattutto quello dei “Maledetti toscani”) che alla Pasolini. Tuttavia alla conclusione delle indagini potrebbe tornare ad affacciarsi il buon Pier Paolo, nella scoperta del colpevole.
Prima di cominciare l'indagine, alcune note. Ogni popolazione isolana verrà rappresentata da un personaggio fittizio, un membro della famiglia elbana, appunto. Verrà utilizzato il singolare maschile, ma il personaggio va inteso come asessuato, perché la società di un paese è ovviamente fatta di donne, uomini e tutte le declinazioni che dovrebbero avere pari dignità sotto il nostro grande cielo. È vero, avrei potuto usare anche il singolare femminile, ma amo troppo le donne per assimilarle a personaggi che a tratti si presentano con brutti difetti e sono indiziati, seppur virtualmente e satiricamente, di omicidio. Non vi immaginate o non chiedetemi se sia ispirato a una persona reale, perché non lo è e sarà difficile che possa esserlo, dato che la sua vita copre tutta la storia della popolazione che rappresenta, e quindi secoli.
Le popolazioni elbane prese in esame non sono quelle circoscritte dai sette comuni, ma almeno una dozzina, in quanto il pomontinco è diverso dal marcianese, come il santilariese dal sanpierese, dal punto di vista storico-sociologico. Il primo personaggio di cui farò il ritratto è il capoliverese, che, purtroppo o per fortuna, conosco meglio. Ma se volete suggerire i prossimi, potete lasciare un commento o dirmelo in forma privata.
Ovviamente non chiedetemi di fare un ritratto degli abitanti di piccole località (come Cavoli, Nisporto o Morcone). Primo, perché ad analizzarle tutte ci vorrebbero una cinquantina di capitoli, e allora per certo annoierei chi legge e abuserei dello spazio di Elbareport. Secondo, perché anche se alcune presentano aspetti storici interessanti, non si può certo mettere sullo stesso piano il peso storico-sociale-politico delle, per esempio, comunità riese o campese con quelle enfolese o cavolese, difficilmente definibili come comunità vere e proprie.
Inoltre tenete presente che questa serie, a differenza delle altre, non si basa su ricerche pregresse. Per usare un gergo musicale, si tratta di una jam session. Siccome l'identikit di una popolazione si basa spesso su secoli di storia e innumerevoli vicende, occorre fare un'accurata selezione dei più significativi tra quelli che forgiano una società: quindi un lavoro che richiede tempo. Cercherò di avere una cadenza settimanale, ma pazientate se tra un ritratto e l'altro ne occorreranno anche due.
Ultima annotazione. Con questo lavoro non facile stavolta rischio il fiasco totale. Ma questa la tengo per me, per cercare di fare il meglio possibile.
E adesso che l'indagine sul caso elbano abbia inizio.
Andrea Galassi