La stratigrafia è scienza che in un terreno riesce a studiarne le caratteristiche attraverso l’esame degli strati susseguentisi in profondità.
Può essere applicata allo studio geologico come a quello archeologico.
Può essere applicata anche in altri campi come ad esempio la medicina.
Quando usata nello studio di strutture di architettura militare siano esse in buon stato di conservazione che di rudere può essere molto utile per evidenziare eventuali diverse fasi costruttive, le modalità, la tecnica, il materiale di costruzione.
Massimo Dringoli scrive “…Molti anni sono trascorsi da quando Jhon Ruskin predicava la necessità di conservare i ruderi allo stato in cui ci sono stati trasmessi dalle vicende della storia , e definiva il ‘cosiddetto restauro’ come la ‘peggiore delle distruzioni‘ … “
(Cfr pg 172 di “La frontiera, la campagna, il mare. Pietracassa, Ripoli, il Volterraio: analisi e recupero di tre strutture fortificate a difesa dell’antica repubblica pisana”. Massimo Dringoli. Pacini editore. Pisa 1997)
In architettura militare,le conoscenze di stratigrafia permettono di ricostruire non solo le stratificazioni storiche e le addizioni aggiuntive apportate in seguito alla evoluzione della tecnologia bellica e loro funzione ma consentono anche un eventuale restauro il quale sia davvero tale e non una distruzione.
Senza questa conoscenza diventa quasi inutile visitare il castello: non si capisce quello che si vede.
Senza questa conoscenza il Volterraio rimane inespugnabile ancora oggi da parte di chi lo visita.
Il rilievo stratigrafico della struttura delle mura del castello del Volterraio e la sua lettura hanno evidenziato e reso chiaro le addizioni edificatorie, i lavori di manutenzione, le varie fasi costruttive della cinta muraria, la tecnica e il materiale di costruzione, che nei secoli la rocca ha subito così dimostrando la sua importante e costante presenza nel sistema fortificatorio dell’Elba, riuscendo a sopravvivere ad ogni epoca storica reintegrandosi di volta in volta con funzione sempre ed esclusivamente difensiva nel sistema fortificatorio territoriale dell’isola d’Elba.
In questa funzione difensiva la rocca è stata aiutata dalla posizione naturale del luogo del tutto inespugnabile.
Da semplice torre di avvistamento e fortezza d’altura in epoca preromana, a baluardo difensivo della vena del ferro in epoca pisana fino a diventare avamposto e presidio di Cosmopoli in epoca medicea a cui poi ha fatto seguito la decadenza in epoca asburgico lorenese divenendo agli inizi del settecento luogo usato per sorveglianza sul traffico marittimo nel Canale di Piombino con comunicazioni ottiche attraverso fuochi o artiglieria e sito sicuro dove conservare denaro, munizioni e viveri.
Il rilievo stratigrafico eseguito da Massimo Dringoli (vedi foto) insieme ai documenti d’archivio, si associa a parlare dell’epoca alto medioevale, del dominio pisano e di quello degli appiani fino a quando le mura diventano strepitosa macchina militare a difesa, quale avamposto, delle mura medicee di Cosmopoli che giù in basso, sul mare, erano state edificate.
E’ lo studio stratigrafico delle mura castellane che attesta tutto ciò.
Lo studio stratigrafico delle cortine murarie mette in evidenza una stratificazione costruttoria con fasi costruttive differenti che si sono avute nel corso dei secoli, con varie addizioni o aggiornamenti, con lavori di manutenzione e “rifacimenti”.
La stratificazione costruttoria evidenzia varie fasi costruttive riferibili a vari periodi:
A) altomedioevale (VII -X sec d.C) con cinta muraria probabilmente innalzata su tracce di fortificazione preromana(V sec a.C.)
B) primo periodo di dominazione pisana (X-XIII sec dC) fino alla rocca pisana vera e propria (XIII-IVX sec dC) della quale esiste la prima documentazione archivistica con Vanni di Gherardo Rau nel 1298.
C) elevazioni in verticale della cinta muraria avvenute nel periodo degli Appiani (XV sec dC ).
Lo studio stratigrafico delle cortine murarie evidenzia anche addizioni e aggiornamenti riguardanti il V-VI secolo durante le invasioni barbariche,il IX secolo durante le incursioni arabe, il secolo XI durante il quale la repubblica pisana creò un efficace sistema difensivo sul territorio dell’Elba.
Le addizioni (nuove costruzioni) e aggiornamenti interessano:
1) il bastione destro (Medici seconda metà del sec XVI)
2) scala in muratura e cannoniere (1688)
3) cappella, magazzino, bastione sinistro (capitano Sarri 1690-1696)
I lavori di manutenzione e “rifacimenti“ interessano:
1) la torre, 1673 Raffaele del Bianco
2) il bastione sinistro, 1688 governatorato Tornaquinci
Le strutture murarie di cinta del Volterraio poggiano direttamente sulla roccia della montagna (diaspro) su cui si elevano in verticale, roccia che diviene così lo stato fondale di tutta la cinta muraria. Lo spessore di questa cinta è in media 70 cm in basso e 90 cm in alto. Questi dati (assenza di fondamenta e differenza di spessore tra basso e alto) attestano che all’inizio (strato basso) esisteva solo una cinta muraria non elevata in verticale che serviva solo come recinto a coprire appena sopra la misura d’uomo.
Su questo strato basale poi, nel corso dei secoli, è stata sopraelevata la fortezza con uno spessore murario maggiore.
Il peso si è fatto sentire nel corsi del tempo.
Nel lato nord-est sono stati posti contrafforti per sostenere le mura dal crollo: in questo lato, nei luoghi dove manca una scarpata che rende più stabile l’equilibrio statico delle mura, sono stati posti degli speroni in pietra che fanno da contrafforte.
Nel lato sud- est ciò non è stato possibile per l’estrema verticalità della roccia fondale che va giù a strapiombo e ciò ha reso tale parte di cinta muraria più instabile in questa zona nel corso del tempo.
La tecnica di costruzione è quella del muro a sacco con il nucleo riempito di pietre e terra e legato con malta. Il muro è costituito con pietre, materiale prelevato sul posto e costituito da porfidi, calcari e arenarie.
Blocchi naturali di pietra da taglio, in media 20x20x30 cm, disposti in modo tale che la faccia grosso modo regolare del taglio di cava costituisca il paramento estermo. Negli angoli (torre e portale) sono stati usati blocchi di maggiore dimensione appena sbozzati e rifiniti.
Tutto il materiale è verosimilmente stato cavato sul posto.
I blocchi di porfido hanno un colore dal giallino al rosso scuro legato al grado di alterazione dell’ossido di ferro in essi contenuto.
Pure i calcari hanno tale colorazione per lo stesso motivo.
Le arenarie sono usate saltuariamente nella muratura e sono presenti in quantità maggiore nel riquadro di finestre, troniere e nelle scale. Le arenarie (laterizio) sono state usate in abbondanza nel bastione destro che è di origine cinquecentesca: probabilmente sono provenienti da fornaci il cui materiale serviva anche alla costruzione della mura di Portoferraio.
Interessante sarebbe uno studio con tecnica LIDAR (Laser Imaging Detection and Ranging) come ultimamente è stato eseguito sulle mura di un altro monumento antico: il monastero del SS Salvatore detto anche di S. Mamiliano all’isola di Montecristo.
Marcello Camici
Nelle foto:
- Copertina: Castello del Volterraio visto da est
- “Le fasi costruttive del Volterraio”. Studio stratigrafico. Ripreso in pg 142 di “La frontiera, la campagna, il mare. Pietracassa, Ripoli, il Volterraio: analisi e recupero di tre strutture fortificate a difesa dell’antica repubblica pisana”. Massimo Dringoli. Pacini editore. Pisa 1997“
- Castello del Volterraio visto da ovest
- Castello del Volterraio. Porta di accesso e bastione destro