Sono stato molto felice di leggere la risposta di Alberto Citti in merito alla ‘querelle’ involontaria riguardo ai premi letterari di cui mi onoro di essere con Franco Semeraro il promotore. Con me lo è stata anche la Sindaca e mi permetto di rivelarlo per l’amicizia e la stima che ho per la nostra sindachessa che, con tenacia, sta portando avanti un progetto politico complesso in una cittadina altrettanto complessa. Mi sono sempre tenuto alla larga dalla politica non perché non mi appassioni, ma perché certe dinamiche spesso eccessivamente di parte non corrispondono alla mia natura. Di formazione liberale, a tinte radicali, ho sempre avuto molti amici di cui ho condiviso idee molto progressiste, per cui non faccio fatica ad esprimermi sul punto. Le riflessioni di Alberto sono non solo condivisibili, ma dovrebbero essere un ‘baluardo’ specialmente nell’ amministrazione di piccole realtà come la nostra. La ‘cultura del rispetto’ appunto dovrebbe essere questa, ossia la capacità all’ascolto dell’altro e alla comprensione delle sue ragioni, pur rimanendo fedeli alle proprie idee. Sono certo che non passerà inascoltata la richiesta di collaborazione portata avanti con tanta eleganza e spirito costruttivo da Alberto, presumo non come voce in dissenso, ma anche a nome della sua coalizione. Dal mio punto di vista esterno di imprenditore e di promotore culturale non può esserci miglior auspicio di veder superate certe barriere, frutto spesso di pregiudizio o magari di antichi e sedimentati rancori un po’ ‘revanscisti’ purtroppo difficili a morire, specie nelle piccole realtà dove si costruiscono nella mente di qualcuno ‘imperi’, che sono invece fantasmi di cartapesta. Ben venga quindi questo appello alla concordia e alla collaborazione che sono certo la Sindaca e il suo gruppo non mancheranno di sposare. In merito invece ad altre cose che si leggono sui social mi duole dover ribadire le mie posizioni e avrei dato spazio qui ad argomentazioni opposte alle mie che sembra non trovino spazio sulla stampa, se le stesse non fossero semplici e pure offese personali che rasentano la querela per diffamazione, ma di cui non mi curo. Certo non posso accettare che si parli di ‘patetici teatrini’ parlando non tanto del Premio La Tore che comunque nel suo ‘albo d’oro’ di premiati in diciotto edizioni vede, anche solo per la mera produzione letteraria degli stessi, il cinquanta per cento delle vendite annuali di qualsiasi libreria degna di questo nome. A proposito del fare imprenditoria. Di certo tuttavia non posso consentire che a tale ingiuria, ripeto al limite della querela per diffamazione, sia coinvolto un premio che in Italia è una istituzione ‘quasi ‘ pubblica ed è famoso nel mondo, non solo nel ‘bel paese’, ossia il Premio Strega. Collaborare con la Fondazione Bellonci per me è un vanto, ma siccome un grande poeta diceva che ‘la verà umiltà è sapere chi si è e comportarsi da tali’ posso affermare che sostenere invece che denigrare eventi così importanti dovrebbe essere basilare per chi tratta la cultura, i libri e la letteratura. Io per primo mi faccio piccolo piccolo rispetto a un monumento quale ‘lo Strega’, pur nella consapevolezza che forse mischiare letteratura e ciabatte da mare può confondere le idee. Ma mi si creda nel massimo rispetto di chi come me invece che quattordici ore lavora almeno venti ore al giorno, festività comprese. Avere incontrato in tanti anni grandi scrittori e giornalisti o critici letterari di grande spessore mi ha notevolmente arricchito sia umanamente sia culturalmente perché approcciarsi all’altro con ‘rispetto’ e voglia di imparare è sempre la migliore ‘chance’ che la vita ti può offrire. Dovrebbe valere anche in politica, ma certi solipsismi di cui abbiamo detto sopra spesso rendono tutto ciò una chimera e questa mia riflessione può diventare, non sembrare, un ossimoro nella pratica quotidiana. Invito quindi ancora alla distensione tutte le parti e rammento le riflessioni di Lietta Tornabuoni in suo pezzo sulla Stampa di anni orsono: ‘"Nell’involgarimento della società italiana, nella degradazione, riduzione e sommarietà della lingua italiana anche quando viene usata dalle persone colte, nella perdita di identità italiana già percepibile e immaginabile ancora più accentuata con l’unione europea, il primo compito degli artisti e degli intellettuali è oggi quello di salvaguardare la grande tradizione italiana, di farla conoscere alle generazioni giovani, di ridarle vita e riportarla nell’esperienza quotidiana: dando pure occasione di manifestarsi alla grande bellezza dei classici, emozione nobile ma soprattutto espressione di alta civiltà in un universo sempre più feroce, angusto e cialtrone". Come non essere d’accordo.
Jacopo Bononi